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lunedì 8 settembre 2025

TESTIMONIANZA SU ALCUNE VIRTU' EROICHE DI DON FERDINANDO RANCAN

 

CARITÀ EROICA VERSO IL PROSSIMO


N. 1 CARITÀ CON OPERE DI SERVIZIO.


Durante la sua permanenza come parroco ai Santi Apostoli (1980/1997) don Ferdinando si occupò di molte cose, soprattutto di carattere pastorale, ma senza mai trascurare la sua attenzione verso i poveri in situazioni difficili impegnandosi, con più o meno successo, a cercare o indirizzare le persone alla ricerca di un lavoro o di un alloggio o un sussidio. Spesso si rammaricava per non essere riuscito in questo intento, tuttavia una cosa è certa: nessuno se ne andava da lui senza aver ricevuto almeno un’offerta in denaro per le loro necessità.

Anche se la parrocchia era nella zona del centro storico per eccellenza, fra Corso Cavour e piazza Brà con palazzi famosi di famiglie nobili di Verona, in realtà vivevano anche molte famiglie semplici, o anziani poveri magari nei piani terra o rialzati di quei palazzi o vie laterali. In parrocchia don Ferdinando ha sempre sostenuto e incrementato la “Società di San Vincenzo” per i poveri, Associazione benefica che i parroci precedenti avevano istituito grazie anche alla generosità di quei parrocchiani benestanti che provvedevano ad aiutare famiglie in difficoltà, sia della parrocchia che fuori, pagando bollette, viveri, affitti, ecc

Quando lui si trasferì dalla parrocchia in un appartamento privato cedendo il posto al nuovo parroco, don Gino Oliosi, alcuni dei poveri che erano aiutati dalla San Vincenzo della parrocchia, venivano a trovarlo anche a casa sua chiedendogli un aiuto economico o un consiglio. Mentre io cercavo di rimandarli educatamente alla S. Vincenzo della parrocchia offrendo loro un pacchetto di viveri o dolcetti, d. Ferdinando invece li faceva entrare nel salottino dell’ingresso, li salutava con affetto, spiegando loro che poteva dare in denaro solo quello che gli permetteva la sua povera pensione da prete, ma comunque nessuno tornava a casa senza aver ricevuto un obolo a seconda delle loro necessità e sempre lo ringraziavano con un bel “arrivederci” alla prossima volta. Erano felici soprattutto di aver ricevuto da lui un po’ di attenzione, una parola buona, un interessamento verso la loro salute o dei figli o della famiglia. Ho notato che, alla fine, venivano più per questo loro desiderio di rivedere il loro ex parroco e sapere di essere da lui ricordati, che per l’aiuto economico.


N. 2 IOLE LA GIOSTRAIA


IOLE LA GIOSTRAIA veniva da anni in parrocchia da d. Ferdinando a chiedere aiuti economici per pagare le bollette soprattutto della luce per la sua famiglia. Erano veronesi della periferia di San Bonifacio che andavano in giro in occasione di fiere o sagre di paese con una roulotte malandata e un banchetto di giochi popolari o di dolcetti. Un giorno ci spiegò la sua situazione abitativa molto precaria. Infatti vivevano in sei, padre madre e quattro figli in una roulotte piccola e malandata dentro cui pioveva acqua. Inutili furono i nostri tentativi di cercar loro un alloggio popolare che loro rifiutavano perché in effetti lavoravano come nomadi in giro per le fiere paesane e pertanto l’unico alloggio a cui aspiravano era una nuova roulotte più grande e confortevole per potersi muovere facilmente da un paese all’altro.

A tale scopo d. Ferdinando si interessò per l’acquisto di una roulotte più grande, magari a buon prezzo fra quelle usate in buone condizioni, e incaricò un paio di persone, tra cui la sottoscritta. Una volta reperita secondo il nostro parere, la facemmo vedere alla signora Iole che la trovò ideale per la sua famiglia.

Non trovammo subito i soldi perché mi pare che costasse 6 milioni e mezzo delle vecchie lire ma prendemmo accordi con il venditore di consegnarcela dando una caparra e pagando un po’ al mese, dietro garanzia del nostro parroco che inviò al responsabile dell’azienda un suo scritto di referenza. Don Ferdinando non fece in tempo a divulgare la notizia a qualche parrocchiano o benefattore di sua conoscenza che subito, sulla fiducia, questi dimostravano la loro generosità venendo incontro alle richieste con contributi piccoli o grandi ma a tal punto che la roulotte venne pagata nel giro di pochi mesi.

La signora Iole continuò ad andare a trovare d. Ferdinando anche dopo la parrocchia, nel suo appartamento privato per salutarlo con gratitudine e avere qualche offerta, almeno a Natale e a Pasqua, fino alla morte di d. Ferdinando.


In fede Patrizia Stella


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N. 3. CARITA’ CON OPERE DI SERVIZIO


Sempre nella parrocchia dei Santi Apostoli, ci fu il caso di un piccolo imprenditore della periferia di Verona che andò disperato da don Ferdinando, che conosceva da anni, a chiedergli aiuto perché la sua piccola azienda che aveva non ricordo bene se tre o quattro dipendenti, per una serie di problemi, rischiava il fallimento col rischio che questi dipendenti con famiglia perdessero il lavoro. Aveva subito bisogno di un TOT DI MILIONI DI LIRE per bloccare il fallimento e riprendere poi l’attività.


Don Ferdinando, dopo aver chiesto tutte le credenziali necessarie del caso (pur conoscendo personalmente l’imprenditore e la sua onestà), pensò di venirgli incontro anticipandogli quei soldi che una Banca gli aveva da poco elargito come contributo per la ristruttura del complesso parrocchiale, del quale comunque doveva rendere conto al Consiglio pastorale e alla Curia alla fine dei lavori.


Come pegno, l’imprenditore gli lasciò degli assegni postdatati dell’importo totale di quei milioni di lire anticipati da d. Ferdinando che avrebbe potuto riscuotere alla data indicata sui rispettivi assegni. I primi assegni furono coperti secondo le date previste, ma purtroppo rimasero scoperti gli altri assegni e, mano a mano che si avvicinava la scadenza della riscossione, quell’imprenditore avvisava tutto angosciato d. Ferdinando di non andare a riscuoterli perché erano scoperti ma di avere fiducia perché un po’ alla volta avrebbe sistemato tutto perché c’erano buone prospettive di ripresa del lavoro.


Passò il tempo senza che d. Ferdinando andasse più in Banca a verificare la situazione, e rimasero da riscuotere ancora quattro assegni, come da allegato, dove ho ritenuto opportuno coprire la firma del manager che è tuttora vivente e anche conosciuto, assegni che alla fine d. Ferdinando non se la sentì più di riscuotere perché capiva la difficoltà di questo signore a tenere in piedi la sua azienda e non voleva ritenersi il responsabile di questo increscioso fallimento e ancor meno del licenziamento di operai con famiglia. Confidava nell’aiuto della Provvidenza e fece pregare per questa intenzione, sempre nell’anonimato.


