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lunedì 8 maggio 2023

MESE DI MAGGIO COL LIBRO "LA MADONNA RACCONTA" di Ferdinando Rancan

 “LA MADONNA RACCONTA”    Confidenze della Vergine Maria ai suoi figli.

(il libro si può trovare presso la casa editrice Fede & Cultura, euro 15,00 pag. 204)


In occasione del mese di maggio dedicato alla Madonna, proponiamo la lettura di qualche brano di un libro speciale di don Ferdinando Rancan: “LA MADONNA RACCONTA”, libro che comunque vale per tutti i mesi dell'anno perchè la Madonna è sempre con noi e ci accompagna in tutte le vicende belle o brutte della nostra vita, se la invochiamo con fede. 

 Essendo un libro, diciamo pure, speciale, perchè è la Madonna stessa che parla di sè, della sua chiamata ad essere la Madre del Redentore, della sua vita a Nazareth con Giuseppe suo sposo e il piccolo Gesù che cresce e poi parte per la sua missione divina, del suo ruolo nella Chiesa e tra gli Apostoli dopo l'Ascensione di Gesù al cielo  ecc. fino alla sua  dipartita da questa terra al cielo in anima e corpo (Assunzione), abbiamo pensato di farlo precedere dalla Presentazione di Mons. Luigi Negri, Vescovo emerito di Ferrara, che aveva conosciuto personalmente l'autore e per il quale ha sempre nutrito molta ammirazione.  Oltre che dalla Introduzione dell'autore che, nella sua umiltà,  sente quasi il dovere di scusarsi per aver "osato" far parlare la Madonna al posto suo! Ma gli è venuto spontaneo, quasi una ispirazione che gli è sgorgata dal cuore, anche a seguito di una lettura assidua e meditata del Vangelo.

 

Presentazione da parte di mons. Luigi Negri

Accompagno con poche ma intense osservazioni questo libro che mi si è rivelato, nel corso della lettura, come singolarmente straordinario nel senso di non riducibile a un’ordinarietà di esperienza e di discorso. La natura specifica di quest’opera è di contenere una serie di confidenze che la Madonna Santissima comunica a un’anima innamorata di Lei e della fede. Certamente l’immagine della Madonna è quella di colei che ha condiviso fino in fondo la vita del Signore in tutti i momenti della sua esistenza, ma significativamente l’attenzione è rivolta al periodo in cui — dalla Risurrezione all’Ascensione — ella ha rappresentato il punto di riferimento umanamente affettivo per gli apostoli e i discepoli, ovvero quella prima comunità ecclesiale che si è formata a Gerusalemme dopo la Risurrezione e che avrebbe avuto la sua inesorabile e obiettiva realtà nella Pentecoste.

Inizialmente ho provato un certo disagio, avvertendo su di me la legittima domanda dei lettori: è davvero soprannaturale la provenienza di queste confidenze? Oltre a verificare che in queste confidenze non c’è altro se non il puro dogma cattolico, e mai una frase di esagerazione o di esorbitanza, mi sono tranquillizzato — appunto perché non tocca a me formulare un giudizio sulla natura di questa confidenza — quando ho capito un aspetto che io reputo essenziale e che ritengo l’apporto più significativo di questo libro: che sia una grande testimonianza di affezione alla Madonna, a Cristo e alla vita della Chiesa.

La confidenza è come l’espressione di un rapporto straordinario fra la Madonna e l’anima di questo sacerdote, dove si fa fatica a distinguere, come avviene sempre nei rapporti intensi, l’oggetto della comunicazione della Madonna e l’oggetto della comunicazione dell’anima.

In altre parole la chiave del libro è questa confidenza reciproca che si presenta come un unico dialogo che fluisce nella profondità di un rapporto personale senza nessuna particolare connotazione di soprannaturalità, perché è lo stesso dialogo che il popolo cristiano ha avuto per secoli con la Madre del Signore, fatto di invocazioni e di confidenza.  

(…)

Così, allo stesso modo, coloro che sono coinvolti, non sullo sfondo ma nel centro di questo dialogo — perché gli apostoli, i discepoli e le donne fanno parte di questo dialogo fra la Madonna e l’anima assetata di Lei — sono presenti ciascuno con la propria personalità, con le proprie caratteristiche e sono oggetto da parte di Maria di incoraggiamento, di sostegno e qualche volta di discretissimo rimprovero.

La comunità è fatta di persone vive che portano dentro di essa ciascuno la propria personalità, senza riduzioni, senza amplificazioni, senza indebite limitazioni. È una comunione in cui ciascuno emerge e cresce nella sua obiettiva personalità.

L’insegnamento che ho ricevuto da queste pagine è che vi sia rappresentata in maniera singolare l’esperienza della comunione cristiana, che nasce dal riconoscimento di Cristo fra i discepoli e viene rinnovata dopo la discesa dello Spirito Santo in modo assolutamente definitivo. È l’immagine della Chiesa nella sua oggettività solenne o istituzionale, e insieme nella sua tenerezza familiare.

Mi sembra che attraverso il dialogo fra il cuore di Maria e il cuore di quest’anima appassionata di Lei sia significativamente raccolta la verità dell’espressione “la Chiesa è la famiglia di Dio”.

                                            Mons. Luigi Negri

                                        Arcivescovo di Ferrara-Comacchio.

                                          ***************************


Nel link qui sotto troviamo il video dell'intervista fatta all’autore il giorno della presentazione ufficiale del libro, maggio 2016, alla presenza del Vescovo di Verona, mons. Zenti, nel salone di Castelvecchio, a pochi mesi dal suo passaggio al cielo. Questo è stato il suo ultimo libro da vivo perché quello autobiografico “Storia di un somarello”, è uscito dopo la sua morte nel 2018. 

Entrambi questi due ultimi libri sono stati completati nella parte finale  non più attraverso lo scritto ma registrati su cassette audio (poi trasferiti su computer dalla sottoscritta) in quanto l'autore negli ultimi anni della sua vita era rimasto quasi completamente cieco.

                          https://youtu.be/A-zUXvqrDFw

 

INTRODUZIONE DELL’AUTORE

 Le pagine di questo libro vorrebbero essere la risposta a numerose richieste rivolte all’autore da persone che desiderano alimentare la propria devozione alla Santissima Vergine.  Tali richieste mettevano l’autore in un forte imbarazzo: che cosa mai si poteva dire in aggiunta a tutto quello che è già stato detto e scritto in tanti secoli sulla figura e sulla missione di Santa Maria e sul posto che essa occupa nei disegni di Dio, nella Chiesa e nella vita dei cristiani?  Esiste una letteratura immensa e ricchissima che ci parla della Madonna: teologia, ascetica e pietà popolare hanno prodotto pagine stupende in onore della Madre di Gesù, pagine che hanno nutrito e continuano a nutrire la vita spirituale di intere generazioni di credenti. Che dire poi di tanti testi stupendi che parlano della Madonna nella Liturgia della Chiesa e nei documenti del Magistero?

Tutto questo costituiva per l’autore un ostacolo insormontabile e gli forniva un motivo più che valido per non prendere in mano carta e penna, così da evitare il rischio di cadere su un terreno scontato, su cose già dette mille volte, con tanta unzione e sapienza, da santi e da teologi. Bastava quindi attingere all’immenso patrimonio di dottrina e di pietà mariana che è a nostra disposizione nelle mani della Chiesa.

Sennonché nella mente dell’autore rimaneva, sia pure in sordina, il conflitto sulle decisioni da prendere. Il rifiuto gli appariva un’ingratitudine verso Colei che fin dalla tenera infanzia l’aveva custodito e protetto, mentre l’accettazione della proposta, anche se nessuno avesse letto queste pagine, poteva diventare un gesto d’amore personale verso Colei che gli aveva dato Gesù e gli aveva insegnato ad amarlo.

            Fu a questo punto che affiorò nella mente dell’autore un’affermazione, attribuita a San Bernardo, che dice: “De Maria numquam satis”, “Non si parla mai abbastanza di Maria”.  Questa affermazione mise fine a ogni interiore incertezza e spinse l’autore ad aderire pienamente alla proposta. Ma allora, che fare?  Forse ridire in modo nuovo le molte cose, o almeno le principali fra le tante, scritte sulla Madonna lungo i secoli?

            L’autore si accinse a prendere in mano i testi mariani a cominciare dal primo millennio. Davanti a migliaia di pagine che raccolgono le riflessioni profonde e commoventi dei Padri e dei Dottori della Chiesa, e pensando poi alle altre migliaia di pagine scritte nel secondo millennio, l’autore fu assalito dallo scoraggiamento e dalla tentazione ancora più forte di abbandonare l’impresa. Cosa poteva mai balbettare, lui, fra tutte quelle voci solenni che hanno fatto risuonare nel tempo le glorie di Maria e le suppliche degli uomini? 

