N.B. Come punto di riferimento per questa esposizione,
ho attinto ai documenti del Magistero perenne della Chiesa, in particolare al
“Compendio” estratto dal “Catechismo della chiesa Cattolica" del 1992 di Papa
Giovanni Paolo II, e al saggio magistrale di Benedetto XVI sul celibato
sacerdotale “Dal profondo del nostro cuore” scritto con il card. Robert Sarah
nel 2019.
CHI E’ IL SACERDOTE. Non c’è da meravigliarsi
che, nella crisi generale di tutti i valori, anzi nello stravolgimento di ogni
legge naturale e di ogni buon senso, venga attaccato o messo in discussione non
solo il celibato sacerdotale, vale a dire la castità che si impegnano a vivere
coloro che sono chiamati al sacerdozio, ma addirittura il significato stesso di
“sacerdote” come istituzione di
origine divina. Per questo ritengo
opportuno ricordare prima chi è il sacerdote, per poi arrivare a capire meglio
il motivo per il quale la Chiesa ha da sempre collegato il sacerdozio al
celibato, non come peso gravoso e condanna insopportabile, bensì come esigenza
dell’amore di predilezione da parte di Dio per compiere il mandato divino che gli
è stato assegnato da lui liberamente accettato.
Purtroppo da una decina di anni a questa
parte si è offerta una visione di sacerdote che assomiglia a un manager dalla
duplice mansione: quella religiosa come preghiera di intercessione per il
popolo, (come fanno più o meno in tutte le religioni), e quella sociale, culturale,
educativa e assistenziale in genere. Alla stregua di un insegnante di religione
nelle scuole che, una volta finita la lezione, si dedica a molte altre attività
a sostegno delle persone più bisognose, o di categorie più in difficoltà come
drogati, disabili, carcerati, disoccupati ecc.
Anche
se è vero che molti sacerdoti, purtroppo, dimenticando col tempo la loro missione
e responsabilità, possono dare questa deplorevole impressione, noi come popolo
cristiano dobbiamo avere le idee chiare e non perdere mai di vista l’aspetto
soprannaturale di questa vocazione straordinaria al sacerdozio, anche per aiutare
i preti a superare eventuali momenti di difficoltà o dubbio o cedimenti
attraverso la nostra comprensione, vicinanza e affetto.
SACERDOZIO E CELIBATO. Il Sacerdozio, conferito solo agli uomini dal Vescovo attraverso il Sacramento dell’Ordine Sacro, è di istituzione divina e nessuna autorità al mondo, nemmeno il Papa, lo può modificare a seconda di personali interpretazioni.
·
Il Sacerdote cattolico è l’unico al
mondo che, pur nei suoi limiti come persona, mette in comunicazione la terra
col cielo, l’umano col divino a tal punto da rendere presente Dio stesso nel
Figlio, Gesù Cristo, sotto le specie Eucaristiche del Pane e del Vino dato in
cibo per noi, un privilegio così grande da far tremare Angeli e Santi dalla
gioia pensando che, solo attraverso il sacerdote, si possono realizzare le
parole di Gesù nel Vangelo “Io sarò con voi
tutti i giorni fino alla fine del mondo”.
·
Il sacerdote cattolico è l’unico al
mondo che, attraverso i sacramenti istituiti da Gesù Cristo, che sono interventi
o aiuti soprannaturali per vivere da cristiani, è sempre vicino all’uomo nelle
tappe più importanti della sua vita (alla nascita col Battesimo che ci fa figli
di Dio; all’età della maturità attraverso la Confermazione che ci fa testimoni
di Dio; durante tutta la vita col perdono dei peccati attraverso la Confessione
e il nutrimento spirituale nelle difficoltà di ogni giorno con la Santa Eucaristia, (la
Messa); durante la malattia con il sollievo che dà l’Unzione dei malati
soprattutto in vista del grande passaggio alla Vita Eterna davanti al giudizio
di Dio; infine, nella scelta del matrimonio come sostegno spirituale per vivere
la fedeltà reciproca nella buona e nella cattiva sorte.
Il Sacerdote cattolico in pratica è, o dovrebbe
essere, come un secondo Angelo Custode, che ha cura della vita delle persone a
lui affidate e fornisce loro i “mezzi soprannaturali” per vivere da cristiani
in mezzo al caos infernale di questo povero mondo.
