DAL CANALE https://t.me/leperledelpapa
Che
il Sinodo sulla Sinodalità, fortemente voluto da JM Bergoglio, fosse un evento
nefasto per la Chiesa cattolica lo si sapeva fin dalla convocazione di una
veglia di preghiera in unione con le altre religioni per propiziarlo [qui]. Ma
l'ardire, di matrice chiaramente luciferina, di inserire nel documento
ufficiale dell'evento la proclamazione dell'eresia, è semplicemente
sconvolgente!
Si
leggono infatti, alla pag. 29 del suddetto documento per "sviluppare una
spiritualità per la sinodalità"[qui], le seguenti allucinanti parole:
"Cos'è
allora un cuore misericordioso? È l’incendio del cuore per ogni creatura: per
gli uomini, gli uccelli, le bestie, per i demoni e per tutto ciò che esiste. Al
loro ricordo e alla loro vista, gli occhi dell'uomo versano lacrime, a motivo
della grande compassione.
E
per questo egli offre preghiere con lacrime anche, per i nemici della verità e
per coloro che la avversano, e perfino per i rettili, a motivo della sua grande
misericordia, che nel suo cuore sgorga senza misura, a immagine di Dio."
Dunque,
sotto l'insegna del "Todos! Todos! Todos!", JMB attraverso questo
documento sinodale dice, in poche sconcertanti parole, che un cuore infiammato
di misericordia deve amare i demoni, e offrire preghiere per loro e perfino per
i rettili! Mai si era giunti fino a tanto!
Il
grande coraçon di Francisco [qui] si erge con superbia mostrandosi più grande
del Sacro Cuore di Gesù, che nella Sua poca misericordia scacciava i demoni e
li malediva! E ambisce a mostrarsi più misericordioso ancora del Cuore
Immacolato Maria, la quale schiaccerà la testa al povero antico serpente e non
avrà per lui misericordia! Ma non basta!
JMB
osa ergersi al di sopra dello stesso Dio Padre Onnipotente, che in Genesi
maledice il serpente tra tutti gli altri animali e lo condanna per l'eternità!
Allo
stesso tempo, incoraggiando i fedeli a pregare per demoni e rettili, JMB li
condanna alla perdizione eterna, con l'appoggio dei Consacrati che
vigliaccamente tacciono!
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https://lanuovabq.it/it/alle-domande-nuove-del-sinodo-la-chiesa-ha-gia-risposto
Alle "domande nuove" del Sinodo la Chiesa ha già risposto
di Tommaso Scandroglio 3.11.2023
Dal fine vita alla poligamia: sulle questioni
presentate come "controverse" gettano luce la legge naturale, la
Scrittura e il Magistero. A meno di non usarle per forzare nuove aperture.
Torniamo a parlare della Relazione
di sintesi del Sinodo appena concluso. In un passo di questa relazione possiamo
leggere: «Alcune questioni, come quelle relative all’identità di genere e
all’orientamento sessuale, al fine vita, alle situazioni matrimoniali
difficili, alle problematiche etiche connesse all’intelligenza artificiale,
risultano controverse non solo nella società, ma anche nella Chiesa, perché
pongono domande nuove».
Concordiamo sul fatto che la tematica
dell’intelligenza artificiale possa porre domande nuove rispetto al passato, ma
le altre tematiche sono vecchie come Adamo ed Eva. La cosiddetta identità di
genere – espressione ideologica alla quale bisognerebbe preferire l’espressione
“identità psicologica sessuale” – è questione che trova la sua soluzione in
Genesi: «Maschio e femmina li creò» (Gen 1,27). L’omosessualità viene
condannata da tutto l’Antico Testamento e per il Nuovo bastano le parole di San
Paolo: «Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; infatti le loro
femmine hanno cambiato i rapporti naturali in quelli contro natura. Egualmente
anche i maschi, lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi
di desiderio gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi maschi con
maschi, ricevendo così in se stessi la retribuzione dovuta al loro traviamento.
E poiché non ritennero di dover conoscere Dio adeguatamente, Dio li ha
abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno commesso azioni
indegne» (Rm 1,26-28).
Sul fine vita ricordiamo il divieto di non
uccidere presente nel quinto comandamento (cfr. Es 20,13).
In merito alle
situazioni matrimoniali difficili, di certo si allude al divorzio e
all’adulterio. Per il primo argomento rammentiamo queste parole di Gesù: «ciò
che Dio ha congiunto l’uomo non separi» (Mt 19,5-6) e quelle di San Paolo: «ai
coniugati, ordino, non io, ma il Signore, che la moglie non si separi dal
marito, e qualora si sia separata, rimanga senza rimaritarsi, o si ricongiunga
con suo marito» (1Cor 7,10-11). Se poi il divorziato si risposa: «Chiunque
ripudia la propria moglie e ne prende un’altra, commette adulterio; e chiunque,
prende quella che è stata ripudiata dal marito, commette adulterio» (Lc 16,
18). Sull’adulterio ricordiamo: «Non commettere adulterio» (Es 20,14). E poi le
parole di Gesù: «Avete inteso che fu detto: "Non commettere
adulterio"; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha
già commesso adulterio con lei nel suo cuore» (Mt 5,27-28).
Sono tutte condotte o condizioni
disciplinate addirittura dal diritto divino positivo, ossia argomenti su cui
Dio è stato chiarissimo. Dunque queste tematiche saranno pur controverse
anche all’interno della Chiesa, ma quest’ultima da tempo si è pronunciata in
modo definitivo sulle stesse e quindi sono questioni chiuse per sempre e non
questioni aperte come c’è scritto nella Relazione. Da qui una domanda: quali
sarebbero allora le domande nuove che non troverebbero già risposta nella
Parola di Dio, nella Tradizione e nel Magistero che ha interpretato queste due
fonti?