            Già! gli uomini. Tutte quelle pagine contengono ciò che gli uomini hanno detto di Maria. Uomini dotti e santi che hanno cercato di penetrare profondamente il mistero della Vergine Madre, ma pur sempre uomini. E la Madonna?  Avrà pur detto anche lei qualcosa agli uomini! Non solo a qualcuno in qualche apparizione privata, il cui contenuto si limita spesso alla materna esortazione alla penitenza, alla conversione e alla preghiera per i peccatori, ma una parola di sé, una qualche confidenza di ciò che lei ha vissuto ed è passato nel suo cuore l’avrà pure compiuta la Vergine Santa!

Questo pensiero, che in fondo rivela un desiderio nascosto nel cuore di ciascuno di noi, trova riscontro in una preghiera che San Giovanni Paolo II rivolge alla Madonna di Loreto. Così egli si esprime: Maria, Madre del sì, tu hai ascoltato Gesù, conosci il timbro della sua voce e il battito del suo cuore. Ebbeneparlaci di Lui, raccontaci il tuo cammino per seguirlo nella via della fede. Maria, che a Nazareth hai abitato con Gesù, imprimi nella nostra vita i tuoi sentimenti, la tua docilità, il tuo silenzio che ascolta… Maria, parlaci di Gesù, perché la freschezza della nostra fede brilli ai nostri occhi e scaldi il cuore di chi ci incontra…

            Ora, il luogo ovvio dove cercare eventuali confidenze di Maria dovrebbe essere naturalmente il Vangelo. Agli Apostoli e ai primi discepoli la Madonna avrà certamente raccontato molte cose. Ma proprio lì, nel Vangelo, scopriamo che Maria è la donna del silenzio.  Si sa che per una donna il silenzio rasenta l’eroismo, ma qui il silenzio di Maria non rappresenta semplicemente il dominio sulla propria femminilità, ma l’atteggiamento tutto soprannaturale di chi custodisce nel cuore, avendolo servito fedelmente, il disegno di Dio che opera silenziosamente ma efficacemente per la salvezza dell’umanità.

            Tuttavia, il Vangelo riporta alcune espressioni della Madonna che, pur essendo pochissime, sono però preziose perché fanno riferimento a interventi fondamentali di Dio nella vita di Maria. Innanzitutto l’incontro con l’Angelo, quando la Madonna si dichiara la “serva del Signore”, e fa un riferimento a Giuseppe per dire che non l’avrebbe mai “conosciuto”; l’incontro poi con Elisabetta, quando esplode nel Cantico di lode al Signore perché ha guardato all’umiltà di questa sua serva per compiere in lei cose grandi; infine in due circostanze Santa Maria si rivolge direttamente a Dio: una nel tempio a Gerusalemme alla ricerca di Gesù, per chiedergli quale significato avesse il suo comportamento umanamente ingiustificabile, l’altro a Cana per chiedergli di dare un segno della sua identità messianica che confermasse nella fede i suoi primi discepoli.

            Queste espressioni della Madonna sono importanti perché riferiscono verità fondamentali della nostra fede, ma lasciano ancora avvolto nel mistero il mondo interiore della Madonna. A questo punto il nostro desiderio di ascoltarla sarebbe rimasto inappagato, se l’evangelista San Luca, colui che raccolse le più intime confidenze di Maria, non ci avesse suggerito una strada ricordandoci che Maria conservava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.

            Ecco il luogo dove possiamo ascoltare la voce di Maria, le sue confidenze, il racconto delle sue emozioni e della sua esperienza interiore nel vivere accanto a Gesù. Gli uomini hanno parlato molto di lei, vorremmo ora che fosse lei a parlare di sé agli uomini, a raccontare la sua vita e, vincendo quel pudore materno che ha tenuto sigillate tante cose nel suo cuore, partecipasse ai suoi figli i suoi sentimenti e le vicende che hanno forgiato il suo mondo interiore così squisitamente umano e così profondamente divino.

            Occorre dunque entrare nel cuore di Maria. Ora, se è vero che solo una madre può capire un’altra madre, è vero anche che entrare nel cuore di una madre può farlo solo un bambino. Per lui, infatti, nessuna madre ha segreti. L’autore quindi, non ha avuto alternative; ancora una volta ha dovuto farsi bambino e bussare. Una madre non può chiudere il cuore alla propria creatura. E così, con sforzo, è riuscito ad accoccolarsi davanti a Maria e ascoltare in silenzio le sue confidenze.

Quando una madre racconta, i ricordi, i pensieri e i sentimenti che hanno accompagnato le esperienze della sua vita, nell’uscire dalle sue labbra diventano consigli, raccomandazioni, esortazioni per i propri figli. Anche Maria, che è donna e madre, quando racconta, lo fa per noi, perché impariamo a comportarci da buoni figli di Dio, a imitazione del suo figlio Gesù.

            D’altra parte è inevitabile e giusto che le meraviglie compiute in lei da Colui che è onnipotente e santo suscitino in tutti noi una filiale curiosità, perché tanta ricchezza di grazia che è nel suo cuore materno e che un giorno contempleremo nella gloria del Cielo ci possa allietare, confortare e sostenere fin d’ora, nelle fatiche del nostro viaggio sulla terra.

            L’autore si rende perfettamente conto che la pretesa di entrare nel cuore di Santa Maria e ascoltare le sue confidenze può apparire una presunzione eccessiva e un po’ strana, ma il desiderio di conoscere e di ascoltare i battiti del suo cuore dolcissimo ha prevalso. Sono battiti che diventano parole dell’amore materno verso i suoi figli.

            Tuttavia, pur cercando di restare bambino, sforzandosi di ricuperare la semplicità dell’innocenza, non sempre ha saputo prescindere dalla sua deformazione professionale di uomo adulto: un po’ teologo, un po’ esegeta, un po’ pastore d’anime, e così le confidenze materne di Maria potrebbero aver subito qualche interferenza.

            L’autore ne ha chiesto scusa alla Madonna che gli ha risposto – così immagina – con un sorriso, e chiede scusa anche all’eventuale lettore che – così spera – gli risponderà anche lui con un benevolo sorriso.

                                               L’autore

                            ************************************* 


                                                        ATTENZIONE: 

 IL DIRETTORE DI FEDE E CULTURA, PROF. GIOVANNI ZENONE CHE HA PUBBLICATO QUESTO LIBRO PARTICOLARE  PERCHE' L'AUTORE FA PARLARE LA MADONNA COME INTERPRETE PRINCIPALE E PROTAGONISTA DIRETTA DELLE VICENDE DELLA SACRA FAMIGLIA, HA PENSATO DI OFFRIRE UNA PANORAMICA GENERALE DEL LIBRO COMPLETANDO I VARI BRANI  DA UN SUO COMMENTO-VIDEO, IL TUTTO RACCOLTO  IN UN LINK.

  ECCO IL LINK CON TUTTI I VIDEO:

https://www.youtube.com/playlist?list=PL8Cx3wvDiu1M5GWduaRNaUOIX70AOtcmf 


Da tenere presente che è un lavoro ancora in esecuzione.  A mano a mano che verranno completati i nuovi video, saranno inseriti automaticamente dentro il link in aggiunta a quelli già esistenti, fino a completamento del lavoro.  

 Buona visione e buona lettura che possa ritemprare lo spirito e le forze psico-fisiche in mezzo a un bombardare solo di notizie brutte e negative che ci arrivano da tutte le parti.  La Madonna è la bellezza e la gioia per eccellenza, per cui godiamoci questa consolazione interiore e trasmettiamola anche ad altri.   

                                         Patrizia

 


sabato 8 aprile 2023

IL GRANDE GIORNO: LA RESURREZIONE DI GESU'

BRANO PRESO DAL LIBRO

 “IN QUELLA CASA C’ERO ANCH’IO”

di Ferdinando Rancan

ed. Fede & Cultura

 

 

SABATO SANTO:  L’ATTESA


 Il sabato dopo la sepoltura      Quel sabato vide il “riposo di Dio”. Dal giorno della creazione nessun altro sabato conobbe un simile “riposo”. Gesù, Figlio di Dio, Verbo del Padre, colui per il quale tutto è stato creato, giaceva nel sepolcro. Era stata portata a termine la Redenzione. Tutto dunque era compiuto, il tempo era chiuso, non restava che attendere l’eternità. Tutto questo lo sappiamo ora, ma in quel giorno ben altri sentimenti occupavano il nostro cuore. Quanti eravamo nella casa di Marco ci sentivamo in balia dei pensieri più diversi. I discepoli consideravano ormai definitivamente crollato il progetto di Regno che essi avevano accarezzato in cuor loro; a quel punto, eravamo tutti convinti che l’unica cosa che potevamo fare era di tornare in Galilea, come Maria ci aveva ricordato, e attendere.

 

Attendere! In mezzo a quella repentina e assurda catastrofe era questa l’unica cosa che riuscivamo a capire. Attendere, perché eravamo convinti che sulle ceneri delle nostre speranze e dei nostri progetti qualcosa doveva nascere, qualcosa doveva accadere. Non poteva essere un inganno o un’illusione tutto quello che avevamo visto e udito in Gesù; due anni e mezzo di meraviglie, di prodigi, di sapienza così nuova e così alta, non potevano essere cancellati in quel modo. I discepoli tuttavia non riuscivano a dire una parola su tutto questo, si sentivano vuoti e come storditi, e d’altra parte non avevano la più pallida idea di ciò che li attendeva.

Conoscendo Gesù fin dalla nascita e avendo assistito ai fatti più importanti della sua vita, quelli segnati dal sigillo del Padre e dal soffio dello Spirito, io ero sicuro che le cose non sarebbero finite lì, ma cercavo di saperne di più. Perciò durante quel sabato mi tenni il più possibile vicino a Maria; speravo di cogliere da lei qualche accenno su quello che sarebbe accaduto dopo tutto il dolore e tutte le lacrime del giorno precedente. Sì, dovevamo andare in Galilea e attendere, ma attendere che cosa? Attendere Gesù? Sarebbe forse risorto anche lui alla maniera di Lazzaro? Sarebbe poi venuto in Galilea da solo o accompagnato da qualcuno? E avrebbe ricominciato lì il suo ministero? In che modo?... Queste e molte altre erano le domande che si affollavano alla mia mente e che erano nascoste in quell’attesa. Ma da Maria non una parola, non un cenno. Era in mezzo a noi la più serena; si preoccupava di tutti, cercava che fossimo fiduciosi e uniti, e anche che ci riposassimo e ci rifocillassimo; era lei l’unica che in mezzo a quella catastrofe conservava la fede. Tuttavia nessun accenno da parte sua a una qualche previsione.

 

Notizie ci giunsero invece da fuori. Nel tardo pomeriggio arrivò da noi Giovanna, la moglie di Cusa. Era molto agitata e impensierita. Ci disse che era passato da lei Giuda in preda a una forte agitazione; aveva la borsa con molto denaro e voleva consegnarla a lei, ma ella non sapendo che cosa pensare, aveva rifiutato di accettarla e gli suggerì di usare il denaro, come tante volte aveva detto lui stesso, per i poveri. Se n’era andato, sconvolto.

A completare le notizie, arrivò poco dopo Nicodemo. Veniva dal Tempio dove si era incontrato con i sacerdoti e con gli altri del Sinedrio; si mostravano tutti preoccupati come se una strana inquietudine li avesse contagiati. I sacerdoti in particolare apparivano profondamente turbati e scossi da quanto era accaduto la sera precedente. Era accaduto che verso l’ora nona, l’ora della morte di Gesù, si era udito un sordo boato che scosse le fondamenta del Tempio, e un bagliore simile a uno strano lampo si era abbattuto sulla parte più interna del Tempio. Dopo qualche esitazione il sacerdote di turno entrò nel “Santo” dove si trova l’altare dell’incenso per il sacrificio vespertino; enorme fu la sua sorpresa quando vide lacerata da cima a fondo la cortina che separava il “Santo” dal “Santo dei Santi”, che è l’aula più interna e più sacra del Tempio. Era come se fosse stata annullata la separazione, che doveva essere rigorosissima, tra i due luoghi più sacri del Tempio. Quella cortina, impressionante per la grandezza e preziosità, era di un tessuto spesso, pesante, tutta ricamata d’oro, difficilissima quindi da lacerare. Perciò nei sacerdoti, allo stupore si aggiunse il tremore, come se una oscura minaccia gravasse sul Tempio.

I Sinedriti, invece, erano interessati a un ben diverso problema. Si erano riuniti per deliberare su una questione, a loro parere, importantissima: si ricordarono che Gesù aveva parlato di risurrezione e, poiché lo giudicavano un impostore, temevano un colpo di mano da parte dei discepoli, che avrebbero potuto far sparire il corpo di Gesù dando adito alla falsa notizia della sua risurrezione. Deliberarono quindi di inviare una richiesta a Pilato perché sigillasse il sepolcro e vi mettesse a guardia un picchetto di soldati. Dopo quello che aveva concesso, Pilato non ebbe alcuna difficoltà a concedere anche questo.

“Stavo uscendo da quell’incontro - continuò Nicodemo - quando vidi Giuda arrivare di corsa; era trafelato e sconvolto da mettere paura. Lo chiamai: ‘Giuda!’, ma non rispose. Si infilò dov’erano i sacerdoti gridando: ‘Ho tradito! Ho tradito l’innocente! Prendetevi il vostro denaro, non voglio più saperne!’, e agitava la borsa col suo peso maledetto. I sacerdoti lo guardarono - era uno sguardo di ghiaccio - e con un sorriso tra il beffardo e il compiaciuto: ‘Non è questo - dissero - il compenso che hai pattuito? Il nostro impegno noi l’abbiamo assolto; il resto non ci interessa. Non è affare nostro’. A quelle parole Giuda scagliò la borsa verso di loro con gli occhi divorati dal rimorso. I sicli d’argento, usciti dalla borsa, sghignazzarono sul pavimento. Avrei voluto fermare Giuda che, voltatosi, stava dandosi a una fuga disperata. Ma sentivo su di me gli occhi dei Sinedriti pronti a giudicare ogni mia mossa che fosse contraria alla loro legge. Perciò restai fermo, ma li guardai a uno a uno in silenzio. Allora il principe dei sacerdoti: ‘È denaro di sangue, - disse, facendo raccogliere le monete da un inserviente per non contaminarsi - non possiamo usarlo per il Tempio. Avevamo il programma di acquistare un terreno per farne un cimitero per gli stranieri: lo useremo per questo’.”. Nicodemo tacque, ma il silenzio della sala si riempì di nuovi interrogativi e di nuovo tremore.

 

Verso sera arrivarono Marta e Maria di Lazzaro per prendere accordi con Myriam e Salome su come completare la sepoltura di Gesù e avere anch’esse la possibilità di vedere, almeno per l’ultima volta, il Maestro. Sarebbero passate di buon mattino ad acquistare gli aromi necessari ed altre bende per poi recarsi insieme al sepolcro. Maria seguiva tutti quei discorsi in silenzio, continuando a occuparsi dei lavori di casa, e a incoraggiare Pietro e gli altri. Alle donne suggerì soltanto di non fare troppe spese per la sepoltura di Gesù, perché essa non esigeva più di quanto era già stato fatto. Il giorno dopo ci rendemmo conto del perché di questa raccomandazione: Gesù non ne avrebbe più avuto bisogno.

Alla sera ci invitò tutti alla preghiera. Scelse i salmi della fiducia e della speranza. Alla fine ci distribuimmo tutti nelle varie stanze, anche se quasi tutti eravamo ben poco convinti di poter prendere sonno. Solo a tarda sera ebbe il sopravvento la stanchezza.

 

                               IL GRANDE GIORNO:  LA RESURREZIONE


 Il “grande giorno” (n. 1)      Alle prime luci dell’alba le donne erano già in piedi e si affaccendavano nei loro preparativi per andare al sepolcro. Sarebbero passate da Giovanna e con lei avrebbero fatto gli ultimi acquisti di aromi e di quant’altro fosse necessario per completare la sepoltura di Gesù. Quando partirono tornò il silenzio nella casa. Noi, ancora mezzo indolenziti e sonnolenti, restammo nei nostri giacigli, tutti tacitamente d’accordo sul fatto che dovevamo recuperare sonno e riposo.

Era rimasta in casa solo Maria la quale, come sempre, si muoveva in silenzio, leggera come un angelo, per risparmiare rumori e fastidi al nostro riposo. Nel frattempo si era adoperata a prepararci la colazione del primo mattino.