Tutte le altre attività umane,
educative, caritative ecc. peraltro importanti come completamento della
vocazione sacerdotale, non devono mai avere il sopravvento rispetto al compito
primario che è quello spirituale di essere “mediatore” tra Dio e gli uomini,
tra la persona e il suo destino di eternità.
Va da sé che un sacramento così
eccezionale come l’Ordine Sacro, che conferisce al sacerdote il potere di
chiamare sulla terra lo stesso Gesù Cristo vivo e vero, deve per forza avere un
contraccambio, una sua “croce” da portare, una rinuncia al mondo, alle sue
vanità o comodità che si vive soprattutto nel CELIBATO oltre che
nell’obbedienza al Vescovo, nella certezza che il Signore non chiede nulla al
di sopra delle nostre possibilità.
Ma il celibato che la Chiesa lega indissolubilmente al sacramento del sacerdozio, è anch’esso di istituzione divina? Si tratta di un impegno gravoso, dicono molti, e se si permettesse loro di sposarsi, di avere una famiglia, potrebbero esserci più vocazioni. A queste domande cerchiamo di rispondere estraendo molti spunti dai documenti sopra citati.
IL SACERDOTE NELL’ANTICO TESTAMENTO. Nell’Antico Testamento erano considerati
sacerdoti quegli uomini chiamati da Dio per celebrare il culto sacro per sé
stessi e per il popolo. Erano tutti maschi e discendenti di Aronne, fratello di
Mosè, perciò eredi di un tale compito per successione di parentela, sposati con
figli. Tuttavia durante il periodo in cui erano preposti alla celebrazione del
culto divino, dovevano astenersi dai rapporti sessuali con la moglie, come
segno di distacco, penitenza e purificazione.
L’AVVENTO DI GESU’ CRISTO. Con l’avvento di Gesù Cristo i “chiamati” al sacerdozio non provengono
come discendenza da un solo casato particolare come nel Vecchio Testamento, ma
da qualunque estrazione, razza, popolo o nazione. Inoltre non solo il concetto
di castità è stato reso vincolante e permanente per certe vocazioni speciali,
(sacerdozio, monachesimo, vita religiosa), ma anche la verginità, su imitazione
della verginità di Gesù, di Maria Santissima e di San Giuseppe, è stata elevata
a virtù di importanza basilare per tutti coloro che, anche nel mondo, si
sentivano chiamati a viverla. Tant’è vero che le prime martiri cristiane (S.
Agnese, Eufemia, Agata, Cecilia, Anastasia ecc.) avevano un concetto così alto
della verginità da escludere perfino matrimoni regolari anche di alto rango,
allo scopo di conservare la loro verginità per amore di Gesù Cristo e del Regno
dei Cieli.
I PRIMI DODICI APOSTOLI. Quando Gesù chiamò i primi dodici apostoli, pur non essendo esplicito il
Vangelo, si presuppone che fossero tutti liberi da matrimonio, essendo anche
giovani, tranne San Pietro che comunque deve essere stato vedovo perché si
parla della “suocera di San Pietro” guarita da Gesù e mai della moglie.
In tutti i casi, è certo che i dodici
apostoli, una volta preparati da Gesù nei suoi tre anni di vita pubblica per
seguire solo Lui, dovevano accettare liberamente gravose rinunce, non solo nei
confronti di moglie e figli, ma anche rinuncia alla casa, alla terra, alle
sicurezze, alle comodità, al lavoro, ai propri beni ecc. per mettere la loro
vita a totale disposizione del Signore nella piena fiducia che Dio stesso
avrebbe provveduto a loro, anche attraverso persone di buona volontà, come si
legge negli Atti degli Apostoli.
La sequela di Gesù Cristo esigeva questo
distacco totale, non solo per la necessità di essere liberi da tutti i legami allo
scopo di poter “andare e portare il Vangelo ad ogni creatura, battezzandole nel
nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, ma soprattutto per un motivo
soprannaturale molto importante dovuto alla loro consacrazione sacerdotale
che li avrebbe configurati a Gesù Cristo nella celebrazione sacra più sublime
che esista sulla terra che è la santa Messa, punto di unione tra cielo e terra,
tra umano e divino, tra l’uomo e Dio, nella certezza che Dio stesso avrebbe
conferito loro la grazia per poter essere all’altezza di questo compito divino.