Qualche tempo dopo ottenne dall’impresa di costruzioni che nel frattempo aveva portato a termine i lavori di ristrutturazione del complesso parrocchiale, uno sconto straordinario di una quindicina di milioni rispetto al preventivo presentato! Più o meno la cifra che d. Ferdinando aveva sborsato prelevandoli dalla cassa “ristrutturazione chiesa” e pensò che quello era veramente il segno della Provvidenza di Dio per venire incontro alle difficoltà di questo bravo e responsabile imprenditore senza creare nessun debito per nessuno. L’azienda riprese bene in seguito la sua attività.


Vedi allegato fotocopia dei 4 assegni


                                                      In fede

                                                 Patrizia Stella


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PARERE DEL MEDICO CURANTE. VALORI DA COMA


L’ultimo giorno della sua vita, tra il 9 e il 10 gennaio 2017, abbiamo accompagnato don Ferdinando d’urgenza all’ospedale a causa dell’aggravarsi delle solite crisi respiratorie per le quali veniva talvolta ricoverato in rianimazione, ma dalle quali usciva sempre come se fosse stato miracolosamente rinvigorito, tanto che il giorno dopo lo si vedeva sull’altare a celebrare la Messa e predicare, nell’incredulità di coloro che avevano pregato per lui credendolo moribondo o addirittura morto.

Quel giorno però fu quello destinato da Dio per il suo passaggio al cielo dopo aver compiuto 90 anni di età. Entrati d’urgenza al pronto soccorso al mattino di lunedì 9 gennaio, iniziò un crollo progressivo nonostante le cure prestate per rianimarlo. Chiamammo allora il suo confessore, don Ermanno, che venne subito ad amministrargli i Sacramenti, compresa l’Unzione dei malati e la benedizione papale, alla quale d. Ferdinando teneva molto perché la imparò da sua nonna Virginia che la faceva recitare tutte le sere ai suoi nipotini orfani prima di andare a letto. Sono sicura di fargli piacere se la tramando così come la recitava lui in mezzo dialetto “O mio Gesù, vado a letto! Non so se ho da levare. Tre cose ti voglio domandare: Confesion, Comunion e Benedision papale”. Un po’ alla volta entrò in una specie di coma irreversibile sotto controllo del medico di turno, il quale ad un certo punto uscì con queste testuali parole “Noi medici (del reparto di pneumologia di Borgo Trento dove veniva spesso ricoverato e che ringraziamo per le cure prestate) noi medici ci siamo chiesti più volte come abbia fatto quest’uomo a vivere con valori da coma! E davanti al nostro sguardo allibito che chiedeva ulteriori spiegazioni, questi rimarcò con maggiore sicurezza: “Si! E’ vissuto con valori che per un uomo normale significano coma”.

Lo assistemmo con affetto nelle ultime ore del giorno 9 tenendogli la mano e invocando l’intercessione di S. Giuseppe, Patrono della buona morte, mentre il suo respiro si faceva sempre più debole e pensavamo che forse il Signore lo voleva prendere lo stesso giorno “9 GENNAIO”, DATA DELLA NASCITA DEL FONDATORE DELL’OPUS DEI. Invece notammo che, pur facendosi sempre più debole il respiro, però reggeva ancora, ora dopo ora, fino ad arrivare alla mezzanotte del giorno dopo, 10 gennaio.

Da quel momento iniziò il tracollo definitivo finché alle ORE UNA DELL’ ALBA DEL 10 GENNAIO 2017, esalò l’ultimo suo respiro. A quel punto capimmo, senza bisogno di parole, che d. Ferdinando, nella sua umiltà e delicatezza di vita, già in contatto col Cielo, non voleva far coincidere la data della sua morte di semplice sacerdote, con quella della nascita del suo Santo Fondatore, San Josemaria Escrivà, 9 gennaio, autorità ben più grande nella Chiesa e Maestro di vita spirituale.

La data del 9 gennaio doveva rimanere tutta e solo per san Josemaria Escrivà.


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L’AMORE ALLA SANTA MESSA


Vero “Alter Christus”, trovò nel Sacrificio Eucaristico quella forza soprannaturale che sempre lo accompagnò anche nei momenti più difficili, tanto che era inconcepibile per lui passare un giorno senza celebrare la Messa. Negli ultimi anni, non potendo più andare in parrocchia, anche a motivo di una progressiva cecità, celebrava la Messa in casa, sulla mensola di una libreria allestita a tale scopo, ma quando veniva ricoverato, la celebrava perfino sul tavolino della stanza da letto dell’ospedale, avendo sempre a disposizione una valigetta con tutto l’occorrente. Perfino certe sere quando tornava a casa dopo una giornata di analisi e visite mediche estenuanti, non si metteva a cena se non dopo aver celebrato la Messa del giorno.

Era edificante vedere con quanta fede si inginocchiava fino a terra, durante la Consacrazione nella Messa, in adorazione del divino Mistero Eucaristico. Sosteneva che la Messa doveva essere, in un certo senso, un tutt’uno col sacerdote, perché sua prerogativa esclusiva, un privilegio così grande da far tremare Angeli e Santi dalla gioia pensando che solo ai Sacerdoti cattolici in virtù del Sacramento dell’Ordine Sacro, è stato concesso da Dio stesso “Il privilegio di portare Gesù vivo e vero dal Cielo alla terra

L’ultimo giorno della sua vita, diciamo alla fine del giorno 9 gennaio 2017, entrò nel coma profondo che prelude di solito al “grande passaggio” e quale fu la nostra meraviglia quando all’improvviso ebbe come un risveglio, che di solito viene chiamato risveglio “ante mortem”, si mise a sedere sul letto, si guardò intorno e la prima cosa che chiese fu questa: “Portatemi a casa perché voglio dire la Messa”. Furono le sue ultime parole, il suo pensiero costante e dominante “celebrare la Messa” ogni giorno, e quando era parroco, se necessario, anche più volte al giorno.

