LA RESURREZIONE DI GESÙ
                  DAL LIBRO "IN QUELLA CASA C'ERO ANCH'IO" 
                                   di Ferdinando Rancan
                                        ed. Fede & Cultura
  L'ALBA DEL “GRANDE GIORNO   DELLA RESURREZIONE.  
      Alle prime luci dell’alba le donne erano
          già in piedi e si affaccendavano nei loro preparativi per
          andare al sepolcro. Sarebbero passate da Giovanna e con lei
          avrebbero fatto gli ultimi acquisti di aromi e di quant’altro
          fosse necessario per completare la sepoltura di Gesù. Quando
          partirono tornò il silenzio nella casa. 
             Noi, ancora mezzo indolenziti e sonnolenti,
          restammo nei nostri giacigli, tutti tacitamente d’accordo sul
          fatto che dovevamo recuperare sonno e riposo.
        Era rimasta in casa solo Maria la quale, come
          sempre, si muoveva in silenzio, leggera come un angelo, per
          risparmiare rumori e fastidi al nostro riposo. Nel frattempo
          si era adoperata a prepararci la colazione del primo mattino.
        Arrivarono intanto i primi raggi del sole e i
          primi rumori del giorno che misero fine al nostro riposo
          notturno. 
                 Io, indossati in fretta sandali e
          tunica, mi mossi subito cercando di lei, di Maria. Salii al
          piano superiore, nella sala grande, il Cenacolo, sicuro che
          l’avrei trovata lì. Fu così, infatti, ma arrivato sulla porta
          della stanza mi dovetti fermare: nel vederla fui preso da uno
          strano senso di stupore e di trepidazione. Stava accanto alla
          finestra, immobile, come estasiata. Era soprattutto la sua
          figura a sorprendermi; sembrava un’altra persona: i suoi occhi
          scintillavano di gioia e di tenerezza, il suo volto era
          illuminato da un sorriso che mi ricordava quello del giorno
          dell’Annunciazione quando fu visitata dall’Angelo, tutta
          l’espressione del suo viso tradiva una felicità intima e
          misteriosa che doveva nascere da qualcosa di straordinario e
          di immensamente commovente.
        Quando mi vide, mi venne incontro e,
          abbracciandomi forte: “Figlio mio, - cominciò - il nostro Gesù
          è ancora con noi! È ancora con noi!... Lo vedrai presto! Lo
          vedremo tutti! Non dobbiamo più temere, non dobbiamo più
          soffrire. Il dolore è finito, la paura è passata. Si è
          avverata la sua promessa, si è compiuta la sua parola. Sia
          ringraziato il Signore, nostro Dio, sia benedetto nei secoli!
          Egli ha realizzato per noi le meraviglie del suo amore, ha
          fatto trionfare la sua potenza e la sua misericordia!”.
        Mi parlava con una commozione vivissima e
          indescrivibile, e nello stesso tempo, raccolta e dignitosa;
          non aveva nulla di scomposto e di eccitato. Solo alcuni
          lagrimoni le rigavano le guance come stelle luminose che
          brillavano di gioia. Stette in silenzio qualche istante; poi
          mi lasciò e si recò di nuovo alla finestra spingendo lo
          sguardo in direzione del sepolcro, poi verso il Tempio, poi in
          alto verso il cielo che andava tingendosi di rosa, poi ancora
          verso il Monte degli Olivi, infine tutto intorno come se
          contemplasse un panorama sconfinato o rileggesse in quei
          luoghi una struggente storia di dolore e di amore.
          Tutt’intorno tripudiava una primavera che riempiva l’aria di
          profumi e tingeva la luce di colori.
        Venne di nuovo verso di me, si fermò a guardarmi
          con infinita tenerezza e tornò ad abbracciarmi come se volesse
          trasmettermi la sua gioia. 
        Poi con voce sommessa, quasi mormorando, come se
          parlasse con sé stessa: “Era bellissimo! - continuò -
          Bellissimo! I suoi capelli erano tersi e splendenti, i suoi
          occhi traboccavano bontà e amore, le sue ferite erano pulite e
          vive, la sua carne luminosa, la veste bianca e splendente! Era
          bellissimo! Prese le mie mani fra le sue e le stringeva forte;
          erano ardenti e piene di tenerezza. Le guardai intensamente:
          erano mani vere, in carne ed ossa. Me le portai alle labbra
          coprendo le sue ferite di baci, finché Lui me le pose sul capo
          benedicendomi e infine mi strinse forte al suo Cuore in un
          abbraccio di paradiso. Era bellissimo!”.
        Io, fino a quel punto, ero rimasto come
          interdetto, senza parole e senza pensieri precisi. Approfittai
          allora di quella pausa per chiederle che cosa mai significasse
          tutto questo e di che cosa intendesse parlarmi. Allora, come
          se improvvisamente si svegliasse da un’esperienza ineffabile e
          tornasse alla realtà: “Hai ragione, figlio mio - disse
          sorridendomi - hai ragione! Ma lo saprai, saprai tutto molto
          presto”. Poi si asciugò il volto, si ricompose
          nell’espressione e: “Andiamo, disse, andiamo a chiamare i tuoi
          amici. Hanno bisogno di cominciare la giornata con una buona
          colazione!”.
        Pur sapendo che tutto il suo discorso si
          riferiva a Gesù, avrei voluto chiederle tante cose: “Com’era,
          da dove era entrato e da dove era uscito, che cosa le aveva
          detto e perché non s’era fatto vedere anche a noi...”; ma lei
          mi prese per mano e mi portò verso l’uscita del Cenacolo.
     Da "IN QUELLA CASA C'ERO ANCH'IO" 
                                   di Ferdinando Rancan
                                              ed. Fede e Cultura
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