I PRIMI CRISTIANI. La vita dei primi cristiani dopo l’Ascensione di Gesù al cielo, almeno per i primi secoli fino alla pace di Costantino (13 giugno 313 con l’editto di Milano) è stata caratterizzata da continue persecuzioni, incomprensioni e lotte, intrisa del sangue di molti martiri, molti dei quali erano sposati con moglie e figli, e pertanto impegnati a vivere la castità e la fedeltà coniugale nel matrimonio, ma coloro che, come successori dei primi dodici Apostoli, erano chiamati alla vocazione sacerdotale conferita loro da Gesù stesso nell’ultima Cena del Giovedì Santo con il sacramento dell’Ordine Sacro, erano tenuti all’osservanza del celibato, in modo particolare i Vescovi.
Dopo la pace di Costantino con la
libertà di culto, la donazione di molti beni alla Chiesa e il moltiplicarsi
delle vocazioni e del lavoro apostolico nel mondo, non sempre è stato osservato
nella vita pratica l’obbligo della castità e del celibato, a tal punto che
molti avevano contratto matrimonio dopo l’ordinazione o avevano figli
irregolari o venivano ordinati sacerdoti uomini già sposati con moglie e figli
rendendo in tal modo assai difficile per costoro conciliare i doveri verso la
famiglia di sangue con quelli della “famiglia soprannaturale” che sono le anime
affidate da Dio al suo Ministro.
CONCILIO DI ELVIRA. Fu così che nel quarto secolo i Vescovi convocarono il Concilio di ELVIRA (Granada IV secolo) per regolamentare questa situazione confusa e spesso irregolare e decidere quale impostazione ufficiale dare a coloro che si impegnavano a diventare sacerdoti. Fu deciso in forma vincolante che tutti i chierici dovevano astenersi dal matrimonio e dal generare figli, pena la deposizione dall’impegno sacerdotale, sull’esempio dei primi dodici apostoli e di Gesù stesso, nella certezza che non sarebbe mai venuto meno l’aiuto della grazia per coloro che si affidavano alla preghiera e ai sacramenti. Questa decisione però venne sancita solo come esortazione vincolante che molti sacerdoti interpretavano con molta libertà, sia pure nella consapevolezza di non essere in regola con il mandato divino che rimaneva comunque chiaro e vincolante per tutti.
CONCILIO LATERANENSE DEL 1215. La prassi del celibato sacerdotale, pur essendo sempre stata consigliata e lodata a livello diciamo esortativo e disciplinare, divenne NORMA VINCOLANTE PER TUTTA LA CHIESA CON IL CONCILIO LATERANENSE IV NEL 1215. Le motivazioni addotte dal Concilio indicato sono essenzialmente le seguenti: “Una delle ragioni per cui il celibato ecclesiastico si diffonde e si “impone” alla Chiesa latina è proprio grazie alla dottrina della “transustanziazione” dove viene ribadita l’identificazione del sacerdote con Cristo in modo molto più profondo rispetto al passato. (…) Il celibato ecclesiastico diventa il modello perfetto alla luce anche del “sacrificio eucaristico” in cui il sacerdote si identifica con Gesù e il suo Corpo per cui la tradizione celibataria richiama nel prete la purezza di Cristo”
Dalla celebrazione quotidiana
dell’Eucaristia nacque spontaneamente l’impossibilità del legame matrimoniale.
Si può dire che l’astinenza sessuale che nell’Antico Testamento era funzionale
solo al momento della celebrazione sacra, poche volte durante l’anno, con Gesù
Cristo diventa così una ASTINENZA ONTOLOGICA, che riguarda cioè tutto l’essere e
per sempre, in quanto l’Eucaristia celebrata quotidianamente e talvolta anche
più volte al giorno a seconda delle necessità, diventa un “habitus” perenne di
vita, una donazione di sé come corpo consacrato da offrire a Dio, Sommo ed
Eterno Sacerdote, purissimo e santissimo. Il sacerdote è l’uomo di Dio per
eccellenza, che deve vivere per Lui e in Lui costantemente e perciò rinuncia al
matrimonio e alla famiglia accettando solo Dio come sostegno e garante della
propria vita.