In fede Patrizia Stella


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VITA DI FEDE EROICA


Era sempre disponibile per le confessioni o direzione spirituale e seguiva ogni persona secondo le proprie esigenze, senza mai ferirle o umiliarle, ma cercando di incoraggiarle a superare o accettare le loro fragilità


L’ATTUALE SACERDOTE PENITENZIERE DELLA Curia, mons. Bruno Ferrante, che era stato suo alunno in seminario e aveva avuto modo di frequentare anche in seguito d. Ferdinando, un giorno mi disse, mentre gli parlavo della santità eroica del Fondatore dell’Opus Dei, da me conosciuto personalmente quando lavoravo nella sede centrale a Roma, mi disse queste letterali parole “la santità di d. Ferdinando non è da meno di quella del suo Fondatore”


C’è uno scritto autografo del prof. Gino Barbieri, già Preside delle Facoltà Umanistiche dell’Università di Verona che dice così: Quando predica, don Ferdinando mi commuove. Mi pare di sentire la voce del Salvatore


EMARGINAZIONE. Il suo più grande eroismo è stato il periodo della prova nella seconda parte della sua vita, (a parte quello straordinario e traumatico dell’espulsione dal seminario nel 1949), cioè quello di aver chiesto invano di continuare a fare il prete in una chiesa pubblica, o Rettoria o Cappella a disposizione dei fedeli, dopo che gli venne chiesto di cedere la parrocchia all’età di 71 anni a un suo confratello. Si può dire che quel periodo di 17 anni (1980-1997) in cui svolse la mansione di parroco dei Ss. Apostoli è stato l’unico della sua vita nel quale ha potuto dare il massimo delle sue potenzialità sacerdotali: umane, spirituali, culturali, ecc., pur in mezzo ai soliti disturbi respiratori che comunque non gli hanno mai impedito di fare il prete a tempo pieno.

Dopo di allora, la totale o parziale emarginazione! Per impedirgli di continuare a celebrare la Messa sul tavolo del suo studio dopo due lunghi anni senza nessun’altra prospettiva, come se fosse sparito dalla diocesi, si alzò la voce verbale e scritta di molti ex parrocchiani o amici vari che chiedevano ripetutamente al Vescovo di turno di assegnargli una delle Rettorie che nel frattempo si erano liberate. Tutto invano. Ripararono nominandolo collaboratore del nuovo parroco di S. Eufemia, don Valentino Guglielmi.

C’è una testimonianza del rev. don Vittorio Turco, grande ammiratore di don Ferdinando del quale aveva una stima immensa che dice così “d. Ferdinando, uno dei pochi preti veronesi, serio, preparato, colto. La Diocesi poteva utilizzarlo meglio!”. Don Vittorio era del 1928 mentre d. Ferdinando del 1926 ma insieme frequentarono tutti gli anni del seminario e da lì si rese conto della santità di questo giovane, dal suo comportamento esemplare, paziente ma anche intransigente, dall’amore che aveva per l’adorazione davanti al Santissimo, tanto che, anche a distanza di anni, lo definiva così “Don Rancan, un sant’omo!”

Don Ferdinando accettò, come di consueto, tutte le emarginazioni, delusioni o umiliazioni in silenzio, come volontà di Dio, senza mai recriminare o accusare nessuno, anzi manifestando verso la fine della sua vita, attraverso un suo testamento, la sua gratitudine a tutti i suoi superiori e confratelli, e chiedendo loro perdono delle sue mancanze nei loro confronti. Ne è prova un bell’articolo di Mons. Antonio Finardi, ex parroco del duomo, su Verona Fedele che, ricordandolo nel suo 90.mo compleanno nel 2016, lo ringraziò per essere stato vero “maestro di vita” durante la sua docenza in seminario, con grande capacità di far assaporare la bellezza della scienza ecc. La risposta di d. Ferdinando fu di sincera gratitudine verso questo suo “ex alunno” esemplare, dal quale ha imparato a vivere lo zelo apostolico e l’amore per la Chiesa e le anime...”


BENEDIZIONE SACERDOTALE. Quando celebrava in casa con un paio di persone presenti notammo che alla fine della Messa dava la benedizione allargando le braccia esclamando con una certa enfasi: “Il Signore sia con tutti voi”, come se si trovasse davanti a una grande folla. Un giorno gli chiesi il perché di “tutti voi” se eravamo in due o tre “gatti” presenti. Rispose: “Davanti alla benedizione di un sacerdote, soprattutto al termine della Messa, c’è il mondo intero che ne usufruisce.”


RINGRAZIAMENTO DOPO LA MESSA. Appena terminata la Messa, dopo essersi svestito dei paramenti sacri, era abitudine per d. Ferdinando, secondo i consigli di molti Santi, tra cui san Josemaria Escrivà, di fermarsi almeno 10/12 minuti, in silenzioso raccoglimento per ringraziare il Signore del dono grande dell’Eucaristia e chiedergli grazie per tutti coloro che si raccomandavano a lui.

Lui stava immobile, inginocchiato sul primo banco a pregare, come assente. Solo dopo il breve tempo del ringraziamento, si alzava per salutare o ascoltare le persone, o confessare, o scambiare due parole.


In fede Patrizia Stella


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DESIDERIO APPASSIONATO DI CONDURRE LE ANIME A DIO

SACRAMENTI.


BATTESIMO Nonostante la moda di impartire il Battesimo anche dopo mesi dalla nascita, d. Ferdinando si premurava affinché almeno i figli dei suoi parrocchiani venissero battezzati al più presto. Venivano anche da fuori parrocchia per far battezzare presto i loro bambini, senza aspettare magari per mesi e mesi le date canoniche.


Ricordo un episodio del signor Giovanni Tagliapietra che venne da d. Ferdinando per chiedergli la cortesia di battezzare il suo bambino almeno dopo le feste natalizie (era nato ai primi dicembre del 2000) perché il suo parroco voleva farlo aspettare fino alla notte di Pasqua per battezzarlo assieme ad altri neonati.

D. Ferdinando fissò negli occhi il padre e gli disse con tono perentorio: “Ma scherziamo! E tu vorresti passare il Natale senza che tuo figlio diventi Figlio di Dio?” E infatti battezzò il bambino da solo con un piccolo gruppo di parenti la domenica prima di Natale, con grande gioia dei genitori.


MALATTIA OFFERTA IN SILENZIO D. Ferdinando aveva un polmone solo sin dall’età di 52 anni perché gli era stato asportato a motivo di broncoectasie purulente che rischiavano anche di infettare l’altro polmone sano. Dopo alcuni anni iniziò a portare l’ossigeno tutto il giorno e il ventilatore polmonare la notte. Mai lo si vide lamentarsi neppure quando la difficoltà respiratoria era quasi insostenibile. In questo caso cercava di rilassarsi, respirare il più profondamente possibile e pregare in silenzio. La maggior parte delle volte la crisi passava senza dover essere ricoverato in rianimazione. Allora riprendeva a sorridere come per ringraziare Dio di essere uscito dal solito grave pericolo e poter riprendere le sue normali attività, senza il minimo lamento né prima né dopo. Si capiva che indirizzava tutto al Signore e da lui solo aspettava la grazia, non della guarigione totale (aveva accettato questa penitenza come riparazione in unione alle sofferenze di Gesù) ma almeno la possibilità di respirare quanto basta per poter continuare a fare il prete fino all’ultimo suo respiro.

