lunedì 8 settembre 2025

TESTIMONIANZA SU ALCUNE VIRTU' EROICHE DI DON FERDINANDO RANCAN

 

TESTIMONIANZA SULLE VIRTU’ EROICHE DI 

DON FERDINANDO RANCAN

CARITÀ EROICA VERSO IL PROSSIMO


N. 1 CARITÀ CON OPERE DI SERVIZIO.


Durante la sua permanenza come parroco ai Santi Apostoli (1980/1997) don Ferdinando si occupò di molte cose, soprattutto di carattere pastorale, ma senza mai trascurare la sua attenzione verso i poveri in situazioni difficili impegnandosi, con più o meno successo, a cercare o indirizzare le persone alla ricerca di un lavoro o di un alloggio o un sussidio. Spesso si rammaricava per non essere riuscito in questo intento, tuttavia una cosa è certa: nessuno se ne andava da lui senza aver ricevuto almeno un’offerta in denaro per le loro necessità.

Anche se la parrocchia era nella zona del centro storico per eccellenza, fra Corso Cavour e piazza Brà con palazzi famosi di famiglie nobili di Verona, in realtà vivevano anche molte famiglie semplici, o anziani poveri magari nei piani terra o rialzati di quei palazzi o vie laterali. In parrocchia don Ferdinando ha sempre sostenuto e incrementato la “Società di San Vincenzo” per i poveri, Associazione benefica che i parroci precedenti avevano istituito grazie anche alla generosità di quei parrocchiani benestanti che provvedevano ad aiutare famiglie in difficoltà, sia della parrocchia che fuori, pagando bollette, viveri, affitti, ecc

Quando lui si trasferì dalla parrocchia in un appartamento privato cedendo il posto al nuovo parroco, don Gino Oliosi, alcuni dei poveri che erano aiutati dalla San Vincenzo della parrocchia, venivano a trovarlo anche a casa sua chiedendogli un aiuto economico o un consiglio. Mentre io cercavo di rimandarli educatamente alla S. Vincenzo della parrocchia offrendo loro un pacchetto di viveri o dolcetti, d. Ferdinando invece li faceva entrare nel salottino dell’ingresso, li salutava con affetto, spiegando loro che poteva dare in denaro solo quello che gli permetteva la sua povera pensione da prete, ma comunque nessuno tornava a casa senza aver ricevuto un obolo a seconda delle loro necessità e sempre lo ringraziavano con un bel “arrivederci” alla prossima volta. Erano felici soprattutto di aver ricevuto da lui un po’ di attenzione, una parola buona, un interessamento verso la loro salute o dei figli o della famiglia. Ho notato che, alla fine, venivano più per questo loro desiderio di rivedere il loro ex parroco e sapere di essere da lui ricordati, che per l’aiuto economico.


N. 2 IOLE LA GIOSTRAIA


IOLE LA GIOSTRAIA veniva da anni in parrocchia da d. Ferdinando a chiedere aiuti economici per pagare le bollette soprattutto della luce per la sua famiglia. Erano veronesi della periferia di San Bonifacio che andavano in giro in occasione di fiere o sagre di paese con una roulotte malandata e un banchetto di giochi popolari o di dolcetti. Un giorno ci spiegò la sua situazione abitativa molto precaria. Infatti vivevano in sei, padre madre e quattro figli in una roulotte piccola e malandata dentro cui pioveva acqua. Inutili furono i nostri tentativi di cercar loro un alloggio popolare che loro rifiutavano perché in effetti lavoravano come nomadi in giro per le fiere paesane e pertanto l’unico alloggio a cui aspiravano era una nuova roulotte più grande e confortevole per potersi muovere facilmente da un paese all’altro.

A tale scopo d. Ferdinando si interessò per l’acquisto di una roulotte più grande, magari a buon prezzo fra quelle usate in buone condizioni, e incaricò un paio di persone, tra cui la sottoscritta. Una volta reperita secondo il nostro parere, la facemmo vedere alla signora Iole che la trovò ideale per la sua famiglia.

Non trovammo subito i soldi perché mi pare che costasse 6 milioni e mezzo delle vecchie lire ma prendemmo accordi con il venditore di consegnarcela dando una caparra e pagando un po’ al mese, dietro garanzia del nostro parroco che inviò al responsabile dell’azienda un suo scritto di referenza. Don Ferdinando non fece in tempo a divulgare la notizia a qualche parrocchiano o benefattore di sua conoscenza che subito, sulla fiducia, questi dimostravano la loro generosità venendo incontro alle richieste con contributi piccoli o grandi ma a tal punto che la roulotte venne pagata nel giro di pochi mesi.

