sabato 29 marzo 2014

Non toccate il Matrimonio!

I principi non negoziabili

“Non toccate il matrimonio di Cristo, e non benedite il divorzio, ma giudicate caso per caso. L’ipocrisia non è misericordia”. E’ il grido d’allarme che ha lanciato S. Em.za il Card. Caffarra, Vescovo di Bologna, assieme al Card. Muller, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, in risposta alle affermazioni possibiliste rilasciate dal Card. Kasper, nominato da Papa Francesco “Segretario speciale del Sinodo sulla famiglia” che prevedono la massima apertura nei confronti dei divorziati, ai quali viene
chiesto una sorta di “pentimento” per poter accedere ai sacramenti. Pentimento nei confronti del primo matrimonio? Ci si chiede. E siamo proprio sicuri che non ci si debba pentire anche del secondo? Questa specie di concessione anomala ha suscitato polemiche da parte del mondo cattolico perchè rappresenta un pericoloso segno di sgretolamento della famiglia come Dio l’ha voluta, cioè con vincolo indissolubile! Dopo che la società civile e ormai pagana, in odio ai valori cristiani e all’uomo, sta finendo di demolire la famiglia naturale per poter intronizzare gay e perversioni del gender, quella ecclesiastica, anziché risolvere il problema alla radice ricorrendo ai mezzi suoi propri, preghiera e sacramenti, si limita a benedire passivamente i ruderi impantanati senza avere il coraggio di domandarsi il perché di un tale cataclisma.
Spiega bene il card. Caffarra in un articolo apparso su “Il Foglio” del 15 marzo 2014 (adesso è di moda che gli alti Prelati, sull’esempio di Papa Francesco, comunichino il loro pensiero attraverso quotidiani laici, ecc.) spiega che per tutte le questioni inerenti al matrimonio e alla famiglia (tranne che per l’ultima idiozia del gender che è un argomento da trattare a parte perché nulla ha da spartire col matrimonio) rimane sempre valido come punto di riferimento perenne e inconfutabile la “Familiaris Consortio” di Giovanni Paolo II che non è affatto superata. Anzi egli stesso può attestare, come consultore del Sinodo sulla famiglia del 1980, che Giovanni Paolo II aveva deciso di fissare dei paletti precisi e validi per tutti e per sempre, in quanto basati non su valori opinabili, ma su “Princìpi inconfutabili” che Benedetto XVI definì “Principi non negoziabili”, sui quali ha insistito in maniera quasi esagerata durante tutto il suo pontificato. Perché? Viene da chiedersi!

In realtà la questione dei “valori” può sembrare poco importante a prima vista, tant’è vero che perfino Papa Francesco l’ha liquidata velocemente in un’intervista, dicendo che “i valori sono valori e basta” come a dire che rivestono tutti la stessa importanza, più o meno. Eppure una grande motivazione di fondo deve esistere, mi sono detta, e l’ho capito bene dopo aver ascoltato una sorta di “lectio magistralis” tenuta dal prof. Stefano Fontana, docente di filosofia nei licei di Verona, direttore dell’Osservatorio Internazionale “Card. Van Thuan” sulla dottrina sociale della Chiesa. Il prof. Fontana, in collaborazione con S.E. Mons. Crepaldi, Vescovo di Trieste, e con altre personalità della cultura cattolica, pubblica periodicamente un bollettino su argomenti inerenti la dottrina sociale della Chiesa che vale la pena approfondire. (info@vanthuanobservatory.org). È doveroso anche ricordare velocemente la grandiosa figura del card. Van Thuan (1928-2002), vietnamita, servo di Dio avviato alla beatificazione, il quale, per la sua fede in Gesù Cristo, è stato tenuto prigioniero in maniera disumana per tredici anni in un carcere orrendo, una specie di buco senza finestre, da dove è uscito salvo grazie alla sua fede. (Van Thuan, Preghiere di speranza, Tredici anni in carcere, Ed. Cinisello Balsamo, 2007).
La lezione del prof. Fontana si intitolava “I principi non negoziabili. Perchè bisogna parlarne ancora” ed è stata davvero illuminante tanto che calza a pennello con questo nostro argomento. Infatti tra i molti valori che esistono di uguale importanza, (casa, lavoro, scuola, fedeltà, solidarietà, tolleranza, accoglienza, diritti, doveri, ecc.) ne esistono alcuni così importanti da essere considerati più che valori, ma “PRINCÌPI”, perché radicati nella natura umana, e per giunta “non negoziabili”, cioè non modificabili, in quanto rappresentano un valore morale assoluto. E’ nei principi assoluti che la ragione incontra la fede, in un ordine meraviglioso che rimanda a Dio, altrimenti a quale titolo si dovrebbe invocare la morale, la regola, l’onestà, il retto comportamento nella politica? Senza di essi la vita sociale e politica diventa la società del relativismo, del caos, della dittatura o dell’anarchia, in pratica dell’ingovernabilità. Forte di questa convinzione, Papa Benedetto ha voluto affidare alla Congregazione per la Dottrina della Fede l’incarico di stilarne un piccolo elenco di quelli più importanti. Infatti nella “Nota dottrinale su alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica” del 24 novembre 2002, sono indicati i seguenti sette “PRINCIPI NON NEGOZIABILI”:

1. Vita            2. Famiglia.               3. Libertà di educazione
4. Tutela sociale dei minori           5 Libertà religiosa            6. Bene Comune a servizio della persona  7. Pace

Di questi sette, i primi tre rivestono un’importanza particolare perché hanno un carattere fondativo, vale a dire che fanno da fondamento a tutti gli altri, tant’è vero che di solito vengono nominati solo i primi tre. Per ovvi motivi di spazio ci limitiamo velocemente a precisare solo qualche aspetto. E’ possibile, ad esempio, garantire la tutela sociale dei minori (n. 4) se ai minori si impedisce di nascere, o di crescere in una famiglia unita e stabile? E’ possibile, continua il prof. Fontana nella sua esposizione, ottenere questo risultato esautorando la famiglia dal suo diritto-dovere di educare i figli (n. 3)? Se rimane unita e sana la famiglia, anche le varie forme di disagio sociale dei minori trovano soluzione. ecc.
Sono tanto importanti questi principi che qualche santo ha dato perfino la vita per qualcuno di essi, esempio S. Tommaso Moro che si era opposto al divorzio di Enrico VIII, assieme al card. Fischer, prevedendo le gravissime conseguenze per la società e per la Chiesa, come poi è avvenuto, dal cedimento di questo pilastro fondante. Senza dire di tante madri sante che hanno preferito morire piuttosto che impedire al loro nascituro di venire al mondo, o di molte spose che vivono la fedeltà all’impegno coniugale anche davanti al tradimento del marito. O di molti obiettori di coscienza disposti perfino a perdere lavoro e carriera pur di non venir meno a questi principi, come il rifiuto di praticare l’aborto, o di approvare matrimoni gay, o di aderire alle proposte del gender nelle scuole, o di somministrare pillole abortive, e via dicendo… Infatti la fede e la testimonianza cristiana si vivono proprio nell’esercizio delle virtù, dei valori e dei principi, in tutti i settori: famiglia, chiesa, società, politica… E’ facile impegnarsi in politica applauditi e ben retribuiti, bisogna anche essere disposti a pagare davanti a quei principi che la nostra coscienza ritiene non negoziabili.

Il Matrimonio, come la famiglia, fa parte di quei tre principi che sono fondanti, non negoziabili. Infatti scardinato quello, va a catafascio tutto, figli, coniugi, casa, mutuo, lavoro, rapporti parentali e di amicizia, si perde perfino la testa perché moltissimi coniugi separati finiscono per andare avanti a base di psicofarmaci, quando non arrivano alla disperazione dell’omicidio-suicidio. Per il semplice fatto che i principi non sono idee astratte ma sono incarnati nella persona, e sono vissuti attraverso l’amore, quell’amore così forte da formare di due persone “una sola carne” secondo le parole di Gesù Cristo, e la pretesa di separare questa “unica carne” provoca nei coniugi una lacerazione tale da innescare un meccanismo di grande sofferenza che, nella maggioranza dei casi, si potrebbe evitare con un po’ di buona volontà e di umile ravvedimento delle proprie posizioni.
A tale proposito cito un libro molto interessante di Ugo Borghello, “Saper di amore” ed. Ares, laddove, nei cinque capitoli dedicati per lo più alla necessità di saper distinguere la fede dalla religione, e l’amore vero dalle sue malattie più insidiose, dice così: “Non riusciamo ad amare perché non siamo convinti di peccato. La consapevolezza del peccato penetra il bisogno di amore a tal punto da farci fare qualunque sacrificio (…). Convinti di peccato vuol dire entrare nelle profondità dell’inganno di noi uomini che non possiamo vivere senza amore, e proprio nell’amore ci inganniamo fino a soffrire in famiglia e in ogni consesso umano, fino a dividerci, giudicare, lottare sempre per il potere, dipendere dal successo e abbatterci per l’insuccesso, accusare, far guerra. ecc. É tutto un problema di Amore!”. (Saper di Amore pag. 272/273)

Riprendiamo il discorso del Card. Caffarra: “Per avere occhi capaci di guardare dentro la luce del “Principio”, la Familiaris Consