CARITÀ
EROICA VERSO IL PROSSIMO
N.
1 CARITÀ CON OPERE DI SERVIZIO.
Durante
la sua permanenza come parroco ai Santi Apostoli (1980/1997) don
Ferdinando si occupò di molte cose, soprattutto di carattere
pastorale, ma senza mai trascurare la sua attenzione verso i poveri
in situazioni difficili impegnandosi, con più o meno successo, a
cercare o indirizzare le persone alla ricerca di un lavoro o di un
alloggio o un sussidio. Spesso si rammaricava per non essere
riuscito in questo intento, tuttavia una cosa è certa: nessuno se ne
andava da lui senza aver ricevuto almeno un’offerta in denaro per
le loro necessità.
Anche
se la parrocchia era nella zona del centro storico per eccellenza,
fra Corso Cavour e piazza Brà con palazzi famosi di famiglie nobili
di Verona, in realtà vivevano anche molte famiglie semplici, o
anziani poveri magari nei piani terra o rialzati di quei palazzi o
vie laterali. In parrocchia don Ferdinando ha sempre sostenuto e
incrementato la “Società di San Vincenzo” per i poveri,
Associazione benefica che i parroci precedenti avevano istituito
grazie anche alla generosità di quei parrocchiani benestanti che
provvedevano ad aiutare famiglie in difficoltà, sia della parrocchia
che fuori, pagando bollette, viveri, affitti, ecc
Quando
lui si trasferì dalla parrocchia in un appartamento privato cedendo
il posto al nuovo parroco, don Gino Oliosi, alcuni dei poveri che
erano aiutati dalla San Vincenzo della parrocchia, venivano a
trovarlo anche a casa sua chiedendogli un aiuto economico o un
consiglio. Mentre io cercavo di rimandarli educatamente alla S.
Vincenzo della parrocchia offrendo loro un pacchetto di viveri o
dolcetti, d. Ferdinando invece li faceva entrare nel salottino
dell’ingresso, li salutava con affetto, spiegando loro che poteva
dare in denaro solo quello che gli permetteva la sua povera pensione
da prete, ma comunque nessuno tornava a casa senza aver ricevuto un
obolo a seconda delle loro necessità e sempre lo ringraziavano con
un bel “arrivederci” alla prossima volta. Erano felici
soprattutto di aver ricevuto da lui un po’ di attenzione, una
parola buona, un interessamento verso la loro salute o dei figli o
della famiglia. Ho notato che, alla fine, venivano più per questo
loro desiderio di rivedere il loro ex parroco e sapere di essere da
lui ricordati, che per l’aiuto economico.
N.
2 IOLE LA GIOSTRAIA
IOLE
LA GIOSTRAIA veniva da anni in parrocchia da d. Ferdinando a chiedere
aiuti economici per pagare le bollette soprattutto della luce per la
sua famiglia. Erano veronesi della periferia di San Bonifacio che
andavano in giro in occasione di fiere o sagre di paese con una
roulotte malandata e un banchetto di giochi popolari o di dolcetti.
Un giorno ci spiegò la sua situazione abitativa molto precaria.
Infatti vivevano in sei, padre madre e quattro figli in una roulotte
piccola e malandata dentro cui pioveva acqua. Inutili furono i nostri
tentativi di cercar loro un alloggio popolare che loro rifiutavano
perché in effetti lavoravano come nomadi in giro per le fiere
paesane e pertanto l’unico alloggio a cui aspiravano era una nuova
roulotte più grande e confortevole per potersi muovere facilmente da
un paese all’altro.
A
tale scopo d. Ferdinando si interessò per l’acquisto di una
roulotte più grande, magari a buon prezzo fra quelle usate in buone
condizioni, e incaricò un paio di persone, tra cui la sottoscritta.
Una volta reperita secondo il nostro parere, la facemmo vedere alla
signora Iole che la trovò ideale per la sua famiglia.
