“LA MADONNA RACCONTA” brano n. 1
In occasione del mese di maggio dedicato alla Madonna, proponiamo la lettura di qualche brano di un libro speciale di don Ferdinando Rancan: “LA MADONNA RACCONTA”
Presentazione da parte di mons. Luigi
Negri
Accompagno con poche ma intense osservazioni questo libro che mi si è rivelato, nel corso della lettura, come singolarmente straordinario nel senso di non riducibile a un’ordinarietà di esperienza e di discorso. La natura specifica di quest’opera è di contenere una serie di confidenze che la Madonna Santissima comunica a un’anima innamorata di Lei e della fede. Certamente l’immagine della Madonna è quella di colei che ha condiviso fino in fondo la vita del Signore in tutti i momenti della sua esistenza, ma significativamente l’attenzione è rivolta al periodo in cui — dalla Risurrezione all’Ascensione — ella ha rappresentato il punto di riferimento umanamente affettivo per gli apostoli e i discepoli, ovvero quella prima comunità ecclesiale che si è formata a Gerusalemme dopo la Risurrezione e che avrebbe avuto la sua inesorabile e obiettiva realtà nella Pentecoste.
Inizialmente ho provato un certo disagio,
avvertendo su di me la legittima domanda dei lettori: è davvero soprannaturale
la provenienza di queste confidenze? Oltre a verificare che in queste
confidenze non c’è altro se non il puro dogma cattolico, e mai una frase di
esagerazione o di esorbitanza, mi sono tranquillizzato — appunto perché non
tocca a me formulare un giudizio sulla natura di questa confidenza — quando ho
capito un aspetto che io reputo essenziale e che ritengo l’apporto più
significativo di questo libro: che sia una grande testimonianza di affezione
alla Madonna, a Cristo e alla vita della Chiesa.
La confidenza è come l’espressione di un rapporto straordinario
fra la Madonna e l’anima di questo sacerdote, dove si fa fatica a distinguere,
come avviene sempre nei rapporti intensi, l’oggetto della comunicazione della
Madonna e l’oggetto della comunicazione dell’anima.
In altre parole la chiave del libro è questa
confidenza reciproca che si presenta come un unico dialogo che fluisce nella
profondità di un rapporto personale senza nessuna particolare connotazione di
soprannaturalità, perché è lo stesso dialogo che il popolo cristiano ha avuto
per secoli con la Madre del Signore, fatto di invocazioni e di confidenza.
(…)
Così, allo stesso modo, coloro che sono coinvolti,
non sullo sfondo ma nel centro di questo dialogo — perché gli apostoli, i
discepoli e le donne fanno parte di questo dialogo fra la Madonna e l’anima
assetata di Lei — sono presenti ciascuno con la propria personalità, con le
proprie caratteristiche e sono oggetto da parte di Maria di incoraggiamento, di
sostegno e qualche volta di discretissimo rimprovero.
La comunità è fatta di persone vive che portano
dentro di essa ciascuno la propria personalità, senza riduzioni, senza
amplificazioni, senza indebite limitazioni. È una comunione in cui ciascuno
emerge e cresce nella sua obiettiva personalità.
L’insegnamento che ho ricevuto da queste pagine è
che vi sia rappresentata in maniera singolare l’esperienza della comunione
cristiana, che nasce dal riconoscimento di Cristo fra i discepoli e viene
rinnovata dopo la discesa dello Spirito Santo in modo assolutamente definitivo.
È l’immagine della Chiesa nella sua oggettività solenne o istituzionale, e
insieme nella sua tenerezza familiare.
Mi sembra che attraverso il dialogo fra il cuore di
Maria e il cuore di quest’anima appassionata di Lei sia significativamente
raccolta la verità dell’espressione “la Chiesa è la famiglia di Dio”.
Arcivescovo di
Ferrara-Comacchio.
Nel link qui sotto troviamo il video della
intervista fatta all’autore, don Ferdinando Rancan, il giorno della
presentazione ufficiale del libro, maggio 2016, alla presenza del Vescovo di
Verona, mons. Zenti, nel salone di Castelvecchio, a pochi mesi dal suo passaggio
al cielo. Questo è stato il suo ultimo libro da vivo perché quello
autobiografico “Storia di un somarello”, è uscito dopo la sua morte nel 2018.
(il testo intero si può
trovare presso la casa editrice Fede & Cultura, euro 15,00 pag. 204)
INTRODUZIONE
DELL’AUTORE
Tutto questo costituiva
per l’autore un ostacolo insormontabile e gli forniva un motivo più che valido per
non prendere in mano carta e penna, così da evitare il rischio di cadere su un
terreno scontato, su cose già dette mille volte, con tanta unzione e sapienza,
da santi e da teologi. Bastava quindi attingere all’immenso patrimonio di
dottrina e di pietà mariana che è a nostra disposizione nelle mani della
Chiesa.
Sennonché nella mente
dell’autore rimaneva, sia pure in sordina, il conflitto sulle decisioni da
prendere. Il rifiuto gli appariva un’ingratitudine verso Colei che fin dalla
tenera infanzia l’aveva custodito e protetto, mentre l’accettazione della
proposta, anche se nessuno avesse letto queste pagine, poteva diventare un
gesto d’amore personale verso Colei che gli aveva dato Gesù e gli aveva
insegnato ad amarlo.
Fu
a questo punto che affiorò nella mente dell’autore un’affermazione, attribuita
a San Bernardo, che dice: “De Maria numquam satis”, “Non si parla mai
abbastanza di Maria”. Questa
affermazione mise fine a ogni interiore incertezza e spinse l’autore ad aderire
pienamente alla proposta. Ma allora, che fare?
Forse ridire in modo nuovo le molte cose, o almeno le principali fra le
tante, scritte sulla Madonna lungo i secoli?
L’autore
si accinse a prendere in mano i testi mariani a cominciare dal primo millennio.
Davanti a migliaia di pagine che raccolgono le riflessioni profonde e
commoventi dei Padri e dei Dottori della Chiesa, e pensando poi alle altre
migliaia di pagine scritte nel secondo millennio, l’autore fu assalito dallo
scoraggiamento e dalla tentazione ancora più forte di abbandonare l’impresa.
Cosa poteva mai balbettare, lui, fra tutte quelle voci solenni che hanno fatto
risuonare nel tempo le glorie di Maria e le suppliche degli uomini?
Già!
gli uomini. Tutte quelle pagine contengono ciò che gli uomini hanno detto di
Maria. Uomini dotti e santi che hanno cercato di penetrare profondamente il
mistero della Vergine Madre, ma pur sempre uomini. E la Madonna? Avrà pur detto anche lei qualcosa agli
uomini! Non solo a qualcuno in qualche apparizione privata, il cui contenuto si
limita spesso alla materna esortazione alla penitenza, alla conversione e alla
preghiera per i peccatori, ma una parola di sé, una qualche confidenza di ciò
che lei ha vissuto ed è passato nel suo cuore l’avrà pure compiuta la Vergine
Santa!
Questo pensiero, che in
fondo rivela un desiderio nascosto nel cuore di ciascuno di noi, trova
riscontro in una preghiera che San Giovanni Paolo II rivolge alla Madonna di
Loreto. Così egli si esprime: Maria,
Madre del sì, tu hai ascoltato Gesù, conosci il timbro della sua voce e il
battito del suo cuore. Ebbene… parlaci
di Lui, raccontaci il tuo cammino per seguirlo nella via della fede. Maria, che
a Nazareth hai abitato con Gesù, imprimi nella nostra vita i tuoi sentimenti,
la tua docilità, il tuo silenzio che ascolta… Maria, parlaci di Gesù, perché la
freschezza della nostra fede brilli ai nostri occhi e scaldi il cuore di chi ci
incontra…
Ora,
il luogo ovvio dove cercare eventuali confidenze di Maria dovrebbe essere
naturalmente il Vangelo. Agli Apostoli e ai primi discepoli la Madonna avrà
certamente raccontato molte cose. Ma proprio lì, nel Vangelo, scopriamo che
Maria è la donna del silenzio. Si sa che
per una donna il silenzio rasenta l’eroismo, ma qui il silenzio di Maria non
rappresenta semplicemente il dominio sulla propria femminilità, ma
l’atteggiamento tutto soprannaturale di chi custodisce nel cuore, avendolo
servito fedelmente, il disegno di Dio che opera silenziosamente ma
efficacemente per la salvezza dell’umanità.
Tuttavia,
il Vangelo riporta alcune espressioni della Madonna che, pur essendo
pochissime, sono però preziose perché fanno riferimento a interventi
fondamentali di Dio nella vita di Maria. Innanzitutto l’incontro con l’Angelo,
quando la Madonna si dichiara la “serva del Signore”, e fa un riferimento a
Giuseppe per dire che non l’avrebbe mai “conosciuto”; l’incontro poi con
Elisabetta, quando esplode nel Cantico di lode al Signore perché ha guardato
all’umiltà di questa sua serva per compiere in lei cose grandi; infine in due
circostanze Santa Maria si rivolge direttamente a Dio: una nel tempio a
Gerusalemme alla ricerca di Gesù, per chiedergli quale significato avesse il
suo comportamento umanamente ingiustificabile, l’altro a Cana per chiedergli di
dare un segno della sua identità messianica che confermasse nella fede i suoi
primi discepoli.
Queste
espressioni della Madonna sono importanti perché riferiscono verità
fondamentali della nostra fede, ma lasciano ancora avvolto nel mistero il mondo
interiore della Madonna. A questo punto il nostro desiderio di ascoltarla
sarebbe rimasto inappagato, se l’evangelista San Luca, colui che raccolse le
più intime confidenze di Maria, non ci avesse suggerito una strada ricordandoci
che Maria conservava tutte queste cose
meditandole nel suo cuore.
Ecco
il luogo dove possiamo ascoltare la voce di Maria, le sue confidenze, il
racconto delle sue emozioni e della sua esperienza interiore nel vivere accanto
a Gesù. Gli uomini hanno parlato molto di lei, vorremmo ora che fosse lei a
parlare di sé agli uomini, a raccontare la sua vita e, vincendo quel pudore
materno che ha tenuto sigillate tante cose nel suo cuore, partecipasse ai suoi
figli i suoi sentimenti e le vicende che hanno forgiato il suo mondo interiore
così squisitamente umano e così profondamente divino.
Occorre
dunque entrare nel cuore di Maria. Ora, se è vero che solo una madre può capire
un’altra madre, è vero anche che entrare nel cuore di una madre può farlo solo
un bambino. Per lui, infatti, nessuna madre ha segreti. L’autore quindi, non ha
avuto alternative; ancora una volta ha dovuto farsi bambino e bussare. Una
madre non può chiudere il cuore alla propria creatura. E così, con sforzo, è
riuscito ad accoccolarsi davanti a Maria e ascoltare in silenzio le sue
confidenze.
Quando una
madre racconta, i ricordi, i pensieri e i sentimenti che hanno accompagnato le
esperienze della sua vita, nell’uscire dalle sue labbra diventano consigli,
raccomandazioni, esortazioni per i propri figli. Anche Maria, che è donna e
madre, quando racconta, lo fa per noi, perché impariamo a comportarci da buoni
figli di Dio, a imitazione del suo figlio Gesù.
D’altra
parte è inevitabile e giusto che le meraviglie compiute in lei da Colui che è
onnipotente e santo suscitino in tutti noi una filiale curiosità, perché tanta
ricchezza di grazia che è nel suo cuore materno e che un giorno contempleremo
nella gloria del Cielo ci possa allietare, confortare e sostenere fin d’ora, nelle
fatiche del nostro viaggio sulla terra.
L’autore
si rende perfettamente conto che la pretesa di entrare nel cuore di Santa Maria
e ascoltare le sue confidenze può apparire una presunzione eccessiva e un po’
strana, ma il desiderio di conoscere e di ascoltare i battiti del suo cuore
dolcissimo ha prevalso. Sono battiti che diventano parole dell’amore materno
verso i suoi figli.
Tuttavia,
pur cercando di restare bambino, sforzandosi di ricuperare la semplicità
dell’innocenza, non sempre ha saputo prescindere dalla sua deformazione
professionale di uomo adulto: un po’ teologo, un po’ esegeta, un po’ pastore
d’anime, e così le confidenze materne di Maria potrebbero aver subito qualche
interferenza.
L’autore
ne ha chiesto scusa alla Madonna che gli ha risposto – così immagina – con un
sorriso, e chiede scusa anche all’eventuale lettore che – così spera – gli risponderà
anche lui con un benevolo sorriso.
La MADONNA RACCONTA . brano n. 2
TI SALUTO, O PIENA DI GRAZIA
Quel mattino del mese di Nisan avevo, dunque, cominciato, come sempre, la mia giornata dicendo, in ginocchio e baciando la terra: “Eccomi, ti servirò, o Signore!”. E subito mi salirono alle labbra le parole del salmo che esprimono il desiderio di Dio e la gioia di cantare la sua lode:
o Dio, tu sei il mio Dio, fin dall’aurora io ti cerco,
di te ha sete l’anima mia,
a te anela tutto il mio essere;
sono come una terra sitibonda,
arida, senz’acqua.
Ti ho cercato nel tuo santuario
Per contemplare la tua potenza e la tua gloria.
Così finché avrò vita ti benedirò
Innalzerò a te la mia preghiera
E con voci di gioia ti loderà la mia bocca.
Nel mio giaciglio di te mi ricordo
Penso a te nelle veglie notturne
Tu sei stato il mio aiuto;
esulto di gioia all’ombra delle tue ali.
A te si stringe l’anima mia.
La forza della tua destra mi sostiene
Il
desiderio è sempre stato il segno dell’amore, anzi qui sulla terra l’amore
stesso è desiderio perché non possediamo pienamente ciò che amiamo. Questo vale
per le persone che si vogliono bene, ma vale soprattutto per l’amore di Dio.
Dio è infinitamente più grande del nostro cuore, e non possiamo amarlo
veramente se non desiderando. Il desiderio è proporzionale all’amore, ma anche
l’amore è proporzionale al desiderio.
Figlio
mio, prova a domandarti quanto desiderio di Dio c’è nel tuo cuore. Il tuo
desiderio dipende da quanto ami il Signore, ma anche dipende da quanto lo stimi
importante per la tua vita. Prova a dire insieme con me – io fin da piccola lo
ripetevo frequentemente – “Sei tu, Signore, l’unico mio bene!”. Nessuna
creatura per quanto attraente, appetibile e preziosa può competere con Dio, il
Bene sommo e perfetto, creatore di ogni dono.
Gli
uomini si creano molti idoli e li mettono al posto di Dio; inseguono vane
illusioni credendo di appagare i desideri del cuore. Ma sono inganni che creano
continue inquietudini a mano a mano che le cose rivelano il loro vero volto, la
loro fragile e precaria consistenza, la loro vera identità sotto la maschera
delle apparenze. La mente umana ha bisogno di verità, e la verità delle cose
sta nel rapporto che esse hanno con Dio. Non essere superficiale, figlio
mio! Sforzati di essere un’anima di
profondità, che va oltre, che rompe la crosta delle cose e sa incontrare Dio in
ogni circostanza della vita. Ti vorrei un’anima serena che sa lavorare e
riposarsi in Dio.
Ripeti
con me molte volte: “Senza di te, Signore, non ho alcun bene!”. Dillo con
convinzione, con sincerità di cuore, con l’intenzione di attuarlo con l’aiuto
di Dio, progressivamente, nella tua vita.
Ne verrà tanta pace dentro di te, e con la pace tanta gioia, perché la
gioia nasce dalla pace quando lasciamo che il Signore occupi tutto il nostro
cuore.
Quella
mattina del mese di Nisan ero particolarmente felice. Dentro di me avevo
l’anima che cantava dolcemente: “All’ombra
delle tue ali, o Signore, esulterò di gioia; sei tu il mio aiuto; la forza
della tua destra mi sostiene. Con voci di gioia ti loderà la mia bocca; finché
avrò vita ti benedirò, Signore!”.
Fu
a questo punto che un bagliore improvviso illuminò la stanza e riverberò in
tutta la casa. Era una luce non di questo mondo; fuori, infatti, stava appena
sorgendo l’aurora a pennellare di rosa le bianche casupole di Nazareth. Era una
luce intensa, ma non abbagliava. Era concentrata come un nembo bianchissimo
nell’angolo della stanza, ed emanava all’intorno raggi come lamine d’oro. C’era
quanto bastava per essere presa da grande timore; invece una pace fatta di
serenità e fiducia s’era impossessata di me. Solo quando in quel nembo di luce
apparve una figura in forma umana dall’apparenza translucida come se fosse di
cristallo, fui presa da turbamento e invocai in cuor mio il Signore: “Mio Dio,
proteggi la tua serva, salvala da ogni inganno, custodiscila all’ombra delle
tue ali”. Quella figura mi guardò sorridendo, si inchinò profondamente e: “Ti saluto, disse, o piena di Grazia! Il Signore è con te”. Poi, alzatosi, continuò:
“Io sono Gabriele, uno degli Angeli che
stanno davanti al trono di Dio per servirlo”.
Per
servirlo! Allora non è un inganno! Non può venire che dal cielo un personaggio
tutto intento a servire Dio! E tornò in me la pace, più profonda e più serena
di prima.
Figlio
mio, gli uomini sono stati ingannati da angeli. Fu un angelo a ingannare i
nostri progenitori, un angelo che si era presentato come amico, ed era invece
un perfido nemico, ribelle a Dio e geloso dell’uomo. Bada a non lasciarti
ingannare. Viene spesso come angelo di luce, ma è una luce fatua, putrida, che
sa di marcio. Vi fa credere che solo questa luce può illuminare la vostra
intelligenza, liberandola dall’oscurità e dall’ignoranza, e così la scienza vi
fa credere di essere dominatori di voi stessi e del mondo, e legislatori del
bene e del male. In realtà egli fa la scimmia di tutte queste cose, perché è la
scimmia di Dio. Il Signore mi ha preservata dalle sue suggestioni: esse non
sono mai entrate dentro di me. Tuttavia
l’ho sentito abbaiare come un cane furioso nelle persone che hanno creduto alle
sue seduzioni.
Fai
attenzione, figliolo, perché quest’angelo nemico ha molti amici nel mondo; sono
legioni. Molti sono amici inconsapevoli, come i credenti in buona fede di tante
religioni, ma tanti altri sono volutamente amici del Maligno, il quale utilizza
perfino le religioni per impedire agli uomini di conoscere il vero Dio. Per non
dire delle “Sette” dove il nemico si veste di menzogna per inquinare la
coscienza degli uomini deviandola dalla Verità. Lo spirito mondano ti presenta
i suoi disvalori come fuochi d’artificio, disorienta la tua anima con le sue
luci farneticanti, luci alienanti da discoteca o da lunapark che non ti
lasciano riflettere e ti rubano il silenzio.
Gli
angeli che vengono da Dio non fanno strepito, e continuano a contemplare il
volto di Dio per servirlo. Anche a te il Signore ha mandato il suo angelo; ti
ha affidato alla sua custodia e lo manda a suggerirti i suoi voleri. Non
contristarlo e non disprezzare i suoi consigli. Ti sarà buon amico davanti al
Signore. Figlio mio, hai bisogno di
silenzio. Entra dentro di te; c’è un angelo dal cielo che vuole parlarti!
“Ti saluto, o piena di Grazia, il Signore è con te!”.
Questo saluto, con
queste parole e così improvviso, mi causò stupore e anche trepidazione. Stupore
perché non era abituale a quei tempi presso gli ebrei rivolgere un saluto a una
donna, specialmente se, come era nel mio caso, si trattava di una donna sola ma
legalmente vincolata ad un uomo come promessa sposa.