Benedetto XVI
nell’esortazione apostolica “Sacramentum caritatis” afferma “Il celibato sacerdotale nasce
dall’Eucaristia. Esso conferisce a tutta la vita del sacerdote un significato
sacrificale. Dall’Eucaristia riceve la grazia e la responsabilità (…) pertanto
il legame tra continenza e celebrazione eucaristica, da sempre percepito dal
“sensus fidei” dei fedeli, tanto in Occidente quanto in Oriente, non ha dunque
nulla a che vedere con un tabù rituale relativo alla sessualità. Nessuno può
rimanere fedele al celibato senza la celebrazione quotidiana della santa Messa
perché nell’Eucaristia il sacerdote riceve il celibato come dono.”
Un santo coraggioso difensore del
celibato sacerdotale è stato San Josemaria Escrivà, fondatore dell'Opus Dei, che in una omelia del 13
aprile 1973 affermava: “E’ opportuno
ricordare, con caparbia insistenza, che tutti i sacerdoti, sia noi peccatori
che quelli che sono santi, quando celebrano la santa Messa non sono più sé
stessi. Sono Cristo che rinnova sull’Altare il suo divino Sacrificio sul
Calvario. Presso l’altare infatti, non presiedo io la Messa che ci ha riuniti,
ma è Gesù che la presiede in me. Benchè io ne sia indegno, Gesù è veramente
presente nella persona del celebrante. Io
sono Cristo: che terribile affermazione! Che tremenda responsabilità! Sono
presso l’altare del Signore nel suo nome e al posto suo”
CELIBATO E AMORE. Il sacerdote è in
grado di vivere il celibato nella misura in cui IMPARA AD AMARE, vale a dire
rinuncia a sé stesso per essere con Dio e in Dio, in un rapporto di comunione
intima con Lui dove non è il dovere freddo che lo impegna, o la paura del castigo,
ma è LA CONSAPEVOLEZZA DI ESSERE AMATO DA DIO IN MODO UNICO ED ESCLUSIVO, TALE
DA SENTIRE IL DOVERE DI RICAMBIARE QUESTO AMORE DI DIO CON ALTRETTANTO AMORE. Infatti la vita ascetica e mistica del
cristiano si basa essenzialmente su questo: L’AMORE! Sempre San Josemaria Escrivà afferma in Cammino al n. 999: “Il segreto per la perseveranza? L’AMORE!
Innamorati (di Gesù) e non lo lascerai.”
Le famose nozze mistiche di alcune sante come Santa Caterina da Siena, la manifestazione umile e commovente di Gesù quando ad esempio nel vangelo piange davanti alla morte dell’amico Lazzaro perchè lo amava come pure le sue sorelle Marta e Maria, o quando manifesta agli Apostoli il suo amore dicendo che preparerà per loro un posto nel cielo, o quando si commuove davanti alle folle stanche e affamate che lo seguono moltiplicando per esse i pani e i pesci, e così via ecc. Alla fine, quale dimostrazione di amore più grande di quella di essere messo in croce per amor nostro? PER AMORE MIO PERSONALE!
Quale
amore più grande di quello dei martiri che davano la vita per Gesù e non
rinnegavano la loro fede nemmeno quando vedevano avanzare il boia con la spada
sulla loro testa e nessun Angelo compariva dal cielo per salvarli!
Quale amore più grande di quello di certi sacerdoti in concetto di santità come don Dolindo Ruotolo, che perdonava ai suoi confratelli che lo umiliavano e calunniavano mentre lui continuava a pregare per loro?
O quale amore più grande
di quello manifestato da un altro sacerdote diocesano in concetto di santità,
don Ferdinando Rancan, quando il Vescovo lo cacciò brutalmente dal seminario alla vigila
della sua ordinazione sacerdotale per un malinteso dicendogli “io non ti
ordinerò mai!” mentre lui, cacciato e umiliato, continuò con umile perseveranza
il suo cammino di fedeltà, vestendo sempre la tonaca di chierico nella certezza
che il Signore lo avrebbe prima o poi chiamato ad essere prete. Come in effetti
avvenne dopo ben 4 anni di esilio e solitudine vissuti sotto il giudizio negativo degli uomini, in mezzo a tribolazioni e prove di ogni genere. Ma l'amore ha avuto il sopravvento!