Non
trovammo subito i soldi perché mi pare che costasse 6 milioni e
mezzo delle vecchie lire ma prendemmo accordi con il venditore di
consegnarcela dando una caparra e pagando un po’ al mese, dietro
garanzia del nostro parroco che inviò al responsabile dell’azienda
un suo scritto di referenza. Don Ferdinando non fece in tempo a
divulgare la notizia a qualche parrocchiano o benefattore di sua
conoscenza che subito, sulla fiducia, questi dimostravano la loro
generosità venendo incontro alle richieste con contributi piccoli o
grandi ma a tal punto che la roulotte venne pagata nel giro di pochi
mesi.
La
signora Iole continuò ad andare a trovare d. Ferdinando anche dopo
la parrocchia, nel suo appartamento privato per salutarlo con
gratitudine e avere qualche offerta, almeno a Natale e a Pasqua, fino
alla morte di d. Ferdinando.
In
fede Patrizia Stella
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N.
3. CARITA’ CON OPERE DI SERVIZIO
Sempre
nella parrocchia dei Santi Apostoli, ci fu il caso di un piccolo
imprenditore della periferia di Verona che andò disperato da don
Ferdinando, che conosceva da anni, a chiedergli aiuto perché la sua
piccola azienda che aveva non ricordo bene se tre o quattro
dipendenti, per una serie di problemi, rischiava il fallimento col
rischio che questi dipendenti con famiglia perdessero il lavoro.
Aveva subito bisogno di un TOT DI MILIONI DI LIRE per bloccare il
fallimento e riprendere poi l’attività.
Don
Ferdinando, dopo aver chiesto tutte le credenziali necessarie del
caso (pur conoscendo personalmente l’imprenditore e la sua onestà),
pensò di venirgli incontro anticipandogli quei soldi che una Banca
gli aveva da poco elargito come contributo per la ristruttura del
complesso parrocchiale, del quale comunque doveva rendere conto al
Consiglio pastorale e alla Curia alla fine dei lavori.
Come
pegno, l’imprenditore gli lasciò degli assegni postdatati
dell’importo totale di quei milioni di lire anticipati da d.
Ferdinando che avrebbe potuto riscuotere alla data indicata sui
rispettivi assegni. I primi assegni furono coperti secondo le date
previste, ma purtroppo rimasero scoperti gli altri assegni e, mano a
mano che si avvicinava la scadenza della riscossione,
quell’imprenditore avvisava tutto angosciato d. Ferdinando di non
andare a riscuoterli perché erano scoperti ma di avere fiducia
perché un po’ alla volta avrebbe sistemato tutto perché c’erano
buone prospettive di ripresa del lavoro.
Passò
il tempo senza che d. Ferdinando andasse più in Banca a verificare
la situazione, e rimasero da riscuotere ancora quattro assegni, come
da allegato, dove ho ritenuto opportuno coprire la firma del manager
che è tuttora vivente e anche conosciuto, assegni che alla fine d.
Ferdinando non se la sentì più di riscuotere perché capiva la
difficoltà di questo signore a tenere in piedi la sua azienda e non
voleva ritenersi il responsabile di questo increscioso fallimento e
ancor meno del licenziamento di operai con famiglia. Confidava
nell’aiuto della Provvidenza e fece pregare per questa intenzione,
sempre nell’anonimato.
Qualche
tempo dopo ottenne dall’impresa di costruzioni che nel frattempo
aveva portato a termine i lavori di ristrutturazione del complesso
parrocchiale, uno sconto straordinario di una quindicina di milioni
rispetto al preventivo presentato! Più o meno la cifra che d.
Ferdinando aveva sborsato prelevandoli dalla cassa “ristrutturazione
chiesa” e pensò che quello era veramente il segno della
Provvidenza di Dio per venire incontro alle difficoltà di questo
bravo e responsabile imprenditore senza creare nessun debito per
nessuno. L’azienda riprese bene in seguito la sua attività.
