PRESENTAZIONE
di
mons. Luigi Negri
Accompagno
con poche ma intense osservazioni questo libro che mi si è rivelato, nel corso
della lettura, come singolarmente straordinario nel senso di non riducibile a
un’ordinarietà di esperienza e di discorso.
La
natura specifica di quest’opera è di contenere una serie di confidenze che la
Madonna Santissima comunica a un’anima innamorata di Lei e della fede.
Certamente l’immagine della Madonna è quella di colei che ha condiviso fino in
fondo la vita del Signore in tutti i momenti della sua esistenza, ma
significativamente l’attenzione è rivolta al periodo in cui — dalla Risurrezione
all’Ascensione — ella ha rappresentato il punto di riferimento umanamente
affettivo per gli apostoli e i discepoli, ovvero quella prima comunità
ecclesiale che si è formata a Gerusalemme dopo la Risurrezione e che avrebbe
avuto la sua inesorabile e obiettiva realtà nella Pentecoste.
Inizialmente
ho provato un certo disagio, avvertendo su di me la legittima domanda dei
lettori: è davvero soprannaturale la provenienza di queste confidenze? Oltre a
verificare che in queste confidenze non c’è altro se non il puro dogma
cattolico, e mai una frase di esagerazione o di esorbitanza, mi sono
tranquillizzato — appunto perché non tocca a me formulare un giudizio sulla
natura di questa confidenza — quando ho capito un aspetto che io reputo
essenziale e che ritengo l’apporto più significativo di questo libro: che sia
una grande testimonianza di affezione alla Madonna, a Cristo e alla vita della
Chiesa.
La
confidenza è come l’espressione di un rapporto straordinario fra la Madonna e
l’anima di questo sacerdote, dove si fa fatica a distinguere, come avviene
sempre nei rapporti intensi, l’oggetto della comunicazione della Madonna e
l’oggetto della comunicazione dell’anima.
In
altre parole la chiave del libro è questa confidenza reciproca che si presenta
come un unico dialogo che fluisce nella profondità di un rapporto personale
senza nessuna particolare connotazione di soprannaturalità, perché è lo stesso
dialogo che il popolo cristiano ha avuto per secoli con la Madre del Signore,
fatto di invocazioni e di confidenza.
Siamo
di fronte ad una grande testimonianza di quale sia il livello di serietà, di
profondità, di verità anche affettiva a cui possa arrivare il rapporto fra il
cristiano e la madre del Signore, con sullo sfondo la vita e la presenza del
Signore stesso, là dove il cammino di fede è adeguatamente vissuto.
Dentro
l’insegnamento di questo libro mi sembra che ci siano più specificatamente
alcune caratteristiche. In questo dialogo la Madonna è presente in forza del
suo rapporto con Cristo: un rapporto totalizzante, che ha preso compiutamente
la sua vita.
È
presente come giovane madre con le grandi promesse che aveva ospitato nel suo
cuore e con la fatica dell’educazione di un bambino e poi di un ragazzo, con i
limiti che ogni rapporto educativo ha, e quindi non senza difficoltà, non senza
qualche momento di sconforto, ma sempre rinnovando la sua dedizione totale al
Figlio, fino all’inizio del suo ministero pubblico o, come dice l’autore, “fino
a quando non sparì nel mondo”.
La
Madonna è dentro questo Mistero come una donna, con tutta la sua femminilità, e
il dialogo ininterrotto fra il suo cuore e quello del Signore diventa la strada
per la maturazione della sua personalità, fatta di profonda immedesimazione con
la vita di Cristo fino a sperimentare in pienezza assoluta la gloria del
Signore crocifisso e risorto in Lei.
Mi
pare che questo testo non sia affatto oleografico. Si presenta con la chiarezza
e la semplicità di una donna che cresce quotidianamente nell’amore al Figlio e
alla sua missione e che assume, per mandato del Signore, una responsabilità di
aiuto, discreto e fortissimo, alla comunità nascente; un aiuto discreto e
fortissimo che continua in ogni stagione della vita della Chiesa.
Così,
allo stesso modo, coloro che sono coinvolti, non sullo sfondo ma nel centro di
questo dialogo — perché gli apostoli, i discepoli e le donne fanno parte di
questo dialogo fra la Madonna e l’anima assetata di Lei — sono presenti
ciascuno con la propria personalità, con le proprie caratteristiche e sono
oggetto da parte di Maria di incoraggiamento, di sostegno e qualche volta di
discretissimo rimprovero.
La
comunità è fatta di persone vive che portano dentro di essa ciascuno la propria
personalità, senza riduzioni, senza amplificazioni, senza indebite limitazioni.
È una comunione in cui ciascuno emerge e cresce nella sua obiettiva
personalità.
L’insegnamento
che ho ricevuto da queste pagine è che vi sia rappresentata in maniera
singolare l’esperienza della comunione cristiana, che nasce dal riconoscimento
di Cristo fra i discepoli e viene rinnovata dopo la discesa dello Spirito Santo
in modo assolutamente definitivo. È l’immagine della Chiesa nella sua
oggettività solenne o istituzionale, e insieme nella sua tenerezza familiare.
Mi
sembra che attraverso il dialogo fra il cuore di Maria e il cuore di
quest’anima appassionata di Lei sia significativamente raccolta la verità
dell’espressione “la Chiesa è la famiglia di Dio”.
Mons.
Luigi Negri
Arcivescovo di
Ferrara-Comacchio.
n. 3
INTRODUZIONE
Di Ferdinando Rancan
Le pagine di questo
libro vorrebbero essere la risposta a numerose richieste rivolte all’autore da
persone che desiderano alimentare la propria devozione alla Santissima
Vergine. Tali richieste mettevano
l’autore in un forte imbarazzo: che cosa mai si poteva dire in aggiunta a tutto
quello che è già stato detto e scritto in tanti secoli sulla figura e sulla
missione di Santa Maria e sul posto che essa occupa nei disegni di Dio, nella
Chiesa e nella vita dei cristiani?
Esiste una letteratura immensa e ricchissima che ci parla della Madonna:
teologia, ascetica e pietà popolare hanno prodotto pagine stupende in onore
della Madre di Gesù, pagine che hanno nutrito e continuano a nutrire la vita
spirituale di intere generazioni di credenti. Che dire poi di tanti testi
stupendi che parlano della Madonna nella Liturgia della Chiesa e nei documenti
del Magistero?
Tutto questo costituiva
per l’autore un ostacolo insormontabile e gli forniva un motivo più che valido
per non prendere in mano carta e penna, così da evitare il rischio di cadere su
un terreno scontato, su cose già dette mille volte, con tanta unzione e
sapienza, da santi e da teologi. Bastava quindi attingere all’immenso
patrimonio di dottrina e di pietà mariana che è a nostra disposizione nelle
mani della Chiesa.
Sennonché nella mente
dell’autore rimaneva, sia pure in sordina, il conflitto sulle decisioni da
prendere. Il rifiuto gli appariva un’ingratitudine verso Colei che fin dalla
tenera infanzia l’aveva custodito e protetto, mentre l’accettazione della
proposta, anche se nessuno avesse letto queste pagine, poteva diventare un
gesto d’amore personale verso Colei che gli aveva dato Gesù e gli aveva
insegnato ad amarlo.
Fu
a questo punto che affiorò nella mente dell’autore un’affermazione, attribuita
a San Bernardo, che dice: “De Maria numquam satis”, “Non si parla mai
abbastanza di Maria”. Questa affermazione
mise fine a ogni interiore incertezza e spinse l’autore ad aderire pienamente
alla proposta. Ma allora, che fare?
Forse ridire in modo nuovo le molte cose, o almeno le principali fra le
tante, scritte sulla Madonna lungo i secoli?
L’autore
si accinse a prendere in mano i testi mariani a cominciare dal primo millennio.
Davanti a migliaia di pagine che raccolgono le riflessioni profonde e
commoventi dei Padri e dei Dottori della Chiesa, e pensando poi alle altre
migliaia di pagine scritte nel secondo millennio, l’autore fu assalito dallo
scoraggiamento e dalla tentazione ancora più forte di abbandonare l’impresa.
Cosa poteva mai balbettare, lui, fra tutte quelle voci solenni che hanno fatto
risuonare nel tempo le glorie di Maria e le suppliche degli uomini?
Già!
gli uomini. Tutte quelle pagine contengono ciò che gli uomini hanno detto di
Maria. Uomini dotti e santi che hanno cercato di penetrare profondamente il
mistero della Vergine Madre, ma pur sempre uomini. E la Madonna? Avrà pur detto anche lei qualcosa agli uomini!
Non solo a qualcuno in qualche apparizione privata, il cui contenuto si limita
spesso alla materna esortazione alla penitenza, alla conversione e alla preghiera
per i peccatori, ma una parola di sé, una qualche confidenza di ciò che lei ha
vissuto ed è passato nel suo cuore l’avrà pure compiuta la Vergine Santa!
Questo pensiero, che in
fondo rivela un desiderio nascosto nel cuore di ciascuno di noi, trova
riscontro in una preghiera che San Giovanni Paolo II rivolge alla Madonna di
Loreto. Così egli si esprime: Maria,
Madre del sì, tu hai ascoltato Gesù, conosci il timbro della sua voce e il
battito del suo cuore. Ebbene… parlaci
di Lui, raccontaci il tuo cammino per seguirlo nella via della fede. Maria, che
a Nazareth hai abitato con Gesù, imprimi nella nostra vita i tuoi sentimenti,
la tua docilità, il tuo silenzio che ascolta… Maria, parlaci di Gesù, perché la
freschezza della nostra fede brilli ai nostri occhi e scaldi il cuore di chi ci
incontra…
Ora,
il luogo ovvio dove cercare eventuali confidenze di Maria dovrebbe essere
naturalmente il Vangelo. Agli Apostoli e ai primi discepoli la Madonna avrà
certamente raccontato molte cose. Ma proprio lì, nel Vangelo, scopriamo che
Maria è la donna del silenzio. Si sa che
per una donna il silenzio rasenta l’eroismo, ma qui il silenzio di Maria non
rappresenta semplicemente il dominio sulla propria femminilità, ma
l’atteggiamento tutto soprannaturale di chi custodisce nel cuore, avendolo
servito fedelmente, il disegno di Dio che opera silenziosamente ma
efficacemente per la salvezza dell’umanità.
Tuttavia,
il Vangelo riporta alcune espressioni della Madonna che, pur essendo
pochissime, sono però preziose perché fanno riferimento a interventi
fondamentali di Dio nella vita di Maria. Innanzitutto l’incontro con l’Angelo,
quando la Madonna si dichiara la “serva del Signore”, e fa un riferimento a
Giuseppe per dire che non l’avrebbe mai “conosciuto”; l’incontro poi con
Elisabetta, quando esplode nel Cantico di lode al Signore perché ha guardato
all’umiltà di questa sua serva per compiere in lei cose grandi; infine in due
circostanze Santa Maria si rivolge direttamente a Dio: una nel tempio a
Gerusalemme alla ricerca di Gesù, per chiedergli quale significato avesse il
suo comportamento umanamente ingiustificabile, l’altro a Cana per chiedergli di
dare un segno della sua identità messianica che confermasse nella fede i suoi
primi discepoli.
Queste
espressioni della Madonna sono importanti perché riferiscono verità
fondamentali della nostra fede, ma lasciano ancora avvolto nel mistero il mondo
interiore della Madonna. A questo punto il nostro desiderio di ascoltarla sarebbe
rimasto inappagato, se l’evangelista San Luca, colui che raccolse le più intime
confidenze di Maria, non ci avesse suggerito una strada ricordandoci che Maria conservava tutte queste cose meditandole
nel suo cuore.
Ecco
il luogo dove possiamo ascoltare la voce di Maria, le sue confidenze, il
racconto delle sue emozioni e della sua esperienza interiore nel vivere accanto
a Gesù. Gli uomini hanno parlato molto di lei, vorremmo ora che fosse lei a
parlare di sé agli uomini, a raccontare la sua vita e, vincendo quel pudore
materno che ha tenuto sigillate tante cose nel suo cuore, partecipasse ai suoi
figli i suoi sentimenti e le vicende che hanno forgiato il suo mondo interiore
così squisitamente umano e così profondamente divino.
Occorre
dunque entrare nel cuore di Maria. Ora, se è vero che solo una madre può capire
un’altra madre, è vero anche che entrare nel cuore di una madre può farlo solo
un bambino. Per lui, infatti, nessuna madre ha segreti. L’autore quindi, non ha
avuto alternative; ancora una volta ha dovuto farsi bambino e bussare. Una
madre non può chiudere il cuore alla propria creatura. E così, con sforzo, è
riuscito ad accoccolarsi davanti a Maria e ascoltare in silenzio le sue
confidenze.