 

Arrivarono intanto i primi raggi del sole e i primi rumori del giorno che misero fine al nostro riposo notturno. Io, indossati in fretta sandali e tunica, mi mossi subito cercando di lei, di Maria. Salii al piano superiore, nella sala grande, il Cenacolo, sicuro che l’avrei trovata lì. Fu così, infatti, ma arrivato sulla porta della stanza mi dovetti fermare: nel vederla fui preso da uno strano senso di stupore e di trepidazione. Stava accanto alla finestra, immobile, come estasiata. Era soprattutto la sua figura a sorprendermi; sembrava un’altra persona: i suoi occhi scintillavano di gioia e di tenerezza, il suo volto era illuminato da un sorriso che mi ricordava quello del giorno dell’Annunciazione quando fu visitata dall’Angelo, tutta l’espressione del suo viso tradiva una felicità intima e misteriosa che doveva nascere da qualcosa di straordinario e di immensamente commovente.

Quando mi vide, mi venne incontro e, abbracciandomi forte: “Figlio mio, - cominciò - il nostro Gesù è ancora con noi! È ancora con noi!... Lo vedrai presto! Lo vedremo tutti! Non dobbiamo più temere, non dobbiamo più soffrire. Il dolore è finito, la paura è passata. Si è avverata la sua promessa, si è compiuta la sua parola. Sia ringraziato il Signore, nostro Dio, sia benedetto nei secoli! Egli ha realizzato per noi le meraviglie del suo amore, ha fatto trionfare la sua potenza e la sua misericordia!”.

Mi parlava con una commozione vivissima e indescrivibile, e nello stesso tempo, raccolta e dignitosa; non aveva nulla di scomposto e di eccitato. Solo alcuni lagrimoni le rigavano le guance come stelle luminose che brillavano di gioia. Stette in silenzio qualche istante; poi mi lasciò e si recò di nuovo alla finestra spingendo lo sguardo in direzione del sepolcro, poi verso il Tempio, poi in alto verso il cielo che andava tingendosi di rosa, poi ancora verso il Monte degli Olivi, infine tutto intorno come se contemplasse un panorama sconfinato o rileggesse in quei luoghi una struggente storia di dolore e di amore. Tutt’intorno tripudiava una primavera che riempiva l’aria di profumi e tingeva la luce di colori.

 

Venne di nuovo verso di me, si fermò a guardarmi con infinita tenerezza e tornò ad abbracciarmi come se volesse trasmettermi la sua gioia. Poi con voce sommessa, quasi mormorando, come se parlasse con sé stessa: “Era bellissimo! - continuò - Bellissimo! I suoi capelli erano tersi e splendenti, i suoi occhi traboccavano bontà e amore, le sue ferite erano pulite e vive, la sua carne luminosa, la veste bianca e splendente! Era bellissimo! Prese le mie mani fra le sue e le stringeva forte; erano ardenti e piene di tenerezza. Le guardai intensamente: erano mani vere, in carne ed ossa. Me le portai alle labbra coprendo le sue ferite di baci, finché Lui me le pose sul capo benedicendomi e infine mi strinse forte al suo Cuore in un abbraccio di paradiso. Era bellissimo!”.

 

Io, fino a quel punto, ero rimasto come interdetto, senza parole e senza pensieri precisi. Approfittai allora di quella pausa per chiederle che cosa mai significasse tutto questo e di che cosa intendesse parlarmi. Allora, come se improvvisamente si svegliasse da un’esperienza ineffabile e tornasse alla realtà: “Hai ragione, figlio mio - disse sorridendomi - hai ragione! Ma lo saprai, saprai tutto molto presto”. Poi si asciugò il volto, si ricompose nell’espressione e: “Andiamo, disse, andiamo a chiamare i tuoi amici. Hanno bisogno di cominciare la giornata con una buona colazione!”.

Pur sapendo che tutto il suo discorso si riferiva a Gesù, avrei voluto chiederle tante cose: “Com’era, da dove era entrato e da dove era uscito, che cosa le aveva detto e perché non s’era fatto vedere anche a noi...”; ma lei mi prese per mano e mi portò verso l’uscita del Cenacolo.

 

Il “grande giorno” (n. 2)      Stavamo scendendo al piano inferiore, quando si udirono pressanti colpi alla porta e la voce di Maddalena che chiamava con insistenza. Andarono ad aprire Giovanni e la madre di Marco. “L’hanno portato via, l’hanno portato via! - cominciò a gridare entrando tutta sconvolta - Il sepolcro è vuoto e chissà dove l’hanno messo!...”. Accorse anche Pietro che cercò di calmarla per capire di chi stava parlando. Ma la sua agitazione era incontenibile, e solo uno scoppio irrefrenabile di pianto mise fine alle sue grida. “Di Gesù, capite? - continuò dopo il primo sfogo - del suo corpo! Il sepolcro è aperto e lui non c’è più!”. E riprese il suo pianto dirotto.

Pietro e Giovanni si guardarono in silenzio e, come se si fossero capiti, infilarono di corsa la porta e presero la strada che conduce al sepolcro. Frattanto erano accorsi anche gli altri e facevano capannello intorno alla Maddalena che, tra i singhiozzi, rispondeva alle loro domande con lo stesso ritornello: “L’hanno portato via!”.

 

Intervenne la Madonna con Maria di Marco che aveva preparato la prima colazione: latte fresco, focaccia di pane azzimo, frutta secca e formaggi. L’invito a tavola incontrò il favore di tutti, e tutti si avviarono parlottando e scuotendo il capo in riferimento alle “allucinazioni” di Maddalena. Essa, con gli occhi gonfi di pianto, era andata a cercare qualche parola di conforto o di chiarimento da Maria, ma prima ancora di riceverne risposta, se n’era già andata correndo verso l’uscita.

I commenti dei discepoli continuarono, tutti improntati allo scetticismo e alla incredulità, non senza qualche frecciata ironica verso quella “esaltata” di Maddalena. Comunque ognuno cercava di esprimere una propria interpretazione e suggeriva proposte sul comportamento da prendere. Ma ecco improvvisamente arrivare il drappello delle altre donne capeggiato da Myriam e Salome, anch’esse sconvolte e in preda a forte agitazione. Furono immediatamente assalite da un fuoco di domande che si incrociavano da ogni parte aggiungendo confusione allo sconcerto.

 

Intervenne allora di forza la padrona di casa, Maria di Marco, imponendo il silenzio e chiedendo a Myriam di raccontare per filo e per segno quello che era accaduto. Myriam, sforzandosi di contenere l’emozione, cominciò a raccontare come, dopo essere uscite di casa, erano passate da Giovanna per fare insieme le spese necessarie per completare la sepoltura di Gesù, mentre Maddalena era corsa per conto suo al sepolcro. Dopo le opportune spese, si diressero anch’esse al sepolcro, preoccupate di come poter levare la pietra dall’imboccatura. Entrate nel giardino, restarono stupite nel vedere intorno al sepolcro i resti di un bivacco militare, ma restarono ancora più stupite nel constatare che il sepolcro era aperto, e la grossa pietra dell’imboccatura rovesciata.

Prese da timore, non ardivano avvicinarsi al sepolcro, anche perché esso appariva illuminato all’interno da due personaggi in vesti sfolgoranti che sembravano fare la guardia. Uno di loro, uscito fuori: “Non abbiate paura, - disse con voce invitante e amabile - voi cercate tra i morti colui che è vivo, Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è più qui. Entrate e guardate il luogo dove lo avevano deposto”. Così dicendo lasciò libera l’entrata e sedette sulla grossa pietra.

 

Incerte e tremanti, Giovanna e Myriam si affacciarono a guardare. Videro il sepolcro effettivamente vuoto; allora il personaggio celeste che era seduto all’altro capo della tavola di pietra, le incoraggiò dicendo: “Non vi ricordate quando, ancora in Galilea, vi diceva che bisognava che egli fosse consegnato in mano ai peccatori, e crocifisso, ma che sarebbe risuscitato il terzo giorno? Non abbiate dunque paura!”. E subito l’altro angelo aggiunse: “Presto, andate a dire ai discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea”. A queste parole, tutte furono prese da trepidazione e da gioia incontenibile e vennero di corsa a portare a tutti l’inatteso e sconvolgente messaggio.

Durante il racconto di Myriam, le altre donne riuscivano con fatica a trattenere la felicità che traspariva dai loro volti, mentre la faccia dei discepoli, muta e immobile, esprimeva perplessità e scetticismo. A riconciliare un poco gli animi, arrivarono a quel punto Pietro e Giovanni. Effettivamente era vero: Gesù non era più nel sepolcro e, precisò Giovanni, non poteva essere stato rubato perché le fasce erano intatte al loro posto e afflosciate, e il sudario ancora come avvolto. Che cosa dunque era accaduto? Giovanni in cuor suo era convinto della risurrezione di Gesù, ma gli altri Apostoli continuavano ad arrovellarsi in mille domande, rimanendo sempre più perplessi e confusi, combattuti tra speranza e scetticismo, senza approdare ad alcuna certezza.