Vedi
allegato fotocopia dei 4 assegni
In
fede
Patrizia
Stella
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PARERE
DEL MEDICO CURANTE. VALORI DA COMA
L’ultimo
giorno della sua vita, tra il 9 e il 10 gennaio 2017, abbiamo
accompagnato don Ferdinando d’urgenza all’ospedale a causa
dell’aggravarsi delle solite crisi respiratorie per le quali veniva
talvolta ricoverato in rianimazione, ma dalle quali usciva sempre
come se fosse stato miracolosamente rinvigorito, tanto che il giorno
dopo lo si vedeva sull’altare a celebrare la Messa e predicare,
nell’incredulità di coloro che avevano pregato per lui credendolo
moribondo o addirittura morto.
Quel
giorno però fu quello destinato da Dio per il suo passaggio al cielo
dopo aver compiuto 90 anni di età. Entrati d’urgenza al pronto
soccorso al mattino di lunedì 9 gennaio, iniziò un crollo
progressivo nonostante le cure prestate per rianimarlo. Chiamammo
allora il suo confessore, don Ermanno, che venne subito ad
amministrargli i Sacramenti, compresa l’Unzione dei malati e la
benedizione papale, alla quale d. Ferdinando teneva molto perché la
imparò da sua nonna Virginia che la faceva recitare tutte le sere ai
suoi nipotini orfani prima di andare a letto. Sono sicura di fargli
piacere se la tramando così come la recitava lui in mezzo dialetto
“O mio Gesù, vado a letto! Non so se ho da levare. Tre cose ti
voglio domandare: Confesion, Comunion e Benedision papale”. Un
po’ alla volta entrò in una specie di coma irreversibile sotto
controllo del medico di turno, il quale ad un certo punto uscì con
queste testuali parole “Noi medici (del reparto di pneumologia
di Borgo Trento dove veniva spesso ricoverato e che ringraziamo per
le cure prestate) noi medici ci siamo chiesti più volte come abbia
fatto quest’uomo a vivere con valori da coma! E
davanti al nostro sguardo allibito che chiedeva ulteriori
spiegazioni, questi rimarcò con maggiore sicurezza: “Si!
E’ vissuto con valori che per un uomo normale significano coma”.
Lo
assistemmo con affetto nelle ultime ore del giorno 9 tenendogli la
mano e invocando l’intercessione di S. Giuseppe, Patrono della
buona morte, mentre il suo respiro si faceva sempre più debole e
pensavamo che forse il Signore lo voleva prendere lo stesso giorno “9
GENNAIO”, DATA DELLA NASCITA DEL FONDATORE DELL’OPUS DEI. Invece
notammo che, pur facendosi sempre più debole il respiro, però
reggeva ancora, ora dopo ora, fino ad arrivare alla mezzanotte del
giorno dopo, 10 gennaio.
Da
quel momento iniziò il tracollo definitivo finché alle ORE UNA
DELL’ ALBA DEL 10 GENNAIO 2017, esalò l’ultimo suo respiro. A
quel punto capimmo, senza bisogno di parole, che d. Ferdinando, nella
sua umiltà e delicatezza di vita, già in contatto col Cielo, non
voleva far coincidere la data della sua morte di semplice sacerdote,
con quella della nascita del suo Santo Fondatore, San Josemaria
Escrivà, 9 gennaio, autorità ben più grande nella Chiesa e Maestro
di vita spirituale.
La
data del 9 gennaio doveva rimanere tutta e solo per san Josemaria
Escrivà.
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L’AMORE
ALLA SANTA MESSA
Vero
“Alter Christus”, trovò nel Sacrificio Eucaristico quella forza
soprannaturale che sempre lo accompagnò anche nei momenti più
difficili, tanto che era inconcepibile per lui passare un giorno
senza celebrare la Messa. Negli ultimi anni, non potendo più andare
in parrocchia, anche a motivo di una progressiva cecità, celebrava
la Messa in casa, sulla mensola di una libreria allestita a tale
scopo, ma quando veniva ricoverato, la celebrava perfino sul tavolino
della stanza da letto dell’ospedale, avendo sempre a disposizione
una valigetta con tutto l’occorrente. Perfino certe sere quando
tornava a casa dopo una giornata di analisi e visite mediche
estenuanti, non si metteva a cena se non dopo aver celebrato la Messa
del giorno.
