LA                   VERITÀ VI FARÀ                   LIBERI… E FELICI!
In questa                 nostra epoca storica                 caratterizzata nel campo sociale da una forma di                 buonismo incondizionato                 all’insegna della massima tolleranza, e nel campo                 religioso da una massiccia                 dose di qualunquismo che si vuol nobilitare col nome di                 ‘ecumenismo’, si                 rischia in realtà di mettere sullo stesso piano sia le                 azioni buone con quelle                 malvagie, sia la religione vera, quella rivelata da                 Cristo, con altre forme di                 “fede religiosa”, a tal punto che in alcune città, tra                 cui Verona, è stata                 sostituita in
 alcuni luoghi pubblici, ad esempio nella                 stazione, la                 caratteristica chiesetta o cappella con un luogo di                 culto più moderno                 denominato ‘casa di Dio’ per non scontentare nessuno. In questa                 ‘Casa di Dio’ o per meglio                 dire “Casa degli dei” ciascun passante può entrare e                 tramite spazio                 multimediale, “frugare” tra le varie divinità cercando                 quel Dio che più gli si                 confà. Su questa passerella delle varie divinità che                 dovrebbero condurre tutte,                 dicono, alla stessa meta della pace, fratellanza e                 giustizia sociale, alcuni esperti                 si stanno attivando per installare anche l’ultima                 divinità di moda, cioè il “dio dei valori                   laici”, divinità                 davanti alla quale riescono ad inchinarsi anche atei                 convinti come Margherita                 Hag, Adriano Sofri, Michele Santoro ecc. 
Infatti                 sia il biblista Ravasi, che               si occupa della cattedra dei non credenti, nel suo libro “Il breviario laico”, sia Sofri nel suo               scritto di 240 pagine “Il miscredente.                 Adriano Sofri e la fede di                 un ateo”, dichiarano di aver finalmente raggiunto la               stessa conclusione, la               cui tesi di fondo è: “fra un non-credente                 perbene e un credente perbene c’è poca differenza, anzi,                 se si mettono                 d’impegno, può esserci invece molta vicinanza”.  E per avallare questa               teoria, un’altra famosa               miscredente, Rita Levi Montalcini, che il buon Dio (quello               della fede cristiana)               ha deciso di lasciare ancora al mondo nella speranza che               si ravveda, ha               dichiarato in un’intervista a Barbara Palombelli: “Mi ritengo profondamente credente, se per                 religione si intende credere                 nel bene e nel comportamento etico”. Non solo, ma la               scienziata ha perfino               aggiunto che la fede nei valori laici di un miscredente è               molto più pura e               perfetta della fede di un cattolico perché il primo cerca               il bene solo per il               bene, mentre il secondo cerca il bene per averne un premio               nell’aldilà o per               fuggire un ipotetico castigo!  È incredibile               constatare come viene stravolta la verità da               un’intelligenza umana, sia pure               elevata, quando però è priva della luce della grazia. Noi               ci proponiamo di               metterne in luce la contraddizione focalizzando due               aspetti: quello                 umano e quello soprannaturale.