C’era
in questa consuetudine la convinzione che si deve un grande rispetto alla
donna, alla sua persona e alla sua dignità. Se tu che mi ascolti sei una
ragazza, ricorda che tu per prima devi avere rispetto di te stessa. Non sei un
giocattolo, un oggetto in vendita, una figurina da esporre. Abbi un senso vivo
della tua femminilità e della missione ad essa affidata. Non essere fatua, o
superficiale, e soprattutto guardati dalla volgarità. Se c’è una cosa che
stride in una donna è la volgarità: volgarità nell’abbigliamento, volgarità nel
linguaggio, volgarità nei comportamenti. Non imporre aggressivamente e non
rivendicare rabbiosamente la tua femminilità; sarebbe il segno che mal sopporti
di essere donna. Ti aspetta una grande missione nella vita; non sciuparla
lasciandoti sedurre da altri miraggi o false ambizioni che sono menzogne del
Maligno. Se cerchi di scimmiottare l’uomo, egli perderà
la stima di te. Il nemico sa che, corrotta la
donna, è corrotta la famiglia ed è corrotta la società.
Se
poi tu che mi ascolti sei un ragazzo, o comunque un uomo, devo dire anche a te
di avere rispetto di te stesso; è un rispetto che suppone ed è contemporaneo al
rispetto verso la donna. Per questo devi ricordarti di tua madre, di quello che
lei ha fatto per te portandoti in grembo con trepidazione e crescendoti con
amore e sacrificio. Perciò da parte tua il rispetto verso la donna comincia
dentro di te, dai pensieri, dal tuo modo di vederla e di pensarla. Se vedendo
una ragazza non la rispetti col tuo pensiero ricordandoti della grande e nobile
missione alla quale è chiamata, il tuo pensiero si intorbida e arriva a
suscitare nell’animo meschini egoismi, e spesso finisce col portare il cuore
verso ignobili desideri che offendono la dignità e il ruolo della donna
umiliandola e degradandola a puro strumento. Figli miei, imparate dal Cielo a
portarvi rispetto gli uni agli altri.
Quella
mattina il Cielo si era aperto su di me rivolgendomi il suo saluto attraverso
un Angelo che si è chinato profondamente davanti a me, e ha voluto in questo modo
farmi comprendere la mia dignità di donna, soprattutto la mia dignità di “serva
del Signore”.
MIA MADRE
ANNA E MIO PADRE GIOACCHINO
Ero una giovane ragazza poco più che quattordicenne. Mia madre Anna era passata al Signore da poco tempo. Prima di lasciarci, preoccupata com’era del mio futuro rimanendo io sola in giovane età, si fece promettere da Giuseppe che si sarebbe preso cura di me, mi avrebbe protetta e custodita come sposa. Mia madre e tutti quelli della mia parentela non sapevano che il Signore era entrato nella mia anima e l’aveva occupata totalmente, così che non potevo più appartenere come moglie a nessun uomo. La proposta di Anna fu quindi accolta con favore da tutta la parentela.
Mia
madre Anna e mio padre Gioacchino vivevano a Gerusalemme ed erano in stretto
rapporto di amicizia e di parentela con Elisabetta e Zaccaria che abitavano nei
pressi di Gerusalemme, ad Ain-Karim. Infatti mia madre Anna era prima cugina di
Elisabetta alla quale era legata da sincero affetto fin dall’infanzia. Oltre
che dalla parentela, erano unite anche da un comune dolore: avevano
oltrepassato gli anni della fecondità e non avevano avuto il dono dei figli.
Mia madre aveva innalzato a Dio molte preghiere, e ricordandosi di un’altra
Anna che nei secoli passati, dopo molte lacrime e preghiere, aveva ottenuto di
diventare madre di Samuele, con la promessa che avrebbe offerto al servizio del
Signore il figlio che Jahvè le avrebbe dato, aveva anche lei, mia madre, fatto
al Signore la stessa promessa e il Signore mise nel suo cuore la certezza che
un giorno avrebbe appagato il suo desiderio con il dono della maternità.
La cugina si chiamava
Elisabetta e abitava col marito, il sacerdote Zaccaria, ad Ain Karim, un
villaggio a pochi chilometri da Gerusalemme. Quando seppe che mia madre era
incinta di me, fu presa da contrastanti sentimenti, di gioia e di sofferenza.
Di gioia perché vide che il Signore aveva accolto le preghiere di Anna e
l’aveva allietata con la mia nascita, e di sofferenza perché vedeva ormai
tramontata ogni speranza umana di una sua possibile maternità. Trovò un qualche
conforto assistendo mia madre nel parto e accudendo me nei primi passi della
mia crescita. Perciò fu per me un motivo di grande gioia quando, quattordici
anni dopo, seppi dall’Angelo che anche Elisabetta, nonostante la sua età, era
stata benedetta dal Signore col dono della maternità.
Nel
frattempo, mio padre Gioacchino, vista la situazione pesante che si era creata
in Gerusalemme – erano tempi difficili, tempi di tensione e di sorda ostilità
tra Erode, i Sommi Sacerdoti e i capi del popolo – decise di trasferirsi in
Galilea, dove già erano trasmigrati diversi membri della nostra parentela che
avevano preso dimora a Sefforis, a Cana e a Nazareth. Del resto anche Giuseppe,
dopo la morte di suo padre Giacobbe, si era trasferito a Nazareth, in Galilea,
dove altri parenti e antenati di discendenza davidica lo avevano preceduto fin
dal tempo dei Maccabei.
Gli
anni della mia infanzia furono anni di grande serenità e di intima gioia. Il
calore e l’affetto dei miei genitori avevano fatto della mia casa un luogo
ideale per una convivenza di pace e di allegria. Papà Gioacchino e mamma Anna
si volevano molto bene, si trattavano con grande rispetto ed estrema
delicatezza; non li ho mai sentiti litigare o alzare la voce. Benedicevano Dio in ogni cosa ed erano pronti
con naturalezza a portare aiuto dovunque c’era un bisogno o una sofferenza. Da
loro ho imparato l’amore alle Sacre Scritture e la preghiera dei Salmi. Pregare con loro faceva ardere il cuore ed
era un riposo per l’anima.
Figlio
mio, che mi ascolti, pensa al dono grande che Dio ha fatto all’uomo: la
famiglia. L’essere umano nasce, cresce e
vive in una famiglia che Dio ha voluto a immagine della sua paternità. La
famiglia porta il sigillo di Dio. Fare violenza alla famiglia distruggendo i
legami che la costituiscono e ne sono il fondamento – l’amore coniugale, la
paternità e la maternità – è un atto contro Dio e contro il suo amore. Il primo
e fondamentale diritto di un figlio è che i genitori si vogliano bene al di là
di ogni merito, e il primo dovere dei genitori verso i figli è di considerare i
figli come un dono e di lasciare a loro un esempio di fedeltà, di saggezza e di
timore santo di Dio. I figli non sono mai un diritto, così da pretenderli ad
ogni costo; sono sempre un dono da chiedere e da accogliere con l’atteggiamento
umile e riconoscente di chi si riconosce collaboratore di Dio.
L’affetto
di papà Gioacchino e la tenerezza di mia madre Anna sono stati nella mia
infanzia un segno vivo e commovente di quanto è grande e amabile la paternità
di Dio.
Figlio
mio, porta rispetto e venerazione verso i tuoi genitori; copri i loro difetti e
prega per loro. E se sei genitore, cerca
di meritarti questo rispetto e questa venerazione; e sii per i tuoi figli lo
specchio della paternità di Dio.
Il
Cielo ti accompagnerà con le sue benedizioni.
Fine
del brano n. 2 La Madonna racconta
BRANO N. 3 DEL L IBRO “LA MADONNA RACCONTA”
di Ferdinando Rancan
CONCEPITA SENZA PECCATO
Dopo il saluto dell’Angelo passarono alcuni minuti di silenzio. Penso che l’Angelo abbia voluto lasciare alle sue parole il tempo di scendere nella mia anima, per illuminarla sul significato del suo saluto e invitarmi alla fiducia. Non mi chiamò infatti per nome, mi salutò chiamandomi “Piena di grazia”. Quelle parole entrarono nella mia anima accompagnate da una luce nuova che improvvisamente mi aprì la mente su tutto ciò che era accaduto nella mia anima negli anni della mia infanzia e giovinezza.
Furono gli anni dei presentimenti silenziosi, presagi che
nascevano da una esperienza sempre più viva e profonda della mia intimità con
Dio. Il Signore, infatti, ha voluto che io non facessi l’esperienza del
peccato, nemmeno del peccato originale, compiuto dai nostri progenitori,
essendo io stata non redenta, ma preservata da ogni peccato. Per cui non ci fu
un solo momento nella mia esistenza nel quale il demonio avesse il minimo
potere su di me, e durante la mia vita non ci fu mai un “no” di rifiuto da
parte mia alla volontà di Dio. Il demonio si era infuriato nel vedere che Dio
aveva scelto me, semplice creatura a lui immensamente inferiore, per realizzare
il suo disegno d’amore verso l’uomo riparando la sua ribellione. D’altra parte
non poteva una creatura che fosse stata anche solo per un momento succube del
maligno, diventare Madre del Redentore! Questo ci fa capire la furia di
Lucifero contro di me, furia che continua nel tempo, perché io rappresento la
sua sconfitta dal momento che non c’è stato mai posto per lui nella mia anima.
Pertanto libera da ogni suggestione e cedimento di fronte al
maligno, percepivo la presenza di Dio quasi fisicamente, senza alcuno sforzo da
parte mia. Mi
parlava senza parlare. Mi comunicava i suoi pensieri e i suoi voleri per “contatto”.
Dio permeava la mia vita con la sua vita.
E pur sentendomi assolutamente libera, mi sentivo anche a lui talmente
vincolata da non riuscire a pensare la più piccola cosa che potesse a lui
dispiacere. Ero io, ma anche non ero
soltanto io: ero io più Dio che impregnava totalmente la mia anima.
Figlio
mio, non ci sono parole per descrivere la condizione di un’anima quando è
interamente posseduta da Dio e dal suo amore, ed esprimere ciò che prova il
nostro povero cuore quando il nostro essere creatura diventa un tutt’uno con il
suo Creatore.
Ti
dicevo che l’Angelo non mi aveva chiamata per nome, ma in quei brevi istanti di
luce ho capito che quel “piena di grazia” era il mio vero nome perché
descriveva le condizioni della mia anima nella quale si era riversato
immensamente l’amore di Dio. Grazia e Amore. Sono la stessa cosa, sono Dio.