Tutte queste difficoltà respiratorie e altre conseguenze collegate che debilitavano tutto l’organismo con fibrillazione atriale, frequenti febbri ecc., mai gli impedirono comunque di esercitare il suo ministero a pieno ritmo durante la sua permanenza come parroco ai Santi Apostoli, seguendo la catechesi per ragazzi e adulti, organizzando pellegrinaggi mariani, incontri di formazione per famiglie, benedizione delle case famiglia per famiglia, occupandosi dei poveri e malati della parrocchia ai quali portava la Confessione e la Comunione a domicilio, e trovando anche il tempo per scrivere libri di formazione cristiana tuttora molto apprezzati.

Era un sacerdote che, sia pur malato, amava la vita e il mondo “appassionatamente” come è nella spiritualità di San Josemaria Escrivà, e il suo costante sorriso e la sua accoglienza lo dimostrava anche nei momenti più difficili.

Infatti, dicono i medici che, fra tutte le patologie o malattie varie, quella più dura da sopportare è quella respiratoria, legata ai polmoni, perché toglie le forze per qualunque altro impegno o entusiasmo e ti fa sentire sempre pronto per il grande passaggio alla Vita Eterna. A tale proposito ricordiamo le grandi tribolazioni a motivo della mancanza di respiro di una grande santa “Teresina di Gesù Bambino” la quale ad un certo punto del suo diario si esprime così: “Se sapeste cosa vuol dire non riuscire a respirare! Se soffoco, il buon Dio mi darà la forza. Ogni respiro è un dolore violento, però non è ancora tale da farmi gridare.”

Ebbene, ci risulta che don Ferdinando abbia parlato e scritto di molte cose, molti argomenti, libri, omelie, catechesi ecc. eppure non abbiamo mai udito un suo lamento, mai trovato nessuno scritto, o sfogo o cenno circa il suo tormento perenne che è stato la mancanza di respiro per tutta la vita, sin da piccolo fino alla sua morte, a 90 anni. Non ne parlava mai con nessuno, se non con i medici ovviamente quando cercavano di curarlo, e poi, in un colloquio mai interrotto con Dio dal quale traeva la forza per resistere e combattere con piena lucidità di mente fino al raggiungimento del bel traguardo di 90 anni che festeggiò con gioia nel giugno 2016 con i suoi preti, ex parrocchiani, parenti, amici vari.


Grazie di cuore caro don Ferdinando e abbi un occhio di riguardo per tutti noi che ti abbiamo conosciuto, amato, aiutato, sostenuto, e per tutti quelli che continueranno a invocare il tuo aiuto dal Cielo.


                                                                      In fede

                                                                Patrizia Stella




giovedì 7 agosto 2025

LETTERA INEDITA DI PAPA BENEDETTO XVI NEL 2014

 


LETTERA INEDITA DI PAPA BENEDETTO XVI DEL 2014. vedi link

https://lanuovabq.it/it/la-lettera-inedita-di-benedetto-xvi-la-mia-rinuncia-e-piena-e-valida


Il 07/08/2025 23:00, Patrizia Stella ha scritto:

⬆️🛑     Perché viene portata alla luce dopo 11 anni di diatribe e discussioni? Infatti. Ce lo siamo chiesto in molti!! È tutto un mistero. Certo è che Ratzinger sapeva sin dalla sua elezione del 2005 che era circondato da lupi, anche quelli che, per calcoli politici, lo hanno votato ma sempre odiato e boicottato. I famosi cardinali della Mafia del Sangallo.
Finché lo hanno messo così alle strette intimandogli di approvare le benedizioni gay, rinuncia al celibato sacerdotale, sacerdozio per le donne ecc.  Tanto che  lui, per amore di verità e di Gesù Cristo, ha preferito ritirarsi piuttosto che cedere ai loro ricatti. Infatti se lo aspettava questo terribile momento perché è significativa quella frase che lui stesso ha pronunciato durante l omelia della Messa di insediamento pontificio: "PREGATE PER ME PERCHÉ NON FUGGA DAVANTI AI LUPI: Se lo aspettava che i lupi che lo circondavano lo avrebbero sbranato o cacciato prima o poi.
Comunque che si tratti di dimissioni col munus e ministerium o di sedevacante con rinuncia solo al ministerium, nulla cambia perché in entrambi i casi, c'era l intenzione perversa da parte di un manipolo di falsi cardinali, lupi vestiti da agnello con il nome di MAFIA DI SANGALLO, di intronizzare sul soglio di Pietro uno di loro, certo card. Bergoglio apostata e agnostico che ha letteralmente sfasciato le mura portanti della Chiesa mattone dopo mattone.
Pertanto, sia in un caso che nell’altro, il novello Papa seduto sul trono di Pietro non era vero Papa ma ANTIPAPA. Se ci sono dubbi andate a consultare la COSTITUZIONE Apostolica dj San Giovanni Paolo II "UNIVERSI DOMINICI GREGIS" che regola le votazioni del Conclave per il nuovo Papa e tutte le condizioni annesse e connesse, dal n. 77 al n. 86, in particolare il n. 81 che recita cosi: "I CARDINALI ELETTORI SI ASTENGANO, INOLTRE, DA OGNI FORMA DI PATTEGGIAMENTI, ACCORDI, PROMESSE ECC. (...) SE CIÒ IN REALTÀ FOSSE FATTO, SIA PURE SOTTO GIURAMENTO, DECRETO CHE TALE IMPEGNO SIA NULLO O INVALIDO E CHE NESSUNO SIA OTTENUTO AD OSSERVARLO; E FIN D'ORA COMMINO LA SCOMUNICA LATAE SENTENTIAE AI TRASGRESSORI DI TALE DIVIETO..."
Il complotto dei cardinali della Mafia del Sangallo è stato reso pubblico e ufficiale da uno di loro in punto di morte, il card. belga GODFRIED DANEELS. Per cui basterebbe puntare su questo DIVIETO PERENTORIO DI UN LEGITTIMO PAPA COME GIOVANNI PAOLO II PER AVERE LA CONFERMA LAPALISSIANA CHE BERGOGLIO NON È MAI STATO PAPA. Oltre a tutte le altre motivazioni esposte con coraggio non solo dal dott. Cionci ma anche da decine di studiosi di diritto canonico laici e sacerdoti. Ma si vede che, sia i modernisti che i tradizionalisti, soprattutto Lefebriani, ci tenevano a considerare Bergoglio come SOMMO PONTEFICE E VICARIO DI CRISTO, nonostante questi titoli o mandati divini siano scomparsi dall’Annuario Pontificio con l’avvento di Bergoglio.
GRANDE COMUNQUE RESTA LA RESPONSABILITÀ DI QUELLE AUTORITÀ ECCLESIASTICHE CHE LO HANNO LASCIATO SPADRONEGGIARE, SCOMUNICARE, DISTRUGGERE, PENALIZZARE, MORTIFICARE, IMBROGLIARE, FALSIFICARE, IDOLATRARE DIVINITA' PAGANE, SFIDARE IN PIEDI IL SANTISSIMO SACRAMENTO... DAVANTI AL QUALE MAI SI È INGINOCCHIATO ECC. ECC. ECC. Adesso per ricostruire da queste macerie ci vuole un particolare dono dello Spirito Santo. O la guerra come probabile ipotesi. Perché il mondo non può andare avanti con la vittoria di Satana, dell ambiguità, del compromesso o del ricatto o delle minacce ecc.
Deve vincere Cristo, la Verità e la Giustizia col trionfo del Cuore Immacolato di Maria. GRAZIE SANTO PADRE BENEDETTO XVI. GRANDE PAPA BENEDETTO PER AVER AVUTO IL CORAGGIO E L UMILTÀ DI RITIRARTI PER FAR EMERGERE TUTTO IL FANGO LURIDO DEL DIAVOLO MESCOLATO CON LA SANTITÀ DELLA CHIESA DI GESU'.
CHE ADESSO EMERGA TUTTA LA ZIZZANIA PER POTERLA TAGLIARE E GETTARE NEL FUOCO, MENTRE IL BUON GRANO TORNERÀ A BIONDEGGIARE SULLA TERRA PULITA, PROFUMATA E RISANATA DAL SOFFIO DELLO SPIRITO SANTO.