 

Fu in mezzo a tutto quel trambusto che irruppero in casa Cleopa e Mattia; erano stravolti e costernati. Dopo i fatti di quei giorni, avevano deciso di tornare a Emmaus, il loro paese di origine, convinti che ormai era tutto finito. Avevano preso la strada che scende nella valle di Hinnon e che poi risale verso occidente in direzione del mare. Erano arrivati all’altezza della Geenna quando in un campo vicino alla strada notarono un gruppo di persone che guardavano inorridite giù da una scarpata, ai bordi del campo. Scesero anche loro per vedere di che si trattava. In fondo alla scarpata si presentò ai loro occhi uno spettacolo orribile: aveva ancora il cappio attorno al collo, gli occhi sbarrati, la lingua penzoloni, il viso cianotico e il ventre squarciato, forse dai morsi degli sciacalli o di altri animali notturni. Era quasi irriconoscibile, ma era proprio lui: Giuda.

Presi da orrore e raccapriccio, erano tornati per darne notizia ai discepoli, e per ricevere da loro qualche parola di incoraggiamento. Trovarono invece un ambiente surriscaldato, dove le notizie e i pareri più contrastanti si incrociavano in tutte le direzioni, ma tutti all’insegna del dubbio e dello scoraggiamento. Nemmeno la paura era del tutto passata, e ormai non si aspettava altro se non il momento di tornarsene al sicuro in Galilea.

Le donne, in particolare, erano mortificate per la fredda accoglienza riservata alla loro testimonianza e alle loro affermazioni. I più ostinati demolitori di tutto erano Tommaso, Giuda Taddeo, Simone e altri, vicini alla parentela di Gesù. Il più pensoso e incline all’ottimismo era invece Giovanni, che continuava a muoversi intorno a Maria con la convinzione che solo da lei si potevano avere notizie certe e sicure. Maria infatti, oltre che conservare la sua consueta serenità, mostrava la consapevolezza e la tranquillità di chi sa, mentre un’intima gioia traspariva dal suo volto. Si vedeva però che essa si teneva volutamente fuori da ogni discussione e, come sempre, aspettava l’intervento del Cielo.

Cleopa e Mattia, da parte loro, visto che l’ambiente degli Apostoli non era di nessun aiuto, pensarono che la cosa migliore era riprendere il cammino e tornare a Emmaus, seguendo però la strada che esce dalla porta occidentale di Gerusalemme per evitare la valle della Geenna. Dietro ai due discepoli se ne andarono anche le donne alle quali si erano aggiunte nel frattempo Marta e Maria di Lazzaro, Giovanna di Cusa e Maria di Marco, desiderose anch’esse di vedere il sepolcro e rendersi conto dell’accaduto.

Partiti i discepoli e le donne, in casa tornò la quiete e gli animi si placarono alquanto. Ne approfittò Pietro per uscire anche lui con l’intenzione - diceva - di recarsi da Nicodemo o da Giuseppe d’Arimatea per avere da loro qualche conferma.

La quiete tuttavia durò poco. Improvvisamente si udirono i soliti colpi alla porta e la voce di Maddalena che chiedeva insistentemente di entrare. Giovanni corse ad aprire e, come aprì la porta, vide Maddalena buttarglisi al collo abbracciandolo e gridando: “L’ho visto! L’ho visto! È proprio lui; è vivo, è vivo! Mi ha chiamata per nome, come faceva quand’era vivo… cioè quand’era con noi… insomma come mi ha sempre chiamata, con la sua voce calda, inconfondibile! È proprio lui; gli ho baciato i piedi trafitti e le mani piagate, e l’ho chiamato: Rabboni! Maestro mio! Maestro mio!”. E così dicendo si mise a saltellare sulla punta dei piedi come se ballasse, percorsa da fremiti di gioia incontenibile. Giovanni abbozzò qualche tentativo per calmarla e poter capire quello che stava dicendo, mentre accorrevano gli altri Apostoli attirati dalle grida gioiose di Maddalena. Appena se la videro davanti, si fermarono con la faccia coperta di delusione; Tommaso, Simone e qualche altro si allontanarono subito scuotendo il capo, convinti che si trattava di crisi isteriche: “È impazzita! - mormorava Tommaso - È impazzita!”.

 

Calmatasi un poco, Maddalena si guardò intorno e fissò una a una la faccia dei discepoli. Dalla loro espressione e dal loro silenzio capì che le sue parole non avevano riscosso alcun credito. Allora si recò da Maria e prendendole le mani: “Madre! - disse - tu almeno mi devi credere! Non mi sono sbagliata e nemmeno sono vittima di allucinazione. Credimi! Era proprio Gesù, il nostro Gesù, il tuo figlio diletto, il mio amato Maestro e Salvatore! Io lo credevo il guardiano del giardino, ma poi si manifestò chiaramente, con la sua fisionomia, con la sua figura, con la sua voce che tu ben conosci. E mi ha parlato di loro, dei suoi discepoli; li ha chiamati fratelli, e mi ha incaricato di venire qui a dir loro che è vivo e che li vedrà tutti in Galilea”.

Maria le sorrise amabilmente e la invitò a calmarsi, poi se la prese in disparte e: “Figlia mia, - le sussurrò - certo che ti credo! Sono sicura che era Gesù la persona che tu hai visto e che ti ha parlato. Ma tu non meravigliarti se loro non ti credono. Sono ancora troppo sconvolti e impauriti per tutto quello che è accaduto in questi giorni. E poi, ciò che tu hai visto, è un miracolo troppo grande e troppo lontano da ogni aspettativa per essere creduto subito. Inoltre, anche se Gesù ti ha incaricata di avvertire i suoi ‘fratelli’, l’apparizione che tu hai ricevuto, rimane una cosa particolarmente tua, è un dono che il Signore ha fatto a te e lo ha fatto per te; è una carezza che egli ha voluto darti. Perciò conservala nel tuo cuore, custodisci nell’intimo della tua anima la gioia che essa ti ha procurato e che ti ricorda l’affetto e la predilezione di Gesù. Con loro poi non insistere, li convincerà il Signore”.

 

Giovanni, che s’era avvicinato a Maria, chiese a Maddalena di raccontargli di nuovo l’accaduto anche nei particolari. Lo vedevo pensoso e sempre più convinto che si trattava di una cosa seria, per niente inverosimile.

La quiete che l’intervento della Maddalena aveva per un momento compromesso, andò completamente perduta quando, poco dopo, arrivò il gruppo delle donne. C’erano tutte, ed erano vistosamente eccitate. Era successo che, ritornate di nuovo al sepolcro, avevano avuto una apparizione di Gesù che le salutava con affetto nuovo impregnato di pace e di gioia, e le incaricava di annunciarlo agli Apostoli.

Piene di entusiasmo e insieme di timore di non essere credute, tornarono da noi con il desiderio di far rinascere in tutti la ritrovata speranza in Gesù e con la preoccupazione di non riuscire a convincere gli Apostoli. In preda al loro entusiasmo, cominciarono a raccontare l’accaduto agli Apostoli che erano accorsi e a tutti gli altri che erano in casa. Parlavano tutte insieme e tutte volevano manifestare i propri stati d’animo, le proprie emozioni, e raccontare qualche aspetto particolare del loro imprevedibile incontro con Gesù.  La prima conseguenza fu una indescrivibile confusione, tanto che, non riuscendo a interferire con le proprie domande, gli Apostoli cominciarono a dare segni di fastidio e di insofferenza. Man mano che le donne raccontavano, cresceva il loro entusiasmo e diventava sempre più manifesta la loro gioia. Ma tutto questo era controproducente: più esse si infervoravano e più perdevano in credibilità davanti agli Apostoli. Alla fine, il risultato fu che essi le considerarono delle esaltate e giudicarono il loro racconto come vaneggiamento.

La verità è che Gesù volle manifestarsi a coloro che lo avevano cercato con amore e perseveranza, e non a quelli che si erano chiusi nella loro paura e nel loro scetticismo, premiando la generosità delle donne e la sincerità dei loro sentimenti.   (…                                                                     

                                     Don Ferdinando Rancan

 

 Per conoscere meglio la vita di Gesù e il Vangelo invitiamo a leggere il libro

“In quella casa c’ero anch’io”       ed. Fede & Cultura.    Tel. 045/941851

  Con l’approvazione di due Vescovi, di un teologo e di molti lettori qualificati.

 



venerdì 23 dicembre 2022

LA MADONNA RACCONTA. E' NATO PER NOI UN BAMBINO.