Sono Dio non nella sua infinita solitudine, ma nel suo farsi dono alle sue
creature, soprattutto a quella creatura, l’uomo, che egli ha voluto non solo
sua immagine, ma anche sua somiglianza, così come un figlio somiglia a suo
padre perché partecipa della sua stessa vita.
Figlio
mio, siamo connaturali con Dio. Renditi conto di questo grande dono che Dio ti
ha fatto, e capirai quanto male fa alla tua anima, e quanto sia indegno e
ingiusto nei confronti di Dio il rifiuto che impedisce la tua somiglianza con
Lui o la rende così povera e imperfetta da essere quasi irriconoscibile. Te lo
dice colei – sono confidenze di tua madre – colei che mai è stata sfiorata da
pensieri di rifiuto o di resistenza all’Amore, colei che mai si è sentita
prigioniera del Nemico e, libera da tutto ciò che impedisce la propria
somiglianza divina, ha sempre goduto della pienezza della grazia e ha
assaporato la gioia della perfetta comunione con Dio.
Col
tempo, quel “piena di grazia” mi fece ricordare la condizione dei nostri
progenitori nell’Eden. Dio aveva creato l’uomo, Adamo ed Eva, nella grazia che
permeava tutta la loro anima nella misura di cui erano capaci. Le parole che
sentivo leggere nei libri di Mosè, che cioè Dio camminava nel giardino accanto
ai progenitori e conversava famigliarmente con loro, mi ricordavano la
meravigliosa intimità che legava l’uomo a Dio e la grande armonia che regnava
nelle creature e nel cuore dell’uomo. Perché allora tanto male e tanto
disordine intorno a noi e nel mondo? Perché tante sofferenze?
Figlio
mio, il Signore non vuole il male, non vuole il dolore, non vuole la morte. Dio
è Sommo Bene, Dio è felicità senza limiti, Dio è la vita. E se noi abbandoniamo
Dio o ci separiamo da Lui, perdiamo tutto questo, restiamo impoveriti e feriti.
Dove non c’è Dio non ci può essere né bene, né pace; non ci può essere vera
felicità. E quando l’uomo si è reso conto di aver perduto tutto e di essere
rimasto nudo e solo con sé stesso e con la sua vergogna, il suo cuore si è
riempito di paura. Guardati intorno, figlio mio: quanta paura c’è nel mondo e
quanto buio e quanto freddo c’è nel cuore degli uomini!
L’uomo
è creatura e non può sradicarsi da Dio che lo ha creato e lo vuole realizzato
nella verità e nell’amore. Ma gli uomini hanno sostituito la verità con le
proprie opinioni nelle quali il Maligno ha seminato il suo inganno e le sue
menzogne, e al posto dell’amore hanno messo l’egoismo, la sopraffazione e la
tirannide.
Quella
mattina del mese di Nisan le parole dell’Angelo hanno illuminato la mia anima e
l’hanno resa trasparente a sé stessa. Mi vidi creatura tutta di Dio, senza
ombra e senza macchia, avvolta dalle sue mani ardenti di amore. In quel momento
compresi le parole di un salmo che avevo ascoltato tante volte nella sinagoga
senza comprenderne pienamente il significato: Nella tua Luce vedremo la
luce.
Purtroppo
quella creatura andò in frantumi sotto i colpi della superbia e della
disobbedienza. Ma Dio, che non può
essere sconfitto, non ha sopportato che la sua creatura che porta il suo
sigillo andasse definitivamente perduta. La donna dell’Eden, ingannata, si
rifiutò di obbedire a Dio, ma Dio volle che un’altra creatura gli dicesse: Eccomi, sono la tua serva, o Signore!
Così
lo Spirito Santo ha forgiato la mia anima nella sua grazia e nella sua luce, e
io vidi in me la donna che doveva servire Dio per la salvezza degli uomini.
Nella tua Luce vedremo la luce… Lasciati illuminare dalla luce dello Spirito
Santo e vedrai nella tua anima, al di là delle tue miserie, l’immagine del tuo
Creatore che ti chiama alla comunione con lui. È un’immagine a volte imbrattata
o deformata ma, lavata e restaurata, rimane sempre l’immagine di Dio, tuo
padre, e del Figlio suo, Gesù. Hai bisogno di Spirito Santo, della sua luce e
della sua grazia.
Figlio
mio, sei creatura di Dio, porti la sua firma e gli appartieni. Non
dimenticarlo!
IL SIGNORE È CON TE
Il saluto dell’Angelo, in un primo momento, mi aveva turbato, e solo la luce dello Spirito Santo mi tolse dall’imbarazzo illuminando la mia anima su tutto, sulla mia realtà interiore e su tutte le vicende della mia vita. Furono pochi istanti, ma avevano la dimensione di una intera esistenza. A confermare tutto questo vennero le parole con le quali l’Angelo concludeva il suo saluto: Il Signore è con te!
Il
Signore è con te. La presenza del Signore aveva sempre accompagnato la mia
vita. Era stata una presenza silenziosa
che, pur occupando tutto lo spazio del mio essere personale, così da farmi
capire che ero tutta sua e totalmente per lui, non mi aveva ancora rivelato il
perché di una presenza così piena e assoluta. Il Signore così mio, e io così
sua, e che impregnava così intimamente la mia anima con la sua presenza, aveva
in un certo senso il volto velato. Chi sei tu, o Signore? Era la domanda che
accompagnava continuamente i miei pensieri.