La signora Iole continuò ad andare a trovare d. Ferdinando anche dopo la parrocchia, nel suo appartamento privato per salutarlo con gratitudine e avere qualche offerta, almeno a Natale e a Pasqua, fino alla morte di d. Ferdinando.






TESTIMONIANZE SULLE VIRTU’ EROICHE 

DI DON FERDINANDO


N. 3. CARITA’ CON OPERE DI SERVIZIO


Sempre nella parrocchia dei Santi Apostoli, ci fu il caso di un piccolo imprenditore della periferia di Verona che andò disperato da don Ferdinando, che conosceva da anni, a chiedergli aiuto perché la sua piccola azienda che aveva non ricordo bene se tre o quattro dipendenti, per una serie di problemi, rischiava il fallimento col rischio che questi dipendenti con famiglia perdessero il lavoro. Aveva subito bisogno di un TOT DI MILIONI DI LIRE per bloccare il fallimento e riprendere poi l’attività.


Don Ferdinando, dopo aver chiesto tutte le credenziali necessarie del caso (pur conoscendo personalmente l’imprenditore e la sua onestà), pensò di venirgli incontro anticipandogli quei soldi che una Banca gli aveva da poco elargito come contributo per la ristruttura del complesso parrocchiale, del quale comunque doveva rendere conto al Consiglio pastorale e alla Curia alla fine dei lavori.


Come pegno, l’imprenditore gli lasciò degli assegni postdatati dell’importo totale di quei milioni di lire anticipati da d. Ferdinando che avrebbe potuto riscuotere alla data indicata sui rispettivi assegni. I primi assegni furono coperti secondo le date previste, ma purtroppo rimasero scoperti gli altri assegni e, mano a mano che si avvicinava la scadenza della riscossione, quell’imprenditore avvisava tutto angosciato d. Ferdinando di non andare a riscuoterli perché erano scoperti ma di avere fiducia perché un po’ alla volta avrebbe sistemato tutto perché c’erano buone prospettive di ripresa del lavoro.


Passò il tempo senza che d. Ferdinando andasse più in Banca a verificare la situazione, e rimasero da riscuotere ancora quattro assegni, come da allegato, dove ho ritenuto opportuno coprire la firma del manager che è tuttora vivente e anche conosciuto, assegni che alla fine d. Ferdinando non se la sentì più di riscuotere perché capiva la difficoltà di questo signore a tenere in piedi la sua azienda e non voleva ritenersi il responsabile di questo increscioso fallimento e ancor meno del licenziamento di operai con famiglia. Confidava nell’aiuto della Provvidenza e fece pregare per questa intenzione, sempre nell’anonimato.


Qualche tempo dopo ottenne dall’impresa di costruzioni che nel frattempo aveva portato a termine i lavori di ristrutturazione del complesso parrocchiale, uno sconto straordinario di una quindicina di milioni rispetto al preventivo presentato! Più o meno la cifra che d. Ferdinando aveva sborsato prelevandoli dalla cassa “ristrutturazione chiesa” e pensò che quello era veramente il segno della Provvidenza di Dio per venire incontro alle difficoltà di questo bravo e responsabile imprenditore senza creare nessun debito per nessuno. L’azienda riprese bene in seguito la sua attività.


Vedi allegato fotocopia dei 4 assegni










TESTIMONIANZE SULLE VIRTU’ EROICHE 

DI DON FERDINANDO



PARERE DEL MEDICO CURANTE. VALORI DA COMA


L’ultimo giorno della sua vita, tra il 9 e il 10 gennaio 2017, abbiamo accompagnato don Ferdinando d’urgenza all’ospedale a causa dell’aggravarsi delle solite crisi respiratorie per le quali veniva talvolta ricoverato in rianimazione, ma dalle quale usciva sempre come se fosse stato miracolosamente rinvigorito, tanto che il giorno dopo lo si vedeva sull’altare a celebrare la Messa e predicare, nell’incredulità di coloro che avevano pregato per lui credendolo moribondo o addirittura morto.