 

…………………………………….patriziastella.com


mercoledì 6 agosto 2025

LA DEVOZIONE A DIO PADRE. 7 AGOSTO


DIO PADRE PARLA AI SUOI FIGLI



https://youtu.be/mxk2CqKogj4

Nel 1932 una giovane religiosa italiana di provata virtù, suor Eugenia Elisabetta Ravasio (1907-1990) ebbe una particolare rivelazione da parte di Dio. Le fu chiesto di diffondere il suo messaggio per essere conosciuto, amato e onorato da tutti gli uomini, con un grande desiderio di essere da loro chiamato “PADRE!” e ricordato con una consacrazione speciale Il 7 agosto di ogni anno “Questo sarà un giorno di infinite grazie per chi si consacrerà a me con tutto il cuore”. Questo ciascuno lo può fare privatamente leggendo il testo della consacrazione aprendo il link qui sopra.

In questo messaggio Dio chiese inoltre di dedicare una celebrazione liturgica speciale sempre il 7 agosto di ogni anno, con l’obbligo di onorarlo in modo particolare come “PADRE DELL’UMANITÀ INTERA”. “Vorrei per questa festa una Messa e un ufficio propri. Non è difficile trovare i testi nella Sacra Scrittura”.

Il messaggio di Dio Padre fu molto specifico e amorevole: come primo motivo della sua venuta, il Padre comunicò quanto segue: “Io, Padre degli uomini, voglio bandire il timore eccessivo che le mie creature hanno di me e per far loro capire che la mia gioia consiste nell’essere conosciuto e amato dai miei figli, lamentando che il suo Amore di Padre è stato dimenticato dagli uomini. Eppure – affermò – “vi amo così teneramente “ ecc. ecc.

Segui il resto sul link sopra


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Il Vescovo e le autorità ecclesiastiche hanno approvato questa devozione solo alla distanza di dieci anni dall’evento, e si sta diffondendo un po’ alla volta, come per tutte le altre rivelazioni private, ad esempio quella di Santa Faustina per Gesù della Divina Misericordia e quella di Santa Margherita Maria Alacocque per il Sacro Cuore di Gesù. E altre meno conosciute, soprattutto riguardanti il culto a Maria Santissima. A noi il compito di farla conoscere.

Molti Santi nella storia della Chiesa, (vedi San Josemaria Escrivà il Fondatore dell’Opus Dei) hanno superato momenti di grande difficoltà e prove, come affermano le numerose biografie, grazie alla consapevolezza di essere FIGLIO DI DIO e pertanto amato da Lui che mai chiede cose impossibili alle nostre forze.
Un figlio devoto di San Josemaria attualmente in concetto di santità, DON FERDINANDO RANCAN, sacerdote diocesano di Verona che ha aderito alla spiritualità dell’Opus Dei rimanendo sacerdote diocesano a pieno titolo, ha pure vissuto questa esperienza diciamo dolce e forte nel contempo, che non fa dubitare della presenza di Dio Padre anche davanti a prove terribili e inspiegabili. Si può trovare questa preghiera con commento sul libro autobiografico “Un somarello e la sua storia” nell’ultimo capitolo, dove l’autore racconta qualche episodio della sua vita davvero tribolata e anche rocambolesca che la rendono perfino avvincente proprio per le prove che ha dovuto passare. Si può richiedere alla casa editrice “Fede e Cultura” che invia il libro a domicilio (tel. 045/941851)



                   ATTO DI CONSACRAZIONE A DIO PADRE
                                 di don Ferdinando Rancan

Preghiera scritta da don Ferdinando come “Atto di consacrazione a Dio-Padre”, al quale è sempre stato molto devoto, non solo per aver trovato in Dio quella figura paterna che lui non poté godere a causa della morte del padre all’età di due anni, ma anche perché sosteneva che questa devozione deve essere valorizzata e fatta conoscere di più, a iniziare dagli stessi cattolici che soffrono molte volte della sindrome del “orfanello”.

È vero che lo nominiamo spesso nella preghiera del “Padre nostro” ma forse distrattamente, senza la piena consapevolezza del suo profondo significato come “Dio Amore”, Consolatore, Buono e Provvidente, che ama e si prende cura di ciascuno dei suoi figli come fossimo unici al mondo perché ci vuole felici su questa terra ma ancor più vuole portarci a godere con Lui della Vita Eterna.


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Padre Santo, Dio onnipotente ed eterno,

Principio e Fine di tutte le cose.

Creatore e Signore dell’Universo,

io ti adoro nell’abisso del mio nulla

e alla tua Maestà infinita innalzo la mia lode.


Ti chiedo umilmente perdono dei miei peccati,

di tutto ciò che nella mia vita fu male davanti a Te

e ha offeso la tua santità e bontà infinita.


Ti rendo grazie per tutti i tuoi benefici:

di avermi creato

fatto partecipe del tuo Essere divino;

di avermi fatto cristiano

figlio tuo partecipe della tua vita divina;

di avermi fatto sacerdote,

partecipe del sacerdozio di Gesù, il Figlio tuo diletto;

di avermi chiamato a servirti nell’Opus Dei,

partecipe dell’opera dello Spirito Santo

che nella Chiesa chiama tutti gli uomini alla santità;

e di tanti benefici di grazia e di misericordia

che hanno accompagnato il mio cammino sulla terra.


Padre Santo,

in questo giorno che la Chiesa dedica al battesimo di Gesù,

il grande mistero in cui hai rivelato la tua paternità divina

intendo compiere la consacrazione piena e perpetua

di tutto me stesso

a Te mio Creatore e Padre.