Era
edificante vedere con quanta fede si inginocchiava fino a terra,
durante la Consacrazione nella Messa, in adorazione del divino
Mistero Eucaristico. Sosteneva che la Messa doveva essere, in un
certo senso, un tutt’uno col sacerdote, perché sua prerogativa
esclusiva, un privilegio così grande da far tremare Angeli e Santi
dalla gioia pensando che solo ai Sacerdoti cattolici in virtù del
Sacramento dell’Ordine Sacro, è stato concesso da Dio stesso “Il
privilegio di portare Gesù vivo e vero dal Cielo alla terra”
L’ultimo
giorno della sua vita, diciamo alla fine del giorno 9 gennaio 2017,
entrò nel coma profondo che prelude di solito al “grande
passaggio” e quale fu la nostra meraviglia quando all’improvviso
ebbe come un risveglio, che di solito viene chiamato risveglio “ante
mortem”, si mise a sedere sul letto, si guardò intorno e la prima
cosa che chiese fu questa: “Portatemi
a casa perché voglio dire la Messa”.
Furono le sue ultime parole, il suo pensiero costante e dominante
“celebrare la Messa” ogni giorno, e quando era parroco, se
necessario, anche più volte al giorno.
In
fede Patrizia Stella
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VITA
DI FEDE EROICA
Era
sempre disponibile per le confessioni o direzione spirituale e
seguiva ogni persona secondo le proprie esigenze, senza mai ferirle o
umiliarle, ma cercando di incoraggiarle a superare o accettare le
loro fragilità
L’ATTUALE
SACERDOTE PENITENZIERE DELLA Curia, mons. Bruno Ferrante, che era
stato suo alunno in seminario e aveva avuto modo di frequentare anche
in seguito d. Ferdinando, un giorno mi disse, mentre gli parlavo
della santità eroica del Fondatore dell’Opus Dei, da me conosciuto
personalmente quando lavoravo nella sede centrale a Roma, mi disse
queste letterali parole “la santità di d. Ferdinando non è da
meno di quella del suo Fondatore”
C’è
uno scritto autografo del prof. Gino Barbieri, già Preside delle
Facoltà Umanistiche dell’Università di Verona che dice così:
Quando predica, don Ferdinando mi commuove. Mi pare di sentire la
voce del Salvatore
EMARGINAZIONE.
Il suo più grande eroismo è stato il periodo della prova nella
seconda parte della sua vita, (a parte quello straordinario e
traumatico dell’espulsione dal seminario nel 1949), cioè quello di
aver chiesto invano di continuare a fare il prete in una chiesa
pubblica, o Rettoria o Cappella a disposizione dei fedeli, dopo che
gli venne chiesto di cedere la parrocchia all’età di 71 anni a un
suo confratello. Si può dire che quel periodo di 17 anni (1980-1997)
in cui svolse la mansione di parroco dei Ss. Apostoli è stato
l’unico della sua vita nel quale ha potuto dare il massimo delle
sue potenzialità sacerdotali: umane, spirituali, culturali, ecc.,
pur in mezzo ai soliti disturbi respiratori che comunque non gli
hanno mai impedito di fare il prete a tempo pieno.
Dopo
di allora, la totale o parziale emarginazione! Per impedirgli di
continuare a celebrare la Messa sul tavolo del suo studio dopo due
lunghi anni senza nessun’altra prospettiva, come se fosse sparito
dalla diocesi, si alzò la voce verbale e scritta di molti ex
parrocchiani o amici vari che chiedevano ripetutamente al Vescovo di
turno di assegnargli una delle Rettorie che nel frattempo si erano
liberate. Tutto invano. Ripararono nominandolo collaboratore del
nuovo parroco di S. Eufemia, don Valentino Guglielmi.