Non si può che concludere che il passaggio
della Relazione di sintesi prima citato è pretestuoso perché fa finta di non sapere che tali materie non presentano più zone
oscure sotto il profilo dottrinale. La vera finalità, dunque, è quella di
volere riesaminarle con il chiaro intento di permettere delle eccezioni agli
assoluti morali.
Ed infatti la Relazione così prosegue: «Proponiamo di promuovere
iniziative che consentano un discernimento condiviso su questioni dottrinali,
pastorali ed etiche che sono controverse, alla luce della Parola di Dio,
dell’insegnamento della Chiesa, della riflessione teologica e, valorizzando
l’esperienza sinodale. Ciò può essere realizzato attraverso approfondimenti tra
esperti di diverse competenze e provenienze in un contesto istituzionale che
tuteli la riservatezza del dibattito e promuova la schiettezza del confronto,
dando spazio, quando appropriato, anche alla voce delle persone direttamente
toccate dalle controversie menzionate. Tale percorso dovrà essere avviato in
vista della prossima Sessione sinodale». Tradotto: facciamo una bella riunione
a porte chiuse con esperti, affinché non trapeli nulla evitando così inutili
polemiche, e poi tentiamo di aprire una crepa nella dottrina di sempre della
Chiesa.
C’è un altro passaggio della Relazione su
una questione morale particolare che è degno di nota: «Si incoraggia il
SECAM (Simposio delle Conferenze Episcopali dell’Africa e del Madagascar) a
promuovere un discernimento teologico e pastorale sul tema della poligamia e
sull’accompagnamento delle persone in unioni poligamiche che si avvicinano alla
fede». L’invito è rivolto al Simposio delle Conferenze Episcopali dell’Africa e
del Madagascar perché soprattutto in Africa i cattolici sono a forte contatto
con l’islam che consente la poligamia.
Questo stralcio può essere interpretato in
due modi. Con ottimismo: occorre trovare nuove soluzioni pastorali per coloro che
come islamici hanno contratto una unione poligamica e vogliono convertirsi al
cattolicesimo. Da qui anche l’esigenza di conoscere bene la dottrina teologica
morale che vieta la poligamia. Il secondo modo è connotato da maggior realismo:
con la scusa dell’accompagnamento delle persone che vivono una relazione
poligamica tentiamo di giustificare la poligamia anche all’interno del
cattolicesimo. È lo stesso processo che sta avvenendo da anni per
l’omosessualità: con il pretesto di accogliere le persone omosessuali,
accogliamo anche l’omosessualità.
Per quale motivo si vorrebbe osare tanto? Accenniamo ad una
possibile ragione: se il poligamo in terra africana vuole convertirsi a Cristo
senza abbandonare la poligamia dobbiamo trovare un modo per soddisfare questa
sua esigenza. E come fare? Forse un puntello è dato dal pertugio lasciato
aperto all’adulterio istituzionalizzato presente in Amoris laetitia. Nell’ottobre
scorso furono pubblicate le risposte del Dicastero per la
Dottrina della Fede a dubia del cardinal Dominik Duka. La terza
risposta, per quello che a noi interessa, così recita, facendo esplicito
riferimento nelle note ad Amoris laetitia: «Francesco mantiene la
proposta [sic] della piena continenza per i divorziati e i risposati in
una nuova unione, ma ammette che vi possano essere difficoltà nel praticarla e
quindi permette in certi casi, dopo un adeguato discernimento,
l'amministrazione del sacramento della Riconciliazione anche quando non si
riesca a essere fedeli alla continenza proposta dalla Chiesa».
Dunque expressis verbis si dichiara
che un divorziato risposato può avere leciti rapporti sessuali fuori dal proprio
matrimonio. Quindi si legittima l’adulterio e l’adulterio istituzionalizzato, ossia
le seconde nozze civili perché – ed è questo il punto – secondo la legge
naturale e secondo la Rivelazione, solo nel matrimonio è lecito avere rapporti
sessuali. Se quel rapporto sessuale è lecito allora vuol dire che anche quel
matrimonio civile è un autentico matrimonio agli occhi di Dio. Ma allora avremo
due matrimoni: un primo sacramentale indissolubile e un secondo civile,
entrambi contemporaneamente validi. Chiamasi poligamia.
Dunque, nella prospettiva indicata dalle
risposte ai dubia, il divorziato risposato civilmente è poligamo, perché ha un coniuge –
reso tale dal matrimonio sacramentale – ed un secondo, quello reso tale dalle
nozze civili. In altri termini, se Tizio, legato in modo indissolubile alla
propria moglie per diritto naturale e per vincolo sacramentale, ne può prendere
un’altra solo in ambito civile, ciò vuol dire che è poligamo: sposato con una
donna con vincolo sacramentale indissolubile e con una seconda con vincolo solo
civile. Andrebbe in soffitta quindi non tanto la proprietà dell’indissolubilità
matrimoniale, ma quella dell’unità, ossia dell’esclusività del vincolo: un
coniuge non può che essere legato ad un altro solo coniuge.
In sintesi: Francesco, benedicendo i
rapporti fuori dal matrimonio sacramentale, benedice implicitamente le seconde
nozze e quindi la poligamia. Allora viene da pensare che l’apertura della
Relazione alla poligamia trovi la sua giustificazione nell’apertura di Amoris
laetitia alle seconde nozze, quindi alla liceità di avere una seconda
moglie stante il perdurare del rapporto indissolubile delle prime nozze.
Tommaso Scandroglio