 

          E' NATO PER NOI UN BAMBINO 

 

Dal libro “La Madonna racconta”

Di Ferdinando Rancan

Ed. Fede e Cultura

 

NOTA INTRODUTTIVA. In questo libro, che sembra davvero ispirato nonostante l’umiltà dell’autore lo attribuisca a meditazione costante del Vangelo, è la Madonna stessa che narra la sua vita, dalla sua gestazione miracolosa per opera dello Spirito Santo, alla sua “dormitio” cioè all’Assunzione al Cielo in anima e corpo.  La prefazione è del compianto mons. Luigi Negri, già Vescovo di Ferrara, che conosceva l’autore da anni e lo stimava molto.

  

È NATO PER NOI UN BAMBINO

 Da pag. 68 del libro citato.

 Quella sera Giuseppe non riusciva a nascondere la sua preoccupazione; per un momento lo vidi anche avvilito e amareggiato. Non erano da lui questi atteggiamenti, mai lo vidi così seriamente pensoso, quasi paralizzato dal dubbio e dall’incertezza davanti a una situazione difficile. Certamente quella sera pesava molto su di lui la stanchezza: aveva camminato tutto il giorno di casa in casa per reperire un alloggio, anche piccolo ma discreto e con un minimo di confort per la nascita del Bambino, ma inutilmente.

            Giorni prima, andando a deporre la sua iscrizione davanti al pubblico funzionario in ordine al censimento, si era guardato attorno, si era informato, aveva chiesto a conoscenti e a qualche lontano parente senza alcuna risposta, aveva perfino pensato di affittare una tenda ma non riuscì a trovare una soluzione al nostro problema. D’altra parte i sintomi del parto erano ormai evidenti e tutto poteva accadere da un momento all’altro.

            Fu allora che lo vidi entrare in un profondo raccoglimento: si sedette, appoggiando i gomiti sulle ginocchia, la fronte sulle dita incrociate, gli occhi socchiusi come se proteggessero i moti dell’animo, e un silenzio interiore, irraggiungibile dal chiasso e dal confuso vociare del caravanserraglio, proteggeva la sua preghiera che certamente fluiva dal suo cuore e che io percepivo per averlo sperimentato tante volte, vivendo accanto a lui. Sentivo infatti che il Signore lo stava ascoltando e lo stava illuminando.

             Lasciò infatti passare alcuni minuti, poi si alzò con decisione, mi guardò col volto rilassato e sereno, mi passò una carezza sul capo e aiutandomi ad alzarmi: “Su – disse –dobbiamo andarcene di qui”. La nascita del nostro Bambino non poteva avvenire lì, in mezzo alla confusione, alla sporcizia, al disordine di un caravanserraglio, sotto gli sguardi incuriositi di estranei che non avrebbero capito quale significato poteva avere quella nascita e chi era quel Bambino che veniva alla luce in quel modo così singolare. Meglio un rifugio naturale, lontano dall’indifferenza e dalla vana curiosità della gente, protetti dai nostri angeli e custoditi dalla provvidenza del cielo.

D’altra parte, alla luce di quella preghiera, Giuseppe e io avevamo maturato la convinzione che non furono tanto gli uomini a chiuderci la porta in faccia quanto piuttosto una precisa volontà di Dio che, come sempre, conduceva gli avvenimenti a modo suo. Come infatti nessuno sapeva né poteva sapere come Gesù era sbocciato nel mio grembo, così nessuno doveva assistere alla sua nascita, perché quel parto era un segreto di Dio, della sua onnipotenza, e solo il cielo e gli Angeli potevano esserne testimoni.

            Giuseppe, dunque, raccolte le poche cose che avevamo portato con noi, (non mancarono i panni e le fasce che sarebbero servite all’occorrenza) sellò il nostro asinello e senza dilungarsi in saluti e spiegazioni, ci accomiatammo dalle persone e lasciammo il caravanserraglio. Dovevamo approfittare degli ultimi raggi del sole per trovare ancora una soluzione idonea alle necessità di quel momento.  Ancora una volta l’intuito di Giuseppe – e sicuramente l’aiuto dei nostri Angeli – ebbe un provvidenziale successo: prendemmo il declivio che da fuori Betlemme porta alla strada per Ebrom, ed ecco, lì, sotto una cengia, una grotta ampia e sicura che sembrava fatta proprio per noi. 

Giuseppe mi fece attendere un po’ lì fuori, aiutandomi a sedere su una sporgenza della roccia coperta di morbido muschio, mentre lui si accingeva, con un rastrello trovato lì dentro e una scopa di rami secchi allestita alla buona, a ripulire alla meno peggio l’abitacolo. All’improvviso il fruscio della scopa venne interrotto da un forte muggito proveniente dal fondo buio della grotta. Giuseppe prese la lanterna, si avvicinò, e vide un placido bue, comodamente sdraiato, che ci voleva dare, a modo suo, il benvenuto. Collocammo lì accanto anche il nostro asinello mentre Giuseppe si affrettò a preparare con del fieno fresco e profumato trovato in un angolo della grotta, sul quale aveva steso il suo mantello, una specie di lettuccio sul quale mi adagiai con evidente sollievo.  Anche Giuseppe, alla fine, stanco, ma soddisfatto dell’abitacolo ben ripulito e intiepidito dal calore dell’animale, si riposò lì accanto e si addormentò.

Proprio lì, nel cuore della notte, ci fu dato Gesù.


            Figlio mio e figlia mia, chi mai potrà dirvi, e io stessa come potrei descrivervi quello che accadde in quella notte? Nel silenzio di tutto il creato quella grotta mi apparve come il centro dell’universo. Avevo sentito il Bambino sussultare nel mio ventre e poi, all’improvviso, non so come, me lo vidi tra le braccia, nudo ma pulito e profumato, come se fosse uscito da un bocciolo di rosa. Lo accarezzai e lo strinsi fra le mani che tremavano di commozione, quasi per assicurarmi che era vero. Era proprio un Bambino, in carne ed ossa, morbido come un batuffolo. Giuseppe avvicinò la lanterna per illuminarlo da vicino: ci fermammo a contemplarlo in silenzio, con gli occhi lucidi e il cuore che batteva forte. Non trovammo parole, ma i nostri sguardi che si incontrarono pieni di stupore e di meraviglia, e il nostro sorriso che traboccava di felicità, dicevano molto più di quanto potevano le parole. Passarono alcuni istanti, intensi e dolcissimi, poi Giuseppe ripose la lanterna e prendendo nelle sue braccia con forza e delicatezza me e il Bambino: “Maria cara, sussurrò, è Gesù! Il nostro Gesù! Ed è stupendo! Bellissimo...! Grazie, amore mio!”

            A questo punto il Bambino emise il primo vagito; era il suo saluto, il suo “Eccomi!”. Lo coprii con i panni di lino e lo avvolsi nelle fasce con ogni cura e con un po’ di trepidazione, come chi prendeva per la prima volta tra le mani una creatura appena nata. Gesù si lasciò fare con incantevole docilità mentre Giuseppe si dedicava a trasformare la mangiatoia in una culla. Improvvisamente, come d’impulso, presi il Bambino e lo avvicinai alla mia guancia: pelle con pelle, era un contatto che parlava il linguaggio dell’intimità intensamente gratificante che è propria esclusivamente della madre con la sua creatura. Gesù strisciò per qualche istante la sua guancia sulla mia, poi istintivamente aprì le sue piccole labbra come per cercare qualcosa: era la sua prima richiesta di Bambino appena nato. Allora scoprii i miei seni che si erano fatti turgidi e caldi e li avvicinai alla sua bocca. Egli si aggrappò al seno più vicino e cominciò a succhiare aprendo i suoi occhi di neonato verso di me.

Come potrei manifestare l’emozione, i pensieri, i sentimenti che inondavano l’anima mia in quei momenti? Erano, sì, i moti inesprimibili dell’animo che ogni donna prova quando stringe per la prima volta tra le sue mani la sua creatura… sente che ha ricevuto un dono immenso, un tesoro che non ha prezzo e che le viene affidato come un regalo prezioso tutto per lei; tuttavia quel “dono” che stringevo al mio petto non era un Bambino come gli altri bambini, era un dono specialissimo, in un senso molto più profondo e unico. Non l’avevo infatti scelto né voluto io, era stato lui a scegliere me, a volermi come madre sua. Sentivo che lui mi apparteneva ma che anch’io gli appartenevo come nessun’altra madre al mondo.