Ascoltando
le letture nella Sinagoga e i racconti di papà Gioacchino, avevo conosciuto la
storia dei nostri antenati, anzi la storia dell’intera Umanità sgorgata come un
fiume dai nostri progenitori dopo che l’Angelo li ebbe cacciati dall’Eden, e
ricordavo i gesti di pietà quasi materna di Dio verso le sue creature, dal
gesto con cui coprì di vesti di pelli le loro nudità, alle cure amorose con cui
ha sempre accompagnato la storia del popolo d’Israele. Si manifestò così come
il “Dio della Promessa”. L’umanità cominciò a vagabondare per le strade della
terra, ma il Dio della Promessa non perse mai di vista la sua creatura, e
trasformò la promessa in Alleanza, l’Alleanza in Elezione, e l’Elezione in
Benedizione. E così il Dio dei progenitori fu anche il Dio di Noè, il Dio di
Abramo, di Isacco, di Giacobbe, il Dio dei Patriarchi, di David e dei Profeti,
e infine il Dio di Israele; era il Dio che aveva accompagnato la storia degli
uomini. Questo Dio era con me!
Sì,
figlio mio, quel Dio che ha compiuto meraviglie nella storia dell’umanità era
con me! Vidi la mia anima come il nuovo
Eden dove il Signore del cielo e della terra era presente con la sua Promessa,
con la sua Alleanza, con la sua Elezione. Anzi, oltre che il nuovo Eden dove
Dio conversava familiarmente, la mia anima era anche la nuova Arca
dell’Alleanza, il cielo stellato di Abramo, il roveto ardente di Mosè,
Il Signore è con te!… Il Signore della
Promessa, il Signore dell’Alleanza, il Signore della Elezione. Figlio mio, il
Signore è un Dio fedele! Egli non manca alle sue promesse. Non possiamo fargli il torto di dubitare di
Lui. L’hanno fatto i nostri progenitori e hanno pagato amaramente la loro
insensatezza: hanno creduto alle insinuazioni del Maligno, alle sue menzogne e
hanno dubitato di Dio. Da quel giorno l’imbroglio funesto ha dilagato nel
mondo. Il cuore dell’uomo travolto dalla propria stoltezza ha prestato fede
agli idoli creati dalle proprie passioni e, schiavo della propria ignoranza,
non ha saputo discernere e ascoltare la voce di Dio.
Figlio
mio, l’inganno persiste ancora nel mondo ed è alle porte anche del tuo
cuore. Non ti fidi di Dio ogni volta che
non osservi i suoi comandamenti, non ti fidi di Dio ogni volta che non cerchi
il suo perdono e dubiti del suo amore, non ti fidi di Dio quando ti preoccupi
soltanto delle cose della terra e dubiti o rifiuti di pensare alle cose del
Cielo, non ti fidi di Dio quando ascolti soltanto la voce del tuo io, le sue
vanità, le sue voglie malsane, i suoi egoismi, non ti fidi di Dio quando non
credi alla sua parola, alle sue ispirazioni, alle sue promesse, quando ti
affidi alle sole speranze umane, alla speranza sulle promesse umane, sulle tue
povere risorse personali.
Soltanto
Dio è veramente fedele. Dio non mente, non inganna, non si pente di ciò che ha
creato. Egli mantiene sempre e comunque le sue promesse e non viene meno alla
sua alleanza, anche di fronte alle innumerevoli infedeltà degli uomini. Perfino
le infedeltà di Israele, il suo Popolo che egli ha scelto con amore di
predilezione unendolo a sé con legami sponsali, non hanno impedito a Dio di
essere fedele a sé stesso, e di conservare immutabile lungo i secoli la sua
Alleanza.
Figlio
mio, beato l’uomo che confida nel Signore. È una beatitudine che esige umiltà,
l’umiltà di saperti fragile e inaffidabile, bisognoso in tutto della mano di
Dio. Se ti affidi a Lui, il Signore - Dio fedele - egli sarà con te e non
deluderà la tua fiducia. Egli non si stanca mai di invitarci: Mi invocherete e io vi esaudirò. È la
sua promessa, e se qualche volta hai l’impressione che il Signore ritardi, non
temere. Una sola parola di Dio è più vera che tutte le tue esperienze, anche se
queste sembrano contraddire la sua promessa. Non devi mai dubitare di lui, devi
semmai dubitare della tua orazione e della tua umiltà. Dio ascolta sempre; ha i
suoi tempi e i suoi modi che noi non conosciamo, e che a volte mettono alla
prova la nostra fedeltà e la nostra perseveranza.
Figlio
mio, sii fedele, sii perseverante. Se tu non lo lasci, Lui non ti lascia. E
anche se tu lo abbandoni, Lui non ti abbandona. Vorrei tanto che anche a te
l’Angelo potesse dire: “Il Signore è con
te!”
Fine brano n. 3 dal libro “La Madonna racconta”
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