Nel ricordo del mio battesimo,

giorno in cui, guardandomi con infinito amore,

hai detto: “Tu sei mio figlio, oggi ti genero alla mia vita,

e in te pongo la mia dimora”

desidero affidarmi totalmente alla tua Paternità.


Ti offro e ti consacro tutto il mio essere:

la mia anima con le sue facoltà;l’intelligenza 

perché nella luce del Tuo Santo Spirito

conosca e penetri sempre più profondamente

il mistero della tua divinità;

la volontà perché, unita alla volontà di Gesù,

il tuo Figlio diletto,

compia sempre ciò che è gradito alla tua Maestà divina;

il mio cuore perché, unito al Cuore verginale di Maria,

Madre dolcissima del tuo Figlio,

sappia servire con umiltà e amore la tua Chiesa

e il disegno di salvezza che per essa vai attuando nel mondo;

il mio corpo con i suoi sensi,

perché unito al sacrificio eucaristico di Gesù

diventi olocausto di espiazione

per i miei peccati e per quelli di tutti gli uomini;

infine ti consacro tutta la mia vita,

tutto il tempo che tu vorrai concedermi

fino al momento in cui potrò dire: 

"Nelle tue mani, Padre, affido il mio spirito”.


Padre Santo, per i meriti di Gesù, tuo Figlio,

per la grazia dello Spirito Santo,

per l’intercessione di Maria, Madre di misericordia,

di San Giuseppe, di San Josemaria e di tutti i Santi,

ti chiedo di accettare benignamente

questa mia consacrazione alla tua amabilissima Paternità,

e concedimi di entrare un giorno nella Vita eterna

con tutte le persone che ho incontrato nella mia vita

a proclamare le meraviglie della tua infinita misericordia

con tutti gli Angeli del Cielo

per tutti i secoli dei secoli.

Amen


Pater, Ave, Gloria….









sabato 26 luglio 2025

CRISTIANESIMO E ISLAM. DIALOGO (IM)POSSIBILE?

 

Cristianesimo e Islam: dialogo (im)possibile?

https://www.informazionecattolica.it/2025/07/24/cristianesimo-e-islam-dialogo-impossibile/


Commento: Articolo interessante sul grave pericolo dell’Islam assolutamente inconciliabile con il Cristianesimo contro il quale ha sempre combattuto fin dai tempi di Maometto.

Avrei invece serie obiezioni su quella frase di commento del direttore di "informazione cattolica" laddove afferma, dopo aver presentato in tutta la sua verità e drammaticità il pericolo islamico che incombe su tutto il mondo, non solo cristiano, afferma: "Difendere la Palestina è giusto? Fino a un certo punto perché alla fine si fanno gli interessi dei mussulmani".      

Io mi trovo in pieno e totale disaccordo con questa visione per i seguenti motivi: 
1) perché in Palestina vivono e convivono pacificamente da molti secoli (almeno sono convissuti fino agli ultimi scatenamenti bellici degli Israeliani) intere comunità di varie etnie e religioni: cristiani, musulmani, ebrei, ortodossi, ariani, pagani, ecc.  E non vedo in nome di quale valore morale o di quale religione o selezione o per quali altri nobili motivi, si debba fare una distinzione fra coloro che sono degni di essere salvati e quelli che invece devono essere condannati o perseguitati o ammazzati barbaramente, peggio delle bestie da macello! Buttando bombe alla cieca, anzi mirando soprattutto i bambini affamati in cerca di cibo, si compiono genocidi di una efferatezza mai avvenuta in passato contro gli innocenti, ma quel che è peggio, nell’assoluta indifferenza del mondo intero che non interviene affatto per mettere fine a tale mattanza criminale.

 2) L’essenza del cristianesimo. Il vero cristiano deve prodigarsi per tutti, indistintamente, come ci hanno insegnato grandi santi come i missionari in terre pagane che accudivano in ugual misura tutti, senza distinzione di religione, o cultura, o potere, o denaro... ma solo in quanto uomini o donne creati da Dio e destinati alla vita eterna, vuoi per un premio o per una condanna che solo Dio potrà giudicare.
Anzi, è proprio attraverso questa carità e amore verso tutti, che convertivano le anime a Gesù Cristo, come insegna Madre Teresa di Calcutta, perché non dimentichiamo che l’obiettivo primario del cattolico non è solo quello di fermarsi alle opere di misericordia corporale, peraltro importanti perché senza un minimo di salute del corpo, difficilmente si trova la forza per pensare all’anima, tuttavia l’obiettivo principale è quello di far conoscere la figura di Gesù Cristo nostro Dio e Salvatore, che ci ha promesso la Vita Eterna attraverso il suo insegnamento poi divenuto dottrina. Quella dottrina cattolica che è anche fonte di giustizia, di pace e di prosperità umana oltre che soprannaturale, nella consapevolezza che la gente deve arrivare alla conversione per l’intima esperienza del cuore e il consenso dell’intelletto e non per la minaccia delle armi.

3) Obiezione! Ma allora le guerre storiche dei cristiani contro i musulmani? Si trattava di difendere i confini, la patria, la fede, le tradizioni, la libertà e dignità di popolazioni cristiana di vecchia data, dall'invasione di altre popolazioni che minacciavano la nostra libertà ed erano necessarie.
  Ne' più ne' meno come per le guerre napoleoniche o asburgiche o prussiane che si dovevano combattere, pur essendo allora quasi tutti cristiani, per la difesa dei propri territori in nome della giustizia e del diritto delle Nazioni che adesso vorrebbero sopprimere.
Ma c'erano dei regolamenti etici ben precisi anche per le guerre!!  E perfino punizioni eclatanti per traditori o violentatori o disertori ecc..che hanno sempre orientato di comune accordo le due o più parti parti antagoniste. 
Esempio al fronte solo uomini; donne e bambini protetti, ospedali e ambulanze delle due parti intoccabili, libera e pacifica raccolta dei feriti a fine combattimento per curarli negli ospedali da campo, ecc. ecc. In tempo di guerra “etica” diciamo così, bastava alzare una bandiera bianca con un piccola delegazione che entrava pacificamente nel campo nemico per chiedere una tregua o la pace condizionata. E ci si metteva al tavolino a trattare di comune accordo.
Adesso i falsi israeliti sionisti terroristi askenaziti se ne fanno un baffo di tutte queste regole e sparano su tutti perché vogliono a tutti i costi diventare i padroni assoluti del mondo, secondo le promesse del loro falso dio talmudico che li invita ad avanzare come bulldozer calpestando cadaveri, moribondi, uomini e donne e bambini disarmati, affamati, feriti e imploranti pietà e misericordia mentre trovano le pallottole dei falsi ebrei israeliti quando vanno a chiedere un pezzo di pane. Non si è mai sentito al mondo un odio simile! Solo l’odio del diavolo arriva fino a questo punto trascinando con sé i suoi adoratori.
Per contro, è pur vero che anche l’Islam non è meno violento quando si tratta di costringere le persone ad abiurare alla propria fede in Gesù Cristo per adorare Allah a costo di coltellate nella gola. Anche per questa violenza efferata l’Islam sta avanzando in tutto il mondo. Come liberarci da questi gioghi?