C’è
una testimonianza del rev. don Vittorio Turco, grande ammiratore di
don Ferdinando del quale aveva una stima immensa che dice così “d.
Ferdinando, uno dei pochi preti veronesi, serio, preparato, colto. La
Diocesi poteva utilizzarlo meglio!”. Don Vittorio era del 1928
mentre d. Ferdinando del 1926 ma insieme frequentarono tutti gli anni
del seminario e da lì si rese conto della santità di questo
giovane, dal suo comportamento esemplare, paziente ma anche
intransigente, dall’amore che aveva per l’adorazione davanti al
Santissimo, tanto che, anche a distanza di anni, lo definiva così
“Don Rancan, un sant’omo!”
Don
Ferdinando accettò, come di consueto, tutte le emarginazioni,
delusioni o umiliazioni in silenzio, come volontà di Dio, senza mai
recriminare o accusare nessuno, anzi manifestando verso la fine della
sua vita, attraverso un suo testamento, la sua gratitudine a tutti i
suoi superiori e confratelli, e chiedendo loro perdono delle sue
mancanze nei loro confronti. Ne è prova un bell’articolo di Mons.
Antonio Finardi, ex parroco del duomo, su Verona Fedele che,
ricordandolo nel suo 90.mo compleanno nel 2016, lo ringraziò per
essere stato vero “maestro di vita” durante la sua docenza in
seminario, con grande capacità di far assaporare la bellezza della
scienza ecc. La risposta di d. Ferdinando fu di sincera gratitudine
verso questo suo “ex alunno” esemplare, dal quale ha imparato a
vivere lo zelo apostolico e l’amore per la Chiesa e le anime...”
BENEDIZIONE
SACERDOTALE. Quando celebrava in casa con un paio di persone presenti
notammo che alla fine della Messa dava la benedizione allargando le
braccia esclamando con una certa enfasi: “Il Signore sia con tutti
voi”, come se si trovasse davanti a una grande folla. Un giorno
gli chiesi il perché di “tutti voi” se eravamo in due o tre
“gatti” presenti. Rispose: “Davanti alla benedizione di un
sacerdote, soprattutto al termine della Messa, c’è il mondo intero
che ne usufruisce.”
RINGRAZIAMENTO
DOPO LA MESSA. Appena terminata la Messa, dopo essersi svestito dei
paramenti sacri, era abitudine per d. Ferdinando, secondo i consigli
di molti Santi, tra cui san Josemaria Escrivà, di fermarsi almeno
10/12 minuti, in silenzioso raccoglimento per ringraziare il Signore
del dono grande dell’Eucaristia e chiedergli grazie per tutti
coloro che si raccomandavano a lui.
Lui
stava immobile, inginocchiato sul primo banco a pregare, come
assente. Solo dopo il breve tempo del ringraziamento, si alzava per
salutare o ascoltare le persone, o confessare, o scambiare due
parole.
In
fede Patrizia Stella
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DESIDERIO
APPASSIONATO DI CONDURRE LE ANIME A DIO
SACRAMENTI.
BATTESIMO
Nonostante la moda di impartire il Battesimo anche dopo mesi dalla
nascita, d. Ferdinando si premurava affinché almeno i figli dei suoi
parrocchiani venissero battezzati al più presto. Venivano anche da
fuori parrocchia per far battezzare presto i loro bambini, senza
aspettare magari per mesi e mesi le date canoniche.
Ricordo
un episodio del signor Giovanni Tagliapietra che venne da d.
Ferdinando per chiedergli la cortesia di battezzare il suo bambino
almeno dopo le feste natalizie (era nato ai primi dicembre del 2000)
perché il suo parroco voleva farlo aspettare fino alla notte di
Pasqua per battezzarlo assieme ad altri neonati.
D.
Ferdinando fissò negli occhi il padre e gli disse con tono
perentorio: “Ma scherziamo! E tu vorresti passare il Natale senza
che tuo figlio diventi Figlio di Dio?” E infatti battezzò il
bambino da solo con un piccolo gruppo di parenti la domenica prima di
Natale, con grande gioia dei genitori.