Quel giorno però fu quello destinato da Dio per il suo passaggio al cielo dopo aver compiuto 90 anni di età. Entrati d’urgenza al pronto soccorso al mattino di lunedì 9 gennaio, iniziò un crollo progressivo nonostante le cure prestate per rianimarlo, finché entrò in una specie di coma irreversibile sotto controllo del medico di turno, il quale ad un certo punto uscì con queste testuali parole “Noi medici (del reparto di pneumologia di Borgo Trento dove veniva spesso ricoverato e che ringraziamo per le cure prestate) noi medici ci siamo chiesti più volte come abbia fatto quest’uomo a vivere con valori da coma! E davanti al nostro sguardo allibito che chiedeva ulteriori spiegazioni, questi rimarcò con maggiore sicurezza: “Si! E’ vissuto con valori che per un uomo normale significano coma”.

Lo assistemmo con affetto nelle ultime ore del giorno 9 tenendogli la mano e invocando l’intercessione di S. Giuseppe, Patrono della buona morte, mentre il suo respiro si faceva sempre più debole e pensavamo che forse il Signore lo voleva prendere lo stesso giorno “9 GENNAIO”, DATA DELLA NASCITA DEL FONDATORE DELL’OPUS DEI. Invece notammo che, pur facendosi sempre più debole il respiro, però reggeva ancora, ora dopo ora, fino ad arrivare alla mezzanotte del giorno dopo, 10 gennaio.

Da quel momento iniziò il tracollo definitivo finché alle ORE UNA DELL’ ALBA DEL 10 GENNAIO 2017, esalò l’ultimo suo respiro. A quel punto capimmo, senza bisogno di parole, che d. Ferdinando, nella sua umiltà e delicatezza di vita, già in contatto col Cielo, non voleva far coincidere la data della sua morte di semplice sacerdote, con quella della nascita del suo Santo Fondatore, San Josemaria Escrivà, 9 gennaio, autorità ben più grande nella Chiesa e Maestro di vita spirituale.

La data del 9 gennaio doveva rimanere tutta e solo per san Josemaria Escrivà.


FEDE EROICA

L’AMORE ALLA SANTA MESSA


Vero “Alter Christus”, trovò nel Sacrificio Eucaristico quella forza soprannaturale che sempre lo accompagnò anche nei momenti più difficili, tanto che era inconcepibile per lui passare un giorno senza celebrare la Messa. Negli ultimi anni, non potendo più andare in parrocchia, anche a motivo di una progressiva cecità, celebrava la Messa in casa, sulla mensola di una libreria allestita a tale scopo, ma quando veniva ricoverato, la celebrava perfino sul tavolino della stanza da letto dell’ospedale, avendo sempre a disposizione una valigetta con tutto l’occorrente. Perfino certe sere quando tornava a casa dopo una giornata di analisi e visite mediche estenuanti, non si metteva a cena se non dopo aver celebrato la Messa del giorno.

Era edificante vedere con quanta fede si inginocchiava fino a terra, durante la Consacrazione nella Messa, sostando in adorazione del divino Mistero Eucaristico. Sosteneva che la Messa doveva essere, in un certo senso, un tutt’uno col sacerdote, perché sua prerogativa esclusiva, un privilegio così grande da far tremare Angeli e Santi dalla gioia pensando che solo ai Sacerdoti cattolici in virtù del Sacramento dell’Ordine Sacro, è stato concesso da Dio stesso “Il privilegio di portare Gesù vivo e vero dal Cielo alla terra

L’ultimo giorno della sua vita, come accennato, tra il 9 e il 10 gennaio 2017, entrò nel coma profondo che prelude di solito al “grande passaggio” e quale fu la nostra meraviglia quando ad un certo ebbe come un risveglio improvviso, che di solito viene chiamato risveglio “ante mortem”, si mise a sedere sul letto, si guardò intorno e la prima cosa che chiese fu questa: “Portatemi a casa perché voglio dire la Messa”. Furono le sue ultime parole, il suo pensiero costante e dominante “celebrare la Messa”, se necessario, anche più volte al giorno.



VITA DI FEDE EROICA


Era sempre disponibile per le confessioni o direzione spirituale e seguiva ogni persona secondo le proprie esigenze, senza mai ferirle o umiliarle, ma cercando di incoraggiarle a superare o accettare le loro fragilità.