- Aspetto umano. Quale sia questo ipotetico bene e quali i conclamati valori laici di cui si vantano i miscredenti è tutto da vedere! Forse per valore laico intendono il fatto di ‘liberare’ una mamma dal peso del bambino che porta in grembo? O quello di ‘liberare’ con la morte la vita di un malato perché improduttiva? Forse intendono quello di equiparare l’uomo all’animale creando una novità assoluta in campo scientifico, un ibrido terrificante tra uomo e scimmia? Oppure intendono per valore laico quello di legalizzare qualsivoglia unione, omo-bis-tris-plus-pedo-animal… perché non è giusto porre dei limiti alla vasta gamma degli orientamenti sessuali? C’è chi, sempre in nome dei valori laici, vuole annullare la famiglia naturale e i nomi di padre e madre, per lasciare solo un generico ‘figlio di genitore A e genitore B’. A furia di valori laici oggi si soffre atrocemente in nome della presunta libertà di rompere una famiglia, con sofferenze che neppure le guerre o le epidemie hanno mai causato. L’amore umano vissuto come l’ha voluto Dio è di una bellezza inaudita mentre, se vissuto con i ‘valori laici’ è la più grande condanna mai subita. I nuovi valori laici non sono più quelli che fino a pochi anni fa ci accomunavano un po’ tutti e che consistevano essenzialmente nel tentativo di sconfiggere la fame nel mondo, o la disoccupazione, o la malattia ecc. Adesso i “valori laici” di moda sono quelli di sfidare Dio e la legge naturale attraverso manipolazioni scientifiche aberranti all’insegna di un delirio di onnipotenza alla Frankenstein che, prima o poi, avrà delle ripercussioni terribili per tutta l’umanità.
 
- Aspetto soprannaturale. La realtà è che tra la fede di un uomo che crede solo in sé stesso e nei suoi presunti valori, e la fede di un uomo che crede in Dio esiste una differenza abissale, incolmabile. L’inganno più grosso è quello di credere che, sia per vivere onestamente quaggiù, sia per conquistare l’eventuale salvezza lassù, siano sufficienti le nostre sole forze, a prescindere dalla fede in Dio. La fede in Dio non è un ‘optionall’, almeno la ricerca sincera di Dio, il considerarci creature e non déi, è un dovere per tutti gli uomini. Quand’anche fossimo persone perbene o compissimo autentiche meraviglie, senza Dio siamo nulla: “Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la Verità non è in noi” (1 Gv.1,8). Quanti santi hanno avuto una vita discutibile, travagliata, addirittura peccaminosa, eppure sono riusciti, prima o poi, a capire il loro rapporto con Dio, a inginocchiarsi, a sentirsi figli di un Padre che li ama! Proprio qui sta la differenza, altro che convergenze parallele tra un ateo e un credente! “È l’inganno idolatrico che conferisce una dimensione di assoluto a tutto ciò che è penultimo, trasformandolo in idolo”, acuta analisi che il prof. Ugo Borghello espone nel suo best-seller ‘Liberare l’amore’, (la comune idolatria, l’angoscia in agguato, la salvezza cristiana, ed. Ares, 2010/4).
 
Il credente, senza venir meno ai suoi               doveri civili e               sociali, si riconosce creatura di Dio che è Padre; l’ateo               invece si erge sul               podio della sua sicurezza e sfida Dio, lo rifiuta come un               nemico che attenta               alla sua libertà. E’ la vecchia e insidiosa tentazione dei               nostri progenitori               che cedettero a quell’invito “diventerete come Dio”,               tentazione che               adesso assume connotati drammatici davanti alla               possibilità di distruggere               tutto il pianeta con dei folli gesti perché chi odia Dio               finisce per odiare               l’uomo e sé stesso. Ci si può anche fare beffe della Vita               Eterna, eppure quando               ci si è giocato quella, resta poco da ridere!  Che cosa è mai un uomo,               quand’anche fosse potente,               ricco e perfino virtuoso, se rifiuta di adorare Dio? Meno               di nulla! Perché la               sua vita non finisce nei palazzi sontuosi dei principi, ma               sotto terra, e senza               la luce della fede, il buio eterno è terribile!
La vita propria               del cristiano, in               realtà di tutti gli uomini desiderosi di aprirsi al Dio di               Gesù Cristo, non               consiste essenzialmente nella buona condotta morale, ma in               “qualcosa di                 divino” che gli viene dato               in dono, una “vita                 nuova, soprannaturale”,               che riceve da Dio.  “In verità, ti dico, se uno non nasce di nuovo                 dall’Alto, da acqua e                 Spirito Santo, non può entrare nel Regno di Dio”.               (Gv. 3,5). I Santi               affermano che per il cristiano il “comportarsi bene nella               vita” ha un solo               nome: santità, che non vuol dire vivere scrupolosamente un               “codice di               comportamento etico” ma che, assieme allo sforzo di               osservare tutti i               Comandamenti di Dio, tende essenzialmente alla pienezza               dell’amore di Dio e del               prossimo fino all’eroismo.