MALATTIA
OFFERTA IN SILENZIO D. Ferdinando aveva un polmone solo sin dall’età
di 52 anni perché gli era stato asportato a motivo di broncoectasie
purulente che rischiavano anche di infettare l’altro polmone sano.
Dopo alcuni anni iniziò a portare l’ossigeno tutto il giorno e il
ventilatore polmonare la notte. Mai lo si vide lamentarsi neppure
quando la difficoltà respiratoria era quasi insostenibile. In questo
caso cercava di rilassarsi, respirare il più profondamente possibile
e pregare in silenzio. La maggior parte delle volte la crisi passava
senza dover essere ricoverato in rianimazione. Allora riprendeva a
sorridere come per ringraziare Dio di essere uscito dal solito grave
pericolo e poter riprendere le sue normali attività, senza il minimo
lamento né prima né dopo. Si capiva che indirizzava tutto al
Signore e da lui solo aspettava la grazia, non della guarigione
totale (aveva accettato questa penitenza come riparazione in unione
alle sofferenze di Gesù) ma almeno la possibilità di respirare
quanto basta per poter continuare a fare il prete fino all’ultimo
suo respiro.
Tutte
queste difficoltà respiratorie e altre conseguenze collegate che
debilitavano tutto l’organismo con fibrillazione atriale, frequenti
febbri ecc., mai gli impedirono comunque di esercitare il suo
ministero a pieno ritmo durante la sua permanenza come parroco ai
Santi Apostoli, seguendo la catechesi per ragazzi e adulti,
organizzando pellegrinaggi mariani, incontri di formazione per
famiglie, benedizione delle case famiglia per famiglia, occupandosi
dei poveri e malati della parrocchia ai quali portava la Confessione
e la Comunione a domicilio, e trovando anche il tempo per scrivere
libri di formazione cristiana tuttora molto apprezzati.
Era
un sacerdote che, sia pur malato, amava la vita e il mondo
“appassionatamente” come è nella spiritualità di San Josemaria
Escrivà, e il suo costante sorriso e la sua accoglienza lo
dimostrava anche nei momenti più difficili.
Infatti,
dicono i medici che, fra tutte le patologie o malattie varie, quella
più dura da sopportare è quella respiratoria, legata ai polmoni,
perché toglie le forze per qualunque altro impegno o entusiasmo e ti
fa sentire sempre pronto per il grande passaggio alla Vita Eterna. A
tale proposito ricordiamo le grandi tribolazioni a motivo della
mancanza di respiro di una grande santa “Teresina di Gesù Bambino”
la quale ad un certo punto del suo diario si esprime così: “Se
sapeste cosa vuol dire non riuscire a respirare! Se soffoco, il buon
Dio mi darà la forza. Ogni respiro è un dolore violento, però non
è ancora tale da farmi gridare.”
Ebbene,
ci risulta che don Ferdinando abbia parlato e scritto di molte cose,
molti argomenti, libri, omelie, catechesi ecc. eppure non abbiamo mai
udito un suo lamento, mai trovato nessuno scritto, o sfogo o cenno
circa il suo tormento perenne che è stato la mancanza di respiro per
tutta la vita, sin da piccolo fino alla sua morte, a 90 anni. Non ne
parlava mai con nessuno, se non con i medici ovviamente quando
cercavano di curarlo, e poi, in un colloquio mai interrotto con Dio
dal quale traeva la forza per resistere e combattere con piena
lucidità di mente fino al raggiungimento del bel traguardo di 90
anni che festeggiò con gioia nel giugno 2016 con i suoi preti, ex
parrocchiani, parenti, amici vari.
Grazie
di cuore caro don Ferdinando e abbi un occhio di riguardo per tutti
noi che ti abbiamo conosciuto, amato, aiutato, sostenuto, e per tutti
quelli che continueranno a invocare il tuo aiuto dal Cielo.
In
fede
Patrizia
Stella