Sin dalla creazione del mondo, diciamo degli uomini in particolare, il Signore Dio si è servito degli Angeli fedeli per accompagnare, guidare e proteggere il cammino spesso tortuoso degli uomini sulla terra
Troviamo dal libro dell'Esodo (23,20-23) questa
bella e chiara espressone “Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti
sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato. Abbi rispetto della
sua presenza, da' ascolto alla sua voce e non ribellarti a lui; egli infatti
non perdonerebbe la vostra trasgressione, perché il mio nome è in lui”, frase
che è riportata nelle preghiere liturgiche del 2 ottobre, festa appunto degli
Angeli Custodi,.
Sappiamo
infatti come un Angelo inviato dal cielo, l’Arcangelo San Raffaele, abbia
accompagnato in sembianze umane il giovane Tobia nel lungo e insidioso viaggio
su indicazione del padre. Certi Santi, come Santa Gemma Galgani, avevano un
rapporto diretto col loro Angelo Custode, tanto da affidare loro delle lettere
o missive importanti, vista la mancanza del cellullare a quei tempi.
In
occasioni di guerre decisive per l’umanità, come la battaglia di Lepanto
(1571), contro l’avanzata delle orde ottomane, o quella di Vienna (1683) nelle
quali si dava per scontato la vittoria, purtroppo, dei musulmani contro i
cristiani, furono viste nel cielo intere schiere angeliche, come attestano le
cronache del tempo, scendere a combattere in favore dei pochi e sparuti
cristiani contro la ferocia bellica della controparte, esperti combattenti da
sempre. E furono vinti e dispersi, almeno fino ai nostri giorni nei quali
riappare questo pericolo sempre più forte e imminente davanti a noi, anche se
adesso non lo si vuole vedere, perché, secondo il concetto della “fratellanza
universale” dovremmo in teoria tutti abbracciarci e vivere in una utopistica
pace in nome della quale dovremmo, secondo indicazioni ufficiali giunte dal
Vaticano, seppellire i nostri principi, la nostra fede, la nostra cultura, la
nostra identità cattolica forgiata dalla vita eroica e dal martirio di milioni
di santi. Ma la Madonna provvederà, non
in modo indolore, a rimediare a questa stoltezza e cecità spirituale che ci
attanaglia e ci impedisce di vedere e difendere la Verità, come ci ha invece
raccomandato nostro Signore Gesù Cristo.
Tutto
questo giro introduttivo per arrivare dove? Vi domanderete. Per arrivare a
questo concetto: il Signore manda i suoi Angeli, e continua a mandarli anche ai
nostri giorni, anzi sempre di più mano a mano che avanzano le tribolazioni, per
indicarci la via non solo della salvezza del corpo, come in caso di guerra, ma
soprattutto quella dell’anima, attraverso la via della santità, unica strada
per raggiungere il Paradiso. E questi
Angeli il più delle volte non sono esseri angelici venuti dal cielo, come nel
caso suindicato, ma si tratta di uomini, di persone in carne e ossa come
ciascuno di noi, che hanno tribolato, che hanno lavato le loro vesti, per
citare l’Apocalisse, nel sangue dell’agnello, vale a dire nel crogiolo della
tribolazione eroica, vissuta per amore di nostro Signore Gesù Cristo con un
martirio che non è sempre quello immediato, del corpo, della ghigliottina, del
fucile, del circo dei leoni, ma quello fatto goccia a goccia, giorno dopo
giorno, nella fedeltà ai propri doveri quotidiani, anche in presenza di malattie
spesso pesanti e umilianti, incomprensioni, emarginazioni ecc. nell’eroico
abbandono alla volontà di Dio e con l’ardente desiderio di vivere la propria
fedeltà e missione che il Signore affida a ciascuno di noi, fino all’ultimo
respiro.
Questa
in sintesi è la chiave di lettura che hanno dato i promotori della conferenza
tenuta a Verona giovedì 9 giugno presentando la figura eroica del sacerdote
diocesano in concetto di santità, don Ferdinando Rancan. Questo compito di ricerca attraverso testimoni,
scritti, eventi anche nascosti ma significativi lo sta svolgendo con ammirevole
impegno da anni, in particolare dall’anno della sua dipartita al cielo, 10
gennaio 2017, il rev. prof. don Ermanno Tubini, confratello di don Ferdinando nel
sacerdozio e nella spiritualità che li accomuna, che è quella dell’Opus Dei, pur
essendo don Ferdinando un sacerdote diocesano e rimanendo tale, vale a dire
alle dirette dipendenze del Vescovo della sua città, ma con la possibilità di
attingere alle fonti della spiritualità e del carisma dell’Opus Dei come ha
voluto il Fondatore, San Josemaria Escrivà de Balaguer.
Don
Ferdinando Rancan è stato un vero Angelo mandato dal cielo, non solo per molti
di noi che lo hanno frequentato e apprezzato come predicatore ma soprattutto
come confessore e direttore di anime che si sentivano seguite nel cammino della
santità come fossero perle uniche e preziose, ma siamo certi che ha sparso la
sua ricchezza spirituale attraverso la grazia del sacerdozio anche a moltissimi
altri che non lo hanno mai conosciuto, attraverso la cosiddetta “Comunione dei
Santi”, e continua a farlo dal Cielo se lo invochiamo chiedendo anche il suo
intervento per tante nostre necessità, piccole o grandi che siano.
Resta
il fatto che ignorare o peggio ancora rifiutare la presenza di queste persone
straordinarie che il Signore stesso ci invia, dopo averli ben forgiati con
tribolazioni per saggiare la loro fedeltà e perseveranza, come faceva con gli
antichi Profeti, rifiutare o ignorare questi nostri “Angeli incarnati”, diciamo
così, per motivi umani spesso superficiali, derivanti più che altro da simpatie
o antipatie umane, da rivalità ridicole e infondate perché i santi in cielo non
sono invidiosi gli uni degli altri ma collaborano tutti insieme attivamente per
la nostra salvezza, in vista dell’avvento del Regno di Dio… insomma questo
atteggiamento fosse dovuto anche solo a ignoranza o superficialità, non è
gradito agli occhi di Dio perchè è come rifiutare o snobbare, come si suol
dire, i doni che Lui stesso ci offre, liberamente, scegliendo chi vuole per
questo compito, come sempre è stato nella storia della Salvezza.
Pertanto,
ringraziamo don Ermanno che con pazienza ammirevole e ricerche meticolose, sta mettendo
in luce sempre di più questo aspetto della santità di un sacerdote diocesano
veronese, magari uno dei tanti che ci sono stati e ci saranno, ma a lui, a don
Ermanno, attraverso i suoi superiori, il Signore stesso ha dato il compito di far
conoscere questo nostro confratello nella Fede, come si fa di prassi con tutti
i candidati alla santità, e per questo motivo tutti noi abbiamo il nostro grado
di responsabilità nell’accoglierlo, nel conoscerlo, nel diffonderne la
conoscenza e soprattutto nel pregarlo per noi stessi, per la Chiesa, per l’Italia,
come lui sempre chiedeva e per il mondo intero oggi così ottenebrato dalla
presenza del maligno che presto si dovrà arrendere.
Patrizia
Stella
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