 

L’unico sentimento che poteva contrastare all’immensa felicità che fluiva dentro di me riguardava il mio amato Giuseppe. Il pericolo che egli non si sentisse partecipe, anzi, quasi estraneo, a quanto avveniva in me era un’insidia alla pienezza della mia gioia. Volli dissipare questo timore, e guardando Giuseppe con un sorriso pieno di affetto distesi le braccia verso di lui e gli offrii il Bambino: Gesù non era solo per me ma anche per lui, era anche suo, e non doveva quindi sentirsi soltanto “custode” di Gesù, ma anche “padre”, di una paternità che veniva dal Cielo. Giuseppe prese il Bambino, se lo strinse al petto e guardandomi, ripeté con voce commossa: “È il nostro Gesù! È il nostro Gesù! Grazie, Amore mio!”.

            Tuttavia questi sentimenti che riguardavano la mia persona e quella di Giuseppe si mescolavano con altri sentimenti che mi venivano da lontano e mi portavano lontano. Così ritornavano alla mia mente le parole del Profeta Isaia coniugate al plurale: “Un Bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio… egli porta con sé i segni della sovranità e viene invocato con nomi che nessuno può vantare: Consigliere mirabile, Dio potente, Principe della pace…”. Pensando a queste parole i miei occhi si velarono, la grotta dove eravamo non c’era più, era diventata il centro dell’universo e vedevo nel Bambino Gesù che tenevo tra le braccia un dono per tutte le Nazioni della terra. Su di lui si concentravano tutte le attese, le speranze, i desideri dell’umanità. Il mio Bambino non era solo per me, era per tutti i popoli della terra. Questi pensieri andavano e venivano dentro di me e si trasformavano in espressioni di adorazione, di lode, di amore, di rendimento di grazie…

 

            Nel silenzio del creato voci celestiali si dissolvevano sui campi e sui monti di Betlemme e richiamarono l’attenzione di Giuseppe che uscì dalla grotta per ascoltare la notte. Nel cielo turchino un tripudio di stelle esultava di gioia e di stupore. “Sono gli occhi degli Angeli, pensò, che contemplano il commovente mistero di questa grotta che è diventata il cuore del mondo. E lo sentii sussurrare una preghiera impregnata di meraviglia e di lode al Signore. D’improvviso egli rientrò con aria sospetta. Sta arrivando qualcuno, mormorò. Ma subito si ricompose e con un tono calmo e sereno: “Sono certamente Angeli buoni, continuò, non dobbiamo temere!”. Dai recinti infatti che custodivano i greggi, cominciarono ad accendersi silenziose lanterne che muovevano lentamente verso la grotta disegnando sentieri di luce nell’aria notturna che si era fatta tiepida e dolce. Attirati dalla luce della grotta si presentarono a noi, stupiti e quasi increduli davanti al Bambino e davanti a me che non accusavo nessun sintomo di un parto appena concluso.

Che uomini stupendi quei pastori! Tipi rudi, forti, ma di una semplicità incantevole che li ha portati a credere nel Bambino e ad adorarlo. Erano persone che non godevano di alcun credito presso gli uomini che contano, ma erano graditi a Dio. Nei loro volti c’era la meraviglia per ciò che si presentava ai loro occhi ma anche la gioia per una certezza che liberava il loro cuore da ogni dubbio e da ogni timore. “Si, dicevano tra loro, il Cielo non ci ha ingannati! Questo Bambino è per noi. Il Signore è venuto a liberarci!”.

            Anche quella grotta spalancata sotto i cieli e lontana dalle città degli uomini, faceva riferimento a tutti i luoghi della terra e a tutti i tempi dell’uomo e parlava della disponibilità di Dio. Se Gesù fosse nato nella reggia di un re (era infatti di stirpe regale) chi avrebbe potuto visitarlo? E se fosse nato nella casa dei potenti e dei sapienti del mondo, chi avrebbe potuto avvicinarlo? E se fosse nato in un albergo, o nella casa di un privato, chi lo avrebbe cercato? Quella grotta dunque, mi appariva come un grembo materno aperto sul mondo che offriva quel dono immenso del Cielo, il mio Bambino, all’umanità intera perché ogni uomo che percorre il sentiero dell’umiltà e della semplicità possa trovare in lui la salvezza e la pace.

            Vedendo quei pastori ho capito che il Bambino che io tenevo nelle mie braccia non era solo mio, né soltanto per me. Apparteneva ad ogni uomo, era per tutti i popoli della terra. Quel Bambino era dunque anche tuo, è venuto anche per te. Se hai la semplicità e l’umiltà dei pastori lo puoi prendere in braccio, cullarlo e dirgli le parole affettuose che il tuo cuore ti ispira, ma anche adorarlo, benedirlo, invocarlo come tuo Redentore col nome dolce di “Gesù mio e Dio mio”. Al pensiero che Gesù è anche tuo e può esserlo per ogni uomo che voglia incontrarlo, anche oggi come in quella notte la mia anima si riempì di gioia.


 dal libro "La Madonna Racconta"

di Ferdinando Rancan

la casa editrice Fede e Cultura  

a richiesta, lo spedisce a domicilio.

(pag. 202 euro 15.00)    -  tel. 045/941851.

 

giovedì 11 agosto 2022

CODICE RATZINGER, ANDREA CIONCI E DON MINUTELLA

https://youtu.be/96H4yvqBFAE     


In questi video di cui il link qui sopra, don Minutella verso la fine lancia quasi un’anatema contro la falsa chiesa bergogliana con una forza e soprattutto con una grande sofferenza di chi si rende conto del grande inganno che stiamo passando.

 

Finora tutte le catechesi di d. Minutella sembrano essere in sintonia col Magistero perenne della Chiesa. Sappiamo che d. Minutella è stato uno dei primi a capire l’inganno della nomina del secondo papa detto Francesco che papa non è. Ha capito che, qualunque fossero stati i motivi che avevano spinto papa Benedetto ad un’azione così fuori regola ed eccezionale nella storia della Chiesa, sotto ci doveva essere qualche manovra losca e che pertanto il PAPA RIMANEVA BENEDETTO A TUTTI GLI EFFETTI.

 

A dire il vero, stessa percezione ho avuto anch’io da subito e molti altri con me, a quanto pare, cioè di qualcosa di irregolare e di grave che aveva costretto Ratzinger a questo gesto che non si capiva bene se erano vere dimissioni o rinuncia coercitiva o simile e che in tutti i casi, l’unico vero Papa rimaneva Lui!

Molto emblematica infatti è sempre rimasta quella frase pronunciata il giorno del suo insediamento che dice cosi: " pregate per me perché non fugga davanti ai lupi".  Povero Papa Benedetto! Questi lupi dai quali si era sentito minacciato dall’inizio lo hanno condizionato a tal punto da costringerlo a fuggire forse perché non poteva scendere a compromessi con la sua coscienza e ancor meno con la dottrina della Chiesa. Purtroppo molti hanno interpretato male questo suo gesto come segno di codardia o pusillanimità o peggio ma si sbagliano di grosso e se non torniamo tutti compatti a ripristinare la GIUSTIZIA RICOLLOCANDOLO SUL TRONO DI PIETRO, non usciremo dal tunnel in cui l’Italia è entrata.

 

Tuttavia nei primi due/tre anni dall’insediamento di Bergoglio la situazione non era ancora così evidente come emerso più avanti con tutti gli scandali, le profanazioni e le idolatrie di cui ha fatto sfoggio un Bergoglio sempre più sicuro di sé e del silenzio colpevole di tutti i Vescovi.

 

Poi pero col passare degli anni e vedendo la miracolosa longevità che Dio ha voluto concedere a Papa Benedetto, qualcuno ha voluto indagare più a fondo ed è emersa la verità della DECLARATIO documento latino con cui Benedetto lasciava solo il Ministerium al successore provvisorio diciamo così, mentre il MUNUS, CIOÈ IL MANDATO, L’INVESTITURA DIVINA SPETTAVA ANCORA A LUI E SE LA TENEVA STRETTA NELLA CONSAPEVOLEZZA CHE PRIMA O POI GLI SAREBBE STATA RICONOSCIUTA, non per motivi di orgoglio personale bensì per rispetto della Verità e della Giustizia.

 

Questo merito della ricerca studiando la DECLARATIO va ad alcuni giuristi come il giudice Giorgianni e l Avv. Taormina, oltre al card. Brandmuller e a molti altri studiosi, ma chi si è sentito spinto interiormente ad approfondire la verità su queste strane dimissioni e mettere tutto per iscritto è stato il giornalista e cronista dott. ANDREA CIONCI che ha riportato queste sue ricerche su un libro divenuto il secondo best- seller nelle vendite italiane dal titolo CODICE RATZINGER che invito a comprare e leggere perché abbiamo il dovere di conoscere la verità su un argomento che riguarda non solo la nostra vita terrena ma soprattutto quella eterna.

 

I PRO E I CONTRO.

L'OSSESSIONE DEL  "UNA CUM..."

 

Dopo aver lodato nella prima parte l’arguzia di don Minutella nell’aver da subito individuato il vero Papa in Benedetto XVI, cioè sin dal giorno delle sue dimissioni e anche dopo nel giorno fatidico del 13 marzo 2013 data di insediamento di Bergoglio, avendo lui rinunciato solo al “ministerium” ma non al “Munus”, adesso veniamo alla questione tanto discussa che è diventata il caval di battaglia molto insidioso di don Minutella.

 

Il punto debole e contraddittorio di don Minutella, quello che ha impedito a moltissimi suoi fans di continuare a seguirlo, è il fatto di essersi incaponito con quella frase ormai diventata maniacale “UNA CUM PAPA FRANCISCO”, frase che renderebbe addirittura invalida la Santa Messa, secondo lui, mentre invece non è affatto così, come ha esaurientemente contestato e chiarito il prof. Giovanni Zenone direttore di “Fede & Cultura” sulla base non di sue invenzioni ma del catechismo e dei documenti del codice diritto canonico. Tutto confermato da sacerdoti e Vescovi di tutto rispetto consultati da molti di noi in proposito, i quali sarebbero pure felici di celebrare la Messa nominando Papa Benedetto ma non è possibile, almeno ufficialmente, finchè non ci sarà un pronunciamento della Chiesa o di qualche autorità ecclesiastica.

 

            Non possiamo fare di testa nostra, dando una lezione al Clero e Vescovi a forza di disertare la Messa per far notare che il popolo di Dio non ci sta e non la frequenta più! Non funziona così con le cose di Dio.  La Messa non è come un convegno del sindacato dove si può boicottare l’incontro per dare una bella dimostrazione ufficiale della nostra disapprovazione! La Messa non è un’invenzione umana, una preghiera comunitaria che ci aiuta nei momenti di bisogno, che ci permette la fraternità fra noi credenti e ci fa scegliere il prete di nostro gusto e il Papa più adatto ai nostri tempi.  La Messa è innanzitutto AZIONE DI CRISTO, al di là e al di sopra dello stesso sacerdote celebrante che può essere anche in peccato mortale ma la Messa rimane valida, e anche al di sopra del nome del Papa più o meno degno, vero o falso, che il momento storico ha designato!  La Messa, azione di Cristo, supera tutto questo per volere di Dio.

 

Oltretutto se davvero la Messa con Papa Francesco fosse invalida, il primo a fare questa segnalazione non piccola sarebbe stato lo stesso Papa Benedetto no? E invece dopo ben nove anni, non è questo l’argomento che lo assilla, a quanto pare, ma il fatto che nessuno si sia reso conto finora delle sue segnalazioni, dei suoi messaggi in codice, del suo SOS accorato ma nascosto perché in sede impedita e controllato dai nemici suoi e della vera chiesa di Gesù Cristo anch’essa prigioniera della cosiddetta “Mafia del Sangallo” un gruppetto di cardinali che hanno organizzato tutto questo disastro per mettere sul trono di Pietro uno dei suoi: un antipapa.

 

ANALISI DELL  UNA CUM.  In tutti i Canoni della Messa, che sono 7 più l'ultimo più recente, dove viene riportata la preghiera che riguarda il Papa, non appare MAI l'espressione che scandalizza don Minutella "in Comunione col Papa Tizio o Caio..." ma si invitano semplicemente i fedeli a pregare per il Papa... e il Vescovo... 

Prendiamo ad esempio il Canone n. 1, il più importante e completo del Novus Ordo, detto Canone Romano, nel quale viene esplicitamente scritta questa preghiera in riferimento al Papa e al Vescovo: “...Noi te lo offriamo (questo sacrificio) per la tua Chiesa santa e cattolica perché tu le dia pace e la protegga, la raccolga nell’unità e la governi su tutta la terra “con il tuo servo e nostro Papa… e il nostro Vescovo….” E con tutti quelli che custodiscono la fede cattolica trasmessa dagli Apostoli.”

 Come si vede, vengono semplicemente invitati i fedeli a pregare per il nostro Papa e Vescovo e non si fa assolutamente cenno all'espressione “in comunione con lui”. 

Il massimo della concessione si trova nel Canone n. 2 che è quello più breve e più usato, dove si usa un'espressione simile ma del tutto diversa che dice "in unione” col nostro Papa... e col nostro Vescovo ..." ma non si accenna mai alla “comunione” col Papa.

 

Essere in comunione col Papa è soprattutto una questione interiore di ciascun credente, come affermò anche papa Benedetto in una sua frase sull’argomento, cioè si invita ciascun fedele, compreso il sacerdote, a celebrare la Messa “in comunione col Papa” e non contro di esso, come lo stesso Papa deve essere in comunione in cuor suo, con tutta la Chiesa. La cosa è reciproca, nessuno escluso, ma nelle intenzioni può leggere soltanto Dio perché le autorità possono dare solo delle direttive di base.

 

Allora ci domandiamo “dove sta il problema?” Quel problema così grosso e insormontabile per il quale don Minutella è diventato di colpo inflessibile e duro a tal punto da considerare peccato mortale il fatto di assistere a quella Messa che lui ritiene invalida come se fosse una Messa eretica?

E tutti noi del popolo di Dio che seguiamo al 99,7 percento questa Messa in tutto il mondo, vale a dire quelli dell ’UNA CUM, dovremmo ritenerci "ERETICI" O SCISMATICI"? Mentre la maggior parte di noi sta con Papa Benedetto ma senza per questo abbandonare la Santa Messa accettata dalla Chiesa e pertanto valida.  Ma chi si crede di essere don Minutella? Il grande riformatore che crede di poter affrontare una battaglia epocale come quella per il soglio pontificio invitandoci ad abbandonare l’unica arma spirituale veramente efficace in nostro possesso che è la Santa Messa? Qualcosa non quadra in questo suo progetto che puzza!! Apriamo gli occhi.

 

La Messa è azione soprannaturale, agisce, come afferma il catechismo della Chiesa cattolica, EX OPERE OPERATO, cioè indipendentemente dalla santità sia del celebrante che del Papa o del Vescovo menzionati nella messa. 

Le tre condizioni essenziali per la validità della Messa sono 1. Materia – 2 Forma – 3 Ministro, laddove come MATERIA è prevista l’Ostia con pane di frumento e il vino d’uva; per la FORMA sono previste le Parole pronunciate da Gesù nell’ultima cena e non altre, e per MINISTRO è previsto il sacerdote regolarmente ordinato dal Vescovo con il sacramento dell’Ordine Sacro e non un frate o consacrato qualunque. 

DECLARATIO.  Detto questo, noi siamo comunque caldamente invitati a tenere in considerazione la validità delle parole della DECLARATIO di Papa Benedetto che spiega che il Papa è uno solo ed è Lui. Noi abbiamo saputo più tardi anche dalla confessione di un cardinale del gruppo della mafia del Sangallo pentitosi prima di morire, il card. belga Daneels che è stato organizzato un complotto al fine di sostituire Ratzinger con Bergoglio perché la massoneria di cui Bergoglio non fa mistero di appartenere presentandosi con orgoglio accanto ai Rotchild e Rockefeller aveva decretato nei suoi dieci punti di invadere i seminari (già accaduto) rovinando i futuri preti e di arrivare fino al soglio di Pietro per demolire la chiesa dall’interno, come sta avvenendo. Tutto questo fa parte anche di certe Profezie, vedi la Caterina Emmerich, padre Pio, Fatima, La Salette… tuttavia non ci dispensa dal dovere di CERCARE LA VERITA’ SENZA MAI FERMARSI, e poi viverla a costo di perdere benefici e sussidi e beni e altro, perché se saremo fedeli il Signore ci darà il cento per uno su questa terra oltre alla vita eterna che conta di più.

Noi preghiamo con fiducia perchè il Vicario di Gesù Cristo che è PAPA BENEDETTO, (avendo Bergoglio eliminato perfino questo suo titolo dall'annuario pontificio se ci fosse ancora qualche dubbio), possa tornare presto a riprendere il Soglio di Pietro per il bene non solo dei cattolici ma di tutta l'umanità perchè RIPRISTINARE LA VIRTU' DELLA GIUSTIZIA DENTRO LA CHIESA E' COME RIACCENDERLA PER IL MONDO INTERO ASSIEME ALLA LIBERTA’.

Lunga vita a Papa Benedetto XVI.  Christus vincit.

                                     patrizia@patriziastella.com


LINK  PAPA BENEDETTO E L'ANTICRISTO   di don Minutella

https://youtu.be/AldIaHsToS4