Il cammino per innamorarsi di Gesù ha un solo nome “SANTITA’” che si realizza attraverso una vita di preghiera, di rinuncia, di umiltà, di comunione con Dio non solo nella celebrazione eucaristica, ma sempre, soprattutto in quei tempi durante la giornata che i santi dedicano alla “orazione” o meditazione nei quali si rimane da soli con Dio a contemplarlo, a parlargli e ad ascoltarlo, anche attraverso un libro di meditazioni che aiuti a conoscere meglio l’amore di Dio per ognuno di noi.
RIVELAZIONI A SANTA BRIGIDA SUL CELIBATO
SACERDOTALE. Nelle varie rivelazioni ricevuta da
Gesù a Santa Brigida di Svezia, si leggono queste testuali, forti parole: “Guai
a quel Papa che si mostrasse incline ad autorizzare il matrimonio dei
sacerdoti, ne trarrebbe un giudizio terribile; Dio lo colpirebbe con cecità
spirituale e sordità; non potrebbe dire altro, né fare, né gustare dell’ordine
soprannaturale, e inoltre dopo la sua morte, la sua anima sarebbe gettata nelle
profondità dell’inferno, per rimanervi eternamente in preda dei demoni…” (Santa
Brigida di Svezia, Rivelazioni, VII, 10)
ASPETTO PEDAGOGICO ANTROPOLOGICO
Considerazioni personali
Certo il demonio è furbo e mentre suscita errori e abusi da parte di certi ecclesiastici creando scandali nei credenti e in tutta l’opinione pubblica, si serve poi degli stessi per proporre dei rimedi che sono come la benzina per spegnere il fuoco, cioè l’abolizione del celibato sacerdotale, unico vero baluardo per la difesa del sacerdozio come Gesù l’ha voluto mostrando come modello i primi 12 Apostoli: solo uomini, e liberi dal matrimonio.
MATRIMONIO. Come se il matrimonio fosse il rimedio di ogni male e il refrigerio per ogni "bollore" che si passa nella vita! Come se gli uomini sposati fossero immuni da tentazioni o cadute o infedeltà! Perfino il laico sposato, se vuole essere coerente con la sua fede ha la sua croce da portare con la moglie, e non parliamo di eventuali figli scapestrati. Infatti, se è vero che un sacerdote deve rinunciare a tutte le donne, diceva ironicamente un santo sacerdote, anche il laico cristiano sposato deve rinunciare a tutte le donne MENO UNA! Se poi questa “una” risulta essere difficile, caratteriale, lunatica, bisbetica ecc. si salvi chi può…. Meglio il celibato centomila volte!! Senza dire della possibilità che si aprano poi anche per i preti sposati tutte le rivendicazioni tipiche del matrimonio attuale: separazione, divorzio, tradimento ecc. in una voragine di miserie che porta tutti all’inferno, in primis la donna che ha corrotto il prete.
LA VOCAZIONE DELLA
DONNA. Assurdo poi pensare che le donne siano discriminate perché non possono
accedere al sacerdozio! Secondo i disegni di Dio, dovrebbero averne più che a
sufficienza nel mettere al mondo e crescere i figli dando loro la vita
materiale, mentre al sacerdote è riservata la vita soprannaturale delle anime.
O volete impicciarvi anche di questo e
di tutto il resto, voi care donne che scodinzolate sull’altare mettendo in
difficoltà i preti che non hanno affatto bisogno di voi per la celebrazione
della Messa! E neppure per la lettura della Parola di Dio che è meglio
lasciarla agli uomini.
GIU’ LE DONNE DALL’ALTARE!
Se Gesù avesse voluto ordinare sacerdote
le donne, avrebbe cominciato dalla Sua santissima Madre, Maria Immacolata.