QUALE DIO? Quando si invocava l’aiuto di Dio quasi invitandolo a mostrare la sua potenza contro il Dio del nemico ritenuto falso, questo lo si è sempre fatto in caso di pericoli o di guerre fin dal Vecchio Testamento, quando il profeta Elia ad esempio invocava il Dio dei veri Ebrei, il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, (dai quali doveva nascere Gesù Cristo) contro le divinità pagane, Bahal, Moloch dei falsi Ebrei che avevano già da allora rinnegato il vero Dio per adorare in pratica il suo antagonista cioè Satana sotto forma di statue con sembianze semi umane o animalesche, le stesse divinità adorate dagli attuali Israeliti, (di cui un “campione” del dio Moloch mangiatore di bambini che fa rabbrividire è stato posto all’ingresso del Colosseo, tanto per capire chi ci comanda).

Conclusione. In pratica si può dire come conclusione che, si tratti di un partito o di un altro, di una etnia religiosa piuttosto che di un’altra, vedi Islam e Israeliti, quando entrambi sono violenti, non fanno alcuna differenza perché entrambi nascono dalla stessa identica radice satanica che li accomuna. Poi gli uomini malvagi per confondere le idee, li chiamano con nomi diversi, come se fossero antagonisti, addirittura messianici, ma sempre satanici restano. Ma siccome il diavolo non unisce, ma divide, ecco che, pur provenendo dalla stessa radice satanica, si fanno la guerra reciprocamente e la fanno al resto del mondo.

MAI PERDERE LA FEDE. non dobbiamo perdere la fede cattolica per questa confusione delle coscienze che semina il nemico di Dio!! Restiamo attaccati alla roccia sicura che è Gesù che è Amore, e ai Sacramenti, soprattutto la Messa, e alla Vergine Maria recitando avemarie anche brancolando nel buio.
Dio Padre Figlio e Spirito Santo, dopo questo periodo terribile di purificazione dovuto anche ai nostri peccati, al rinnegamento della fede da parte di molti cristiani e perfino suoi ministri, ci aprirà la strada della salvezza e della gioia. 
Gesù confido in te. Sei tu Gesù l' unico mio bene. Vieni presto a liberaci.

patriziastella.com

giovedì 29 maggio 2025

30 MAGGIO SAN FERDINANDO - IN MEMORIA DI DON FERDINANDO RANCAN

                     30 MAGGIO SAN FERDINANDO III   RE  

            IN MEMORIA DI DON FERDINANDO RANCAN


La Chiesa il 30 maggio celebra la memoria di san Ferdinando III, Re di Leon e di Castiglia, un santo famoso per la sua lotta contro l’invasione dell’Islam che stava avanzando sempre di più nell’entroterra della Spagna, obbligando tutti gli abitanti, com’è nel loro Corano e nella loro indole, a rinnegare la loro fede in Gesù Cristo per adorare Allah con tutte le conseguenze che ne derivano.

In queste battaglie che lui vinceva, riuscì sempre a mantenere buoni rapporti con gli avversari islamici: Alicante, Granada e Siviglia, ad esempio, erano rimaste ancora in mano agli arabi, ma grazie ad una sapiente opera diplomatica di Ferdinando, il loro re moro si sottopose al suo vassallaggio e un po’ alla volta abbandonarono del tutto i territori spagnoli per tornare alle loro terre del Medio Oriente. 

Fu tollerante con i Giudei , intransigente con gli eretici, regnò con prudenza, saggezza e generosità verso tutti, ricevette il viatico in ginocchio consapevole di dover morire chiedendo perdono dei suoi peccati a Dio e a tutti i sudditi,. Era molto devoto della Madonna la cui statua portava sempre con sé nelle battaglie in difesa del suo popolo contro la progressiva avanzata islamica, la cui invasione armata non significava la sconfitta di un re piuttosto che di un altro in una alternanza basata comunque sugli stessi valori e principi cristiani, bensì il rinnegamento della fede Cattolica e di Gesù Cristo, al quale re Ferdinando era devotissimo e fedelissimo, e di conseguenza il totale abbandono di tutto quel patrimonio della cultura cristiana anche dal punto di vista etico, civile, legale, artistico, sanitario, famigliare ecc., conquistato da oltre mille anni di cristianesimo, e fondato essenzialmente sul principio della libertà personale di scelta, che la mentalità dell’Islam ha sempre rifiutato e combattuto pena la morte.

            Certo, la guerra è sempre una cosa negativa, spesso conseguenza dei nostri peccati, dicono molti santi, tuttavia ci sono situazioni in cui si rende indispensabile. In questo periodo storico molto contorto e confuso, dove noi italiani ci consideriamo sempre i grandi benefattori dell’umanità che accolgono tutti i profughi del mondo offrendo loro quelle garanzie e benefici gratuiti che neppure a noi cittadini italiani sono concesse, altrimenti veniamo considerati razzisti, siamo indotti a pensare che quelli ci rispetteranno e ci saranno addirittura grati per tutto quello che offriamo loro. Invece non è così, perché loro stessi non fanno alcun mistero di manifestare che prima o poi ci sottometteranno, a iniziare da Roma, col rischio di trovarci addirittura in una terra non più nostra ma di loro proprietà nella quale possono disporre di tutto!!  Case, chiese, beni, donne, figli, uomini, bambini… a loro uso e consumo, soprattutto obbligandoci ad abiurare la fede cattolica per adorare Allah.

 In questi e altri casi, se per amore di pace, si preferisce seppellire assieme alle armi, anche la libertà e la dignità perché costringono le donne ad essere la terza moglie o la concubina di turno del capo vincitore, o sottraggono i figli ai genitori per farli “educare” dallo Stato, o pretendono alloggio cacciando i legittimi proprietari, ma quel che è peggio, obbligano ad adorare divinità pagane rinnegando la Fede cattolica in Gesù Cristo ecc. ecc. ecc. si potrà mai accettare la pace a queste condizioni? NO!!! Perchè sarebbe una finta pace, e allora anche la Chiesa, come ultima possibilità, ammette anche l’uso delle armi per difendere la vita e con essa anche tutti i valori che la compongono, soprattutto quelli derivanti dalla cultura e civiltà cristiana, fonte di gioia, di verità e di rispetto per l’altro..

 Ricordiamo che ci sono anche i santi combattenti per la Fede e la Libertà. A proposito di battaglie con l’avanzata islamica in Europa, ricordiamo brevemente le due famose battaglie di Lepanto (1571) e di Vienna (1683) nelle quali i cristiani (vale a dire Italiani ed Europei quando non si vergognavano di chiamarsi così) hanno vinto non tanto con i pochi mezzi militari di cui disponevano, ma soprattutto con la recita costante del Santo Rosario da parte di tutte le popolazioni chiamate all’unisono dal Papa Pio V per la battaglia di Lepanto, mentre per la battaglia di Vienna, grazie alla Messa celebrata dal monaco cappuccino Marco Daviano che ha messo miracolosamente in fuga con poche perdite il nemico che avanzava con scimitarre e spade pronto a invadere Vienna e l'Europa.

            Adesso questo concetto di militanza per la libertà e la civiltà sta sfumando perché si vuole la pace per la pace, come valore assoluto, a costo di vivere schiavi dell’invasore per un piatto di minestra e col cappio al collo.

 

                 DON FERDINANDO RANCAN

 Oggi ricordiamo anche il nostro candidato alla santità, don Ferdinando Rancan, che ha avuto quel nome da uno zio, frate cappuccino di venerata memoria.

In questa occasione, vogliamo ricordare di lui un episodio molto particolare e doloroso, ma portato con grande fede quando aveva solo 18 anni ed era studente nel Seminario di Verona verso la fine della seconda guerra mondiale (1944/45)

Premessa:

Il padre di don Ferdinando, Giambattista Rancan, ceppo nativo della zona di Tregnago, Verona, morì in modo tragico mentre era guardiano notturno del cementificio di Tregnago “Italcementi” di cui hanno lasciato i resti come ricordo di quella grande azienda che aveva dato lavoro a molti operai della zona e che purtroppo commemorava anche alcuni morti per incidenti sul lavoro. Infatti In una notte piovosa e buia, il nostro Giambattista Rancan non si accorse di un silos che era rimasto aperto e vi piombò giù morendo qualche ora dopo che lo avevano estratto non vedendolo tornare di buon mattino.

            Qualche anno più tardi, Cornelio Marchi, lo zio di Ferdinando da parte della madre, Maria Marchi, venne assunto nello stesso cementificio al posto del padre e fu incaricato del controllo delle caldaie.  Non si sa in quale maniera, il povero Cornelio fu travolto dalle fiamme e trovato moribondo. Portato all’ospedale morì pochi giorni dopo, lasciando la povera moglie Elvira, zia Elvira come la chiamava Ferdinando, affranta, a maggior ragione perché aveva il figlio più grande, Giuseppe, al fronte, l’altro di 17 anni, Renato, apprendista panettiere e i due ultimi più piccoli alle scuole elementari.

            In quell’anno, inizio 1945, stava finendo la guerra e i tedeschi si ritiravano a gruppi dall’Italia portando spesso morte e distruzione dove passavano con rappresaglie punitive degne dei peggiori criminali che non erano più controllati da nessuno.

            In una di queste rappresaglie dei tedeschi, mentre il giovane Renato tornava dal panificio di buon mattino, un drappello delle SS passava di lì e caricarono sul loro camion alcuni passanti, tra cui Renato.  Senza tante mediazioni o ripensamenti, li presero e li fucilarono tutti un po’ fuori del paese, compreso Renato che era un ragazzino, il più giovane.

            Lascio immaginare la disperazione della mamma, Elvira, al pensiero che il marito era morto bruciato vivo, il figlio più grande, Giuseppe, in guerra senza avere notizie (tornò comunque vivo a guerra finita) e l’altro, Renato, che, per quanto poco, era l’unico sostentamento della famiglia, fucilato dai tedeschi.

            In questo frangente drammatico in cui non ci sono parole per consolare chi è colpito da simili disgrazie, il nostro seminarista Ferdinando, di appena 18 anni, scrisse una lettera alla zia Elvira che riportiamo qui sotto e che vale la pena leggere con calma perché indice di una fede, di un coraggio soprannaturale e di una grande partecipazione umana al dolore altrui, da parte di un semplice diciottenne, abituato però a vivere un rapporto con il Signore molto profondo e anche lui provato da molta sofferenza, sin da piccolo.

  

                               LETTERA A ZIA ELVIRA

 Zia carissima,    (Elvira)

 sono qui accanto al tuo dolore, tanto più straziante quanto più improvviso e inaspettato; e ti vedo come non ti ho mai vista, ti immagino come ho immaginato tante madri che alla sera, prima di coricarsi, si bagnano di lacrime cocenti l’amata figura del figlio che non tornerà più.

            Forse pensando al compagno della tua vita che a metà cammino ti ha lasciato, bruciato vivo martire  per tuo amore e per i tuoi figli; (zio Cornelio preso dalle fiamme durante il suo lavoro nello stesso cementificio dove aveva perso la vita il papà di Ferdinando), forse volando col pensiero al tuo Giuseppe lontano lontano, che, strappato dal tuo seno e dal suo focolare, da tanto tempo non vedi, straziata ora da questo nuovo colpo, sentirai nel fondo della tua anima ferita un vuoto largo e profondo, vivere ti sembrerà una cosa amara, amara che niente potrà raddolcire.  Renato non lo hai più, è un pensiero che stringerà in una morsa angosciata il povero tuo cuore.

            Oggi è passato Gesù e ha scaricato la sua croce pesante sulla tua porta, ma zia, non chiuderla quella porta, corri ad aprire, fallo entrare, è un dono che ti porta. Egli è stanco sfinito, ti domanda aiuto, e tu continua con Lui il tuo cammino. Arriverai al Calvario dove un’altra madre desolata, Maria, anche lei come te è straziata nell’anima, anche a lei, come a te, hanno assassinato il figlio! E glielo vedi lì sulle ginocchia, livido, lacerato, esangue. Prendi il tuo dolore, dallo a Maria, lei sa che cosa è amore di mamma!

            Cara zia, non piangere quando ti verranno nelle mani i vestiti del tuo Renato, quando vedrai ogni sera il suo letto vuoto. NO! Sii forte nel tuo dolore. E quando lo strazio ti farà sanguinare e la disperazione ti salirà alla gola, corri, nasconditi nel silenzio della Chiesa, guarda laggiù al Tabernacolo dove un Cuore sempre aperto e dolorante (che) saprà dirti quelle parole di vita eterna che gli uomini non sanno e non possono darti.

            Dillo a Gesù che glielo dai il tuo Renato, è Lui che te lo domanda, Lui che ti ha dato tutto se stesso. OFFRIGLIELO per questo povero mondo così malvagio impastato di odio e di errore. Gesù te lo domanda ma per poco tempo; e un giorno lo vedrai bello, glorioso, trionfante. Ed anche adesso non te lo senti, no, più vicino? E’ lì accanto a te insieme a Cornelio. Su, dunque, e per amore di quelle due creature che ti restano e che ti stringono i fianchi, non piangere.

            E’ bello soffrire quando si sa che Cristo ci ama, quando si sa che egli comprende e vede il nostro dolore, raccoglie e ricompensa ogni nostra lacrima.

            Ti abbraccio

                                        Tuo Ferdinando