Quando una
madre racconta, i ricordi, i pensieri e i sentimenti che hanno accompagnato le
esperienze della sua vita, nell’uscire dalle sue labbra diventano consigli,
raccomandazioni, esortazioni per i propri figli. Anche Maria, che è donna e
madre, quando racconta, lo fa per noi, perché impariamo a comportarci da buoni
figli di Dio, a imitazione del suo figlio Gesù.
D’altra
parte è inevitabile e giusto che le meraviglie compiute in lei da Colui che è
onnipotente e santo suscitino in tutti noi una filiale curiosità, perché tanta
ricchezza di grazia che è nel suo cuore materno e che un giorno contempleremo
nella gloria del Cielo ci possa allietare, confortare e sostenere fin d’ora, nelle
fatiche del nostro viaggio sulla terra.
L’autore
si rende perfettamente conto che la pretesa di entrare nel cuore di Santa Maria
e ascoltare le sue confidenze può apparire una presunzione eccessiva e un po’
strana, ma il desiderio di conoscere e di ascoltare i battiti del suo cuore
dolcissimo ha prevalso. Sono battiti che diventano parole dell’amore materno
verso i suoi figli.
Tuttavia,
pur cercando di restare bambino, sforzandosi di ricuperare la semplicità
dell’innocenza, non sempre ha saputo prescindere dalla sua deformazione
professionale di uomo adulto: un po’ teologo, un po’ esegeta, un po’ pastore
d’anime, e così le confidenze materne di Maria potrebbero aver subito qualche
interferenza.
L’autore
ne ha chiesto scusa alla Madonna che gli ha risposto – così immagina – con un
sorriso, e chiede scusa anche all’eventuale lettore che – così spera – gli
risponderà anche lui con un benevolo sorriso.
L’autore
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N. 4
"SERVIAM !” TI SERVIRÒ, SIGNORE!
Figlio mio, grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente!
Questa
Madre tua, alla quale il Cielo ti ha affidato, vuole raccontarti le
meraviglie compiute in lei dal Signore perché anche tu gli renda grazie
per la sua immensa misericordia, e così il tuo cuore gioisca con tutta
la Chiesa e con tutti i Santi del cielo. Queste meraviglie infatti il
Signore le ha compiute in me, ma per te, per la tua salvezza e per
quella di tutti gli uomini.
Sono perciò meraviglie
che proclamano l’amore di Dio per l’uomo; esse compendiano nei pochi
anni della mia vita tutto ciò che Dio ha compiuto in tanti secoli della
storia umana.
Naturalmente quando Dio agisce in
noi, la sua grazia entra in intimo dialogo con la nostra libertà e con i
sentimenti più profondi della nostra anima.
Appunto di essi vorrei farti partecipe sollevando un poco il velo che
li ha custoditi dentro di me. Saranno confidenze materne che vogliono
muoverti a lodare il Signore e a stupirti per le sue meraviglie, ma
vogliono anche far nascere nel tuo cuore desideri e propositi di fedeltà
alle attese del Signore corrispondendo alle grazie che egli ti
concederà nel tuo cammino sulla terra.
Ti
apro dunque il mio cuore cominciando dal giorno più imprevisto e
meraviglioso di tutta la mia vita, il giorno nel quale si compì l’evento
determinante per la storia del mondo.
Era il plenilunio del mese di Nisan, il plenilunio di primavera. La
luna dopo aver illuminato il silenzio della notte era tramontata in
lontananza dietro l’orizzonte, e i monti intorno a Nazareth
sonnecchiavano in attesa che il sole risvegliasse la vita e accendesse
di colori i campi e le rocce del nostro villaggio. Davanti a tanto
splendore la mia anima si commoveva e scioglieva canti di gioia.
Io
ero in piedi all’alba, e come sempre avevo cominciato la giornata in
ginocchio dicendo, dopo aver baciato la terra: “Eccomi, o Signore”.
Lo
dicevo col cuore perché in quel gesto c’era tutta la mia persona,
esprimevo, e non solo con le parole, tutto l’atteggiamento della mia
anima. Quel “Eccomi!” era la risposta obbediente a una chiamata.