L’ATTUALE SACERDOTE PENITENZIERE DELLA Curia, mons. Bruno Ferrante, che era stato suo alunno in seminario e aveva avuto modo di frequentare anche in seguito d. Ferdinando, un giorno mi disse, mentre gli parlavo della santità eroica del Fondatore dell’Opus Dei, da me conosciuto personalmente quando lavoravo nella sede centrale a Roma, mi disse queste letterali parole “la santità di d. Ferdinando non è da meno di quella del suo Fondatore”


C’è uno scritto autografo del prof. Gino Barbieri, uno dei primi Presidi delle Facoltà Umanistiche dell’Università di Verona che dice così “Quando predica, don Ferdinando mi commuove. Mi pare di sentire la voce del Salvatore”


EMARGINAZIONE. Il suo più grande eroismo è stato il periodo della prova nella seconda parte della sua vita, (a parte quello straordinario e traumatico dell’espulsione dal seminario nel 1949), cioè quello di aver chiesto invano di continuare a fare il prete in una chiesa pubblica, o Rettoria o Cappella a disposizione dei fedeli fino all’ultimo dei suoi giorni, dopo che gli venne chiesto di cedere la parrocchia all’età di 71 anni a un suo confratello. Si può dire che quel periodo di 17 anni (1980-1997) in cui svolse la mansione di parroco dei Ss. Apostoli è stato l’unico della sua vita nel quale ha potuto dare il massimo delle sue potenzialità sacerdotali: umane, spirituali, culturali, ecc., pur in mezzo ai soliti disturbi respiratori che comunque non gli hanno mai impedito di fare il prete a tempo pieno.

Dopo di allora, la totale o parziale emarginazione! Per impedire che continuasse a celebrare la Messa per due lunghi anni sul tavolo del suo studio, da solo o con un paio di famigliari, come se fosse sparito dalla diocesi, si alzò la voce verbale e scritta di molti ex parrocchiani o amici vari che chiedevano ripetutamente al Vescovo di turno di assegnargli una delle Rettorie che nel frattempo si erano liberate. Tutto invano. Ripararono nominandolo collaboratore del nuovo parroco di S. Eufemia, don Valentino Guglielmi.

C’è un breve scritto di mons. Turco, grande ammiratore di don Ferdinando del quale aveva una stima immensa che dice così “d. Ferdinando, uno dei pochi preti veronesi, serio, preparato, colto. La Diocesi poteva utilizzarlo meglio!”. Pur consapevole di questo, d. Ferdinando accettò, come di consueto, tutte le emarginazioni, delusioni o umiliazioni in silenzio, come volontà di Dio, senza mai recriminare o accusare nessuno, anzi manifestando verso la fine della sua vita, attraverso un suo testamento, la sua gratitudine a tutti i suoi superiori e confratelli, e chiedendo loro perdono delle sue mancanze nei loro confronti.

Ne è prova un bel articolo di Mons. Antonio Finardi, ex parroco del duomo, su Verona Fedele che, ricordandolo nel suo 90.mo compleanno nel 2016, lo ringraziò per essere stato vero “maestro di vita” durante la sua docenza in seminario, con grande capacità di far assaporare la bellezza della scienza ecc. La risposta di d. Ferdinando fu di sincera gratitudine verso questo suo “ex alunno” esemplare, dal quale ha imparato a vivere lo zelo apostolico e l’amore per la Chiesa e le anime...”


BENEDIZIONE SACERDOTALE. Quando celebrava in casa con un paio di persone presenti notammo che alla fine della Messa dava la benedizione allargando le braccia esclamando con una certa enfasi: “Il Signore sia con tutti voi”, come se si trovasse davanti a una grande folla. Un giorno gli chiesi il perché di “tutti voi” se eravamo in due o tre “gatti” presenti. Rispose: “Davanti alla benedizione di un sacerdote, soprattutto al termine della Messa, c’è il mondo intero che ne usufruisce.”


RINGRAZIAMENTO DOPO LA MESSA. Appena terminata la Messa, dopo essersi svestito dei paramenti sacri, era abitudine per d. Ferdinando, secondo i consigli di molti Santi, tra cui san Josemaria Escrivà, di fermarsi almeno 10/12 minuti, in silenzioso raccoglimento per ringraziare il Signore del dono grande dell’Eucaristia e chiedergli grazie per tutti coloro che si raccomandavano a lui.

Lui stava immobile, inginocchiato sul primo banco a pregare, come assente. Solo dopo il breve tempo del ringraziamento, si alzava per salutare o ascoltare le persone, o confessare, o scambiare due parole.




DESIDERIO APPASSIONATO DI CONDURRE 

LE ANIME A DIO


SACRAMENTI.


BATTESIMO Nonostante la moda di impartire il Battesimo anche dopo mesi dalla nascita, d. Ferdinando si premurava affinché almeno i figli dei suoi parrocchiani venissero battezzati al più presto. Venivano anche da fuori parrocchia per far battezzare presto i loro bambini, senza aspettare magari per mesi e mesi le date canoniche.