La santità e la salvezza sono opera di Dio. Dio solo               infatti è santo, e uno               solo è il Signore: Gesù Cristo, come egli ricordava ai               suoi discepoli: “Senza                 di me non potete fare nulla… Chi non                 rimane in me viene gettato via come il tralcio e si                 secca” (Gv.15,1)  Senza                 Gesù Cristo, senza un rapporto intimo con Lui, non siamo                 nulla, a nulla valgono                 le nostre “opere di giustizia”. San Paolo, pur               raccomandando ai primi               cristiani di presentarsi come “modelli di buona condotta e               zelanti nelle opere               buone”, scrive a Tito : “Dio ci ha                 salvati, non in virtù di opere di giustizia da noi                 compiute, ma per sua                 misericordia, mediante un lavacro di rigenerazione nello                 Spirito Santo, effuso                 abbondantemente su di noi per mezzo di Gesù Cristo,                 Salvatore nostro, perché,                 giustificati dalla sua grazia, diventassimo eredi della                 vita eterna”. (Tt.               3,4-7)
                          L’Apostolo               ricorda anche gli elementi essenziali per una vita               autenticamente cristiana: la Giustificazione,               cioè la remissione dei peccati; la Grazia, cioè la Vita               divina dataci dall’Alto               e la Carità,               cioè la capacità di vivere l’amore di               Dio e del prossimo.   Ebbene, tutto                 questo, assieme alla Gloria,                 che è la Beatitudine                 eterna nel Cielo, ce l’ha meritato Gesù con il suo                 sacrificio sulla croce e lo                 attua in ciascuno di noi attraverso i Sacramenti che                 affida alla Chiesa. Questi               concetti oggi quasi sconosciuti alle nuove generazioni che               intendono la chiesa               solo come struttura per la promozione di opere umanitarie               sono esposti con               molta chiarezza nel libro “Il senso del vivere” ed. Ares,               da un autore che               varrebbe la pena conoscere, don Ferdinando Rancan.
                          Dunque               quelle “formalità” di cui si parla adesso, cioè               frequentare la chiesa, chiedere               il Battesimo e la Cresima               per il proprio figlio, accostarsi alla Confessione,               partecipare alla Messa, ecc.               sono invece fonte e culmine della vita di un cristiano. Le opere buone, le opere di giustizia, il                 comportarsi bene nel mondo                 ecc., tutto questo diventa un “agire cristiano” solo se                 l’essere intimo                 dell’uomo è stato rigenerato, trasformato nell’essere                 stesso di Cristo. Il               catechismo della Chiesa Cattolica chiama questa               trasformazione “Grazia               santificante”, un tesoro che divinizza l’anima e la fa               vivere come “un altro               Cristo”. (Compendio C:C:C: n. 415/428)
                          Purtroppo,               queste realtà enormi, meravigliose, divine, noi le               possiamo avvilire nel               formalismo e banalizzare nella routine, e possiamo anche               comportarci in modo               incoerente, scandaloso, in contrasto con la grande dignità               che esse ci               conferiscono, ma questo dipende da noi, dalla nostra               superficialità, o pigrizia,               o anche dalla nostra ignoranza della nostra bella fede               cattolica che dona luce               all’intelletto e gioia al cuore.  Quale               sorte amara se, credendoci persone perbene, scoprissimo un               giorno che, in               realtà, abbiamo creduto solo in noi stessi e ci sentissimo               dire, alla fine               della vita: “In                 verità ti dico, non ti                 conosco” (Mt. 25,12).
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