Figlio
mio, ricordalo sempre! Ogni giorno è un appuntamento che ti dà il
Signore. Egli è lì, vicino a te ogni mattina; e ti chiama. A che cosa
ti chiama? A servirlo! Per questo all’inizio di ogni giorno, quando mi
alzavo e baciavo la terra gli dicevo: “Signore, ti servirò”.
Fin
da piccola sentivo echeggiare dentro di me in maniera sempre più chiara
l’espressione: “Eccomi, sono la serva del Signore!”. Senza dirlo, lo
pensavo. Era un pensiero che non veniva da me e nemmeno mi veniva
suggerito da altri. Lo sentivo presente in me da sempre, come se
l’avessi ricevuto con la nascita.
Inoltre,
non era un pensiero insieme ad altri pensieri che si ponevano davanti a
me come tante alternative, era un pensiero unico, che occupava
interamente la mia anima. Sentivo che lì c’era tutta la mia vita; sulla
terra non avevo nessun altro compito, non dovevo fare altro che questo:
essere la serva del Signore.
So bene, figlio mio,
che la parola “Servire” non piace agli uomini del mondo, e forse anche a
te crea un qualche disagio. Il pensiero di dover sottostare a dei
padroni è mal sopportato da molti, nessuno poi è disposto a limitare, e
ancor meno a perdere la propria libertà per servire. Ebbene, tutto
questo non ha senso quando si tratta del Signore. Dio non è un padrone
alla maniera umana, e nessuno al mondo rispetta la tua libertà come la
rispetta il Signore. Semmai devi cercare che sia, la tua, una libertà
vera.
Ebbene, figlio mio, la tua libertà è vera
quando è una partecipazione alla libertà di Dio. Dio è infinitamente
libero, così libero da compiere solo il bene. Perciò solo quando
facciamo il bene partecipiamo alla libertà di Dio, e siamo veramente
liberi. Poter fare il male è un limite, e quindi il male che fanno gli
uomini è sempre una perdita di libertà.
C’è,
dunque, schiavitù là dove c’è il peccato. Ed è la schiavitù più
umiliante e opprimente. Non lasciarti, dunque, ingannare. Si nasconde
dentro di te un cattivo padrone – il tuo io –, che cerca di trascinarti
per sentieri di malizia, di superbia, di sensualità, di ribellione: sono
i sentieri che portano alla schiavitù. Oh! Vorrei che tu scoprissi
quanta gioia inonda l’anima quando si sente libera dal male, e può così
assaporare le braccia paterne di Dio! È la libertà che ti permette
quella dolcissima intimità con lui che nessun’altra creatura può
offrirti.
Quando, ogni mattina all’alba, baciavo
la terra e dicevo a Dio: “Eccomi, sono la tua serva, o Signore”, sentivo
quel gesto come la risposta a Dio che mi chiamava – ti dicevo che ogni
giorno è un appuntamento che ti dà il Signore –, mi chiamava non col
tono di un padrone intransigente, ma col sorriso amabile di un padre che
mi invitava a seguirlo. E così la mia giornata diventava un tratto di
strada che compivo con lui. Compiere un tratto di strada in compagnia è
un modo ben diverso di camminare sulla terra.
Se aderisci alla volontà di Dio, cammini insieme con lui e camminerai sul sicuro.
Il
Signore, figlio mio, non è lontano. È lontano se fra te e lui ci metti
in mezzo le tue cose. Non soltanto le cose egoistiche del tuo io, ma
anche le cose buone come i tuoi “doveri”. Gesù viene prima dei tuoi
doveri; dovrebbe perciò essere il tuo primo pensiero in ogni momento. Se
tu metti le tue cose al primo posto e aumenti così lo spazio fra te e
il Signore, corri il rischio di spingere Gesù sempre più lontano da te.
Quello che semmai dovresti fare è mettere Gesù fra te e i tuoi doveri.
Allora non saranno più doveri, ma passi d’amore che daranno alla tua
libertà la gioia di servire.
Figlio mio, non
temere di cominciare in questo modo ogni tua giornata. Dio è l’unica
cosa veramente necessaria, e deve essere lui il primo pensiero con il
quale riprendi ogni giorno il tuo cammino. È una convinzione che io ho
avvertito da sempre come se fosse innata dentro di me: Dio è il primo e
deve venire prima di ogni altra cosa, anzi, di più: Dio è l’unico e ogni
altra cosa è un dono d’amore per lui.
Figlio mio, ascolta tua madre, che ti vuole felice!
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