Ricordo un episodio del signor Giovanni Tagliapietra che venne da d. Ferdinando per chiedergli la cortesia di battezzare il suo bambino almeno dopo le feste natalizie (era nato ai primi dicembre del 2000) perché il suo parroco voleva farlo aspettare fino alla notte di Pasqua per battezzarlo assieme ad altri neonati.

D. Ferdinando fissò negli occhi il padre e gli disse con tono perentorio: “Ma scherziamo! E tu vorresti passare il Natale senza che tuo figlio diventi Figlio di Dio?” E infatti battezzò il bambino da solo con un piccolo gruppo di parenti la domenica prima di Natale, con grande gioia dei genitori.


MALATTIA OFFERTA IN SILENZIO D. Ferdinando aveva un polmone solo sin dall’età di 52 anni perché gli era stato asportato a motivo di broncoectasie purulente che rischiavano anche di infettare l’altro polmone sano. Dopo alcuni anni iniziò a portare l’ossigeno tutto il giorno e il ventilatore polmonare la notte. Mai lo si vide lamentarsi neppure quando la difficoltà respiratoria era quasi insostenibile. In questo caso cercava di rilassarsi, respirare il più profondamente possibile e pregare in silenzio. La maggior parte delle volte la crisi passava senza dover essere ricoverato in rianimazione. Allora riprendeva a sorridere come per ringraziare Dio di essere uscito dal solito grave pericolo e poter riprendere le sue normali attività, senza il minimo lamento né prima né dopo. Si capiva che indirizzava tutto al Signore e da lui solo aspettava la grazia, non della guarigione totale (aveva accettato questa penitenza come riparazione in unione alle sofferenze di Gesù) ma almeno la possibilità di respirare quanto basta per poter continuare a fare il prete fino all’ultimo suo respiro.

Tutte queste difficoltà respiratorie e altre conseguenze collegate che debilitavano tutto l’organismo con fibrillazione atriale, frequenti febbri ecc., mai gli impedirono comunque di esercitare il suo ministero a pieno ritmo durante la sua permanenza come parroco ai Santi Apostoli, seguendo la catechesi per ragazzi e adulti, organizzando pellegrinaggi mariani, incontri di formazione per famiglie, benedizione delle case famiglia per famiglia, occupandosi dei poveri e malati della parrocchia ai quali portava la Confessione e la Comunione a domicilio, e trovando anche il tempo per scrivere libri di formazione cristiana tuttora molto apprezzati.

Era un sacerdote che, sia pur malato, amava la vita e il mondo “appassionatamente” come è nella spiritualità di San Josemaria Escrivà, e il suo costante sorriso e la sua accoglienza lo dimostrava anche nei momenti più difficili.

Infatti, dicono i medici che, fra tutte le patologie o malattie varie, quella più dura da sopportare è quella respiratoria, legata ai polmoni, perché toglie le forze per qualunque altro impegno o entusiasmo e ti fa sentire sempre pronto per il grande passaggio alla Vita Eterna. A tale proposito ricordiamo le grandi tribolazioni a motivo della mancanza di respiro di una grande santa “Teresina di Gesù Bambino” la quale ad un certo punto del suo diario si esprime così: “Se sapeste cosa vuol dire non riuscire a respirare! Se soffoco, il buon Dio mi darà la forza. Ogni respiro è un dolore violento, però non è ancora tale da farmi gridare.”

Ebbene, ci risulta che don Ferdinando abbia parlato e scritto di molte cose, molti argomenti, libri, omelie, catechesi ecc. eppure non abbiamo mai udito un suo lamento, mai trovato nessuno scritto, o sfogo o cenno circa il suo tormento perenne che è stato la mancanza di respiro per tutta la vita, sin da piccolo fino alla sua morte, a 90 anni. Non ne parlava mai con nessuno, se non con i medici ovviamente quando cercavano di curarlo, e poi, in un colloquio mai interrotto con Dio dal quale traeva la forza per resistere e combattere con piena lucidità di mente fino al raggiungimento del bel traguardo di 90 anni che festeggiò con gioia nel giugno 2016 con i suoi preti, ex parrocchiani, parenti, amici vari.


Grazie di cuore caro don Ferdinando e abbi un occhio di riguardo per tutti noi che ti abbiamo conosciuto, amato, aiutato, sostenuto, e per tutti quelli che continueranno a invocare il tuo aiuto dal Cielo.


                                        In fede

                                    Patrizia Stella


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