Invece no! Lei, la prediletta fra tutte le creature maschili e femminili, ha
accettato con gioia la volontà di Suo Figlio di vivere accanto ai primi
Apostoli sacerdoti servendoli con umiltà e piena dedizione senza la pretesa di
essere sacerdotessa, perché questo non rientra nei disegni di Dio. E la Chiesa
e il Papa devono rispettare la volontà di Dio a costo di creare uno scisma che è
necessario e doveroso quando le novità di certo clero infedele rischiano di
compromettere la struttura stessa della Chiesa come Gesù Cristo l’ha voluta. Meglio una Chiesa povera, umile, piccola ma fedele al volere del suo fondatore divino, che un'ammasso di persone senza fede, senza testa e senza amore.
LA SOLITUDINE DEL SACERDOTE. Parlare della solitudine del sacerdote non ha senso, perché il vero
sacerdote che si preoccupa veramente della salvezza delle anime, non dovrebbe
avere neppure il tempo di provare la solitudine, primo perché dovrebbe essere
così impegnato con le persone a lui affidate (sacramenti, catechesi, liturgia, formazione dei giovani,
visite ai malati, aiuto ai poveri e sofferenti ecc.) da non riuscire a trovare
neppure il tempo per le sue cure personali; secondo perché quand’anche si
trovasse veramente solo in una parrocchia sperduta, la sua unione con Dio e con
la croce di Gesù Cristo dovrebbe dargli quella forza interiore che lo aiuta a
proseguire il suo cammino con fedeltà eroica in qualunque circostanza e con le persone che si trova vicino. E questo periodo difficile che stiamo attraversando da tutti i punti di vista, spirituale, materiale, economico, sanitario, culturale, legale...non è tempo di piangersi addosso, ma è tempo
di vivere la fedeltà eroica fino al martirio, fino alla morte, perchè solo dalla sofferenza offerta a Dio può rinascere dalle catacombe la "vera Chiesa" come l'aveva profetizzata il vero Papa Benedetto "povera, umile, perseguitata, ma fedele a Gesù Cristo". Come dalle parole di Sant'Atanasio durante l'eresia ariana che aveva coinvolto quasi tutto il popolo cristiano, perfino Papa Liberio, quando disse con coraggio ai pochi che lo avevano seguito: "Voi tenetevi le vostre chiese, noi ci teniamo la nostra fede!". E infatti Gesù lo premiò col ritorno alla fedeltà e alla Verità di tutto il popolo cristiano. Con Dio non si scherza, è un Dio esigente perchè la posta in gioco non è una miserabile carriera ecclesiastica o civile, ma LA VITA ETERNA IN PARADISO O ALL'INFERNO.
BELLEZZA DELLA VITA CRISTIANA. La vita cristiana non è facile ma è felice, diceva un santo prete, se la si vive nella sua completezza, anche sotto l’aspetto di croce, ma di una croce che non ti schiaccia, ma che ti porta, ti solleva, ti sostiene se tu preghi il Signore Gesù e la Vergine Maria tutti i giorni, anche nella Liturgia delle Ore, nel Rosario, nella meditazione o adorazione quotidiana, nella lettura di qualche valido libro spirituale ecc.
D’altra parte non solo la virtù della
castità è difficile da vivere, come una tentazione che ogni tanto riemerge per
farci toccare con mano la nostra miseria e la necessità di vivere l’umiltà
nella confessione, ma tutte le altre virtù sono difficili da vivere: la
pazienza, la laboriosità, l’onestà, il rispetto, la sopportazione delle persone
moleste, la sincerità, la lealtà, perché l’invidia del bene altrui che cova
dentro è sempre in agguato, come il voler emergere sugli altri, l’attaccamento al
denaro in maniera morbosa, il sentirsi presidente del club delle patate fritte
pur di credersi “qualcuno che conta” ecc. sono tutti peccati sempre presenti
nel nostro cuore, almeno come tentazioni da vincere se si vuole essere fedeli.
Senza parlare dei peccati o tentazioni contro le tre virtù teologali di FEDE,
SPERANZA E CARITA’.
SMASCHERARE IL DEMONIO.
Scopo primario
del diavolo comunque, è quello di attaccare la fede in Gesù Cristo ma ne
uscirebbe perdente se tentasse subito i sacerdoti su questo argomento di alto
livello intellettuale. Perciò lui, astuto serpente che fa? Raggira l’ostacolo e
cerca di far crollare il sacerdote partendo dal punto più debole di ogni
persona umana: la castità, l’attrattiva sessuale, anche puntando sull’aspetto
lecito di una consolazione, di una famiglia, ma l’astuto serpente arriva a un
punto tale che, una volta caduta la sua vittima preferita che è il sacerdote e gettato
nelle reti diaboliche di coloro che sono esperti nel corrompere e poi
ricattare, difficilmente riuscirà a venirne fuori indenne se non lo fa subito
con coraggio e determinazione e molta preghiera..
Perché bisogna avere le idee chiare: non
si tratta di essere super uomini o donne di ferro, glaciali, perfetti, impeccabili, mai
una caduta, mai una tentazione, mai una prova che metta in discussione la tua
vita. NOOO! NON E’ QUESTA LA VITA CRISTIANA. Non sono le cadute che devono
spaventare, quando ci si rialza e si chiede perdono nella confessione cercando
di fuggire determinate occasioni pericolose, ma quello che si deve combattere con coraggio è il considerare il
peccato come stile di vita, come diritto, come orgoglio, quando magari è un
vizio contro natura che, oltretutto, non produce serenità ma turbamento, ansia,
rabbia, rivendicazioni, cattiveria e perfino impulsi di odio contro coloro che
difendono i valori cristiani perché in questo il diavolo ha buon gioco.
Ma non dobbiamo scoraggiarci perché Gesù
ha detto che con Lui possiamo tutto, anche arrivare alle cime più alte della
santità che vuol dire toccare con mano la felicità che si prova quando si vive
in comunione con Dio e facendo del bene ai fratelli, contenti di vederli
felici, di poter contribuire alla loro felicità e alla loro conversione.
SACERDOZIO E GIOVEDI’ SANTO
Il giovedì Santo è per il sacerdote il “SUO GIORNO”, importante come il giorno della sua ordinazione sacerdotale, perché proprio in quel giorno, durante l’ultima Cena e alla vigilia della sua Passione e Morte del Venerdì Santo, il Signore Gesù ha istituito ben due Sacramenti: IL SACERDOZIO E LA SANTA EUCARISTIA, entrambi collegati perché non ci può essere sacerdozio senza Eucaristia, e non ci può essere Eucaristia senza il sacerdote che la celebra.
E’ talmente importante questo giorno che
lo si potrebbe considerare allo stesso livello della Santa Pasqua, perché se è
vero che il fulcro principale della nostra fede è la RESURREZIONE DI GESU’
CRISTO, (a tal punto da far dire a San Paolo che se non ci fosse la Risurrezione,
vana sarebbe la nostra fede) è altrettanto vero che senza il Sacerdozio
neppure avremmo la Santa Eucaristia perchè nessuno al mondo, se non il
sacerdote, ha il potere per volontà di Dio di rendere vivo e vero Gesù stesso
nelle sacre specie del Pane e del Vino, rendendo possibili le sue Parole “IO
SARO’ CON VOI TUTTI I GIORNI FINO ALLA FINE DEL MONDO”.
GIOVEDI’ SANTO E PAPA BERGOGLIO.
Ebbene se pensiamo che, dal giorno della sua elezione al soglio pontificio,
13 marzo 2013, (vera o falsa che sia la sua elezione, come da dichiarazione del
defunto card. Daneels), papa BERGOGLIO SI E’ SEMPRE RIFIUTATO DI CELEBRARE
LITURGICAMENTE QUESTA RICORRENZA SACRA MERAVIGLIOSA, come era prassi fare nella
piazza di San Pietro di solito gremita di fedeli, sostituendola con una strana,
deplorevole celebrazione privata ammantata di falsa carità cristiana in quanto focalizzata
sulla lavanda dei piedi a poveri stranieri, (mentre Gesù Cristo li ha lavati
solo ai suoi 12 Apostoli, come suoi successori nel sacerdozio e non a
estranei), c’è di che sobbalzare inorriditi per questo palese abominio contro
la volontà di Dio e la prassi perenne della Chiesa.
Infatti con questo comportamento assai eloquente di
Bergoglio vengono eliminati o comunque disprezzati nientemeno che I DUE PIU’
IMPORTANTI SACRAMENTI DELLA NOSTRA FEDE: SACERDOZIO ED EUCARISTIA tra il
silenzio colpevole di tutto il Clero, religiosi e laici compresi.
Sono dieci anni che si
fa silenzio su questo fatto davvero scandaloso, ritenendolo ormai prassi della
Chiesa, della falsa chiesa bergogliana che finisce col gettare nel
dimenticatoio il cuore della fede cristiana che è il Sacerdozio e la santa
Eucaristia sostituendole con celebrazioni pagane o dubbie che nulla hanno da
spartire con la nostra vera tradizione cattolica bimillenaria.
Grande è la responsabilità del Clero davanti al giudizio di Dio in questo e
in molte altre tristi vicende scandalose che si sono moltiplicate in questi
deplorevoli 10 anni di pontificato bergogliano, vero o falso che sia,
certamente un pontificato di vera apostasia che sta dilagando a macchia d’olio
dal trono pontificio ottenuto con l’inganno dalla mafia del Sangallo che per
questo motivo sarebbe passibile di scomunica, secondo l’esortazione di Giovanni
Paolo II “Universi Domici gregis”.
Per i responsabili di questo abominio, anche attraverso il silenzio e l’indifferenza, c’è la probabilità che si possa andare dritti all’inferno. E pare non manchi molto alla resa dei conti finale.
L’IDOLATRIA IN VATICANO. Se poi pensiamo che è ancora intronizzata dentro il cuore della Basilica
di San Pietro, l’orrenda statua della dea pagana Pachamama, senza che nessuno
l’abbia più rimossa, per volere del falso papa Bergoglio ma col tacito e
colpevole silenzio di tutti i Cardinali e Clero in genere, ci dovremmo
meravigliare se dovesse accadere qualcosa di veramente terribile dentro lo
stesso Vaticano? Se perfino Roma falsa e bugiarda che non è più la città santa
ma la città del nemico di Dio dovesse cadere miseramente nelle mani dei suoi
invasori? Ci sono le profezie che
parlano chiaro in tal senso.
Con la Pachamama diabolica in Vaticano,
con le proiezioni di bestie infernali sulla facciata di San Pietro il giorno
dell’Immacolata, 8 dicembre 2015; con la porta degli Inferi al Quirinale e col
dio Moloch davanti al Colosseo, senza dire della statua del caprone infernale a
Milano in piazza Duomo, tutti intronizzati e difesi dal Clero traditore, a iniziare
da Bergoglio, che altra diavoleria manca per far capire che dovrà capitare a
breve qualcosa di veramente tragico e disastroso DENTRO LE MURA VATICANE MA
ANCHE NELLA CITTA’ DI ROMA E ALTROVE?
L’ira di Dio trattenuta fino ad ora
dalla mano materna di Maria Immacolata, sta per piombare sulla testa di coloro
che hanno voluto tradire nostro Signore Gesù Cristo per adorare Satana anche attraverso il loro silenzio colpevole.
Dobbiamo ravvederci tutti seriamente prima di giocarci l’anima a forza di voler difendere a tutti i costi un papa che, quand’anche fosse legittimo, sarebbe comunque un papa apostata, passibile di scomunica immediata “latae sententiae”. Preghiamo per lui.
Che Dio abbia pietà e misericordia di noi che professiamo la nostra Fede e il nostro Amore in Gesù Cristo, nostro Dio, Signore e Salvatore, Maestà infinita, Re dell’Universo, Unico, Sommo ed Eterno Sacerdote per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Patrizia Stella
Bibliografia
Robert Sarah, Joseph Ratzinger, dal
profondo del nostro cuore, Cantagalli, 2020
Paolo VI, lettera enciclica Sacerdotalis
caelibatus, 24 giugno 1967
Giovanni Paolo II, Esortazione
apostolica Pastores dabo vobis, 1992
Giovanni Paolo II, Costituzione
apostolica “Universi dominici gregis” 1996
Benedetto XVI, Esortazione apostolica
Sacramentum caritatis, 2007
J. Escrivà, La Chiesa nostra Madre, ed.
Ares 1993
Vaticano II, Costituzione dogmatica
sulla chiesa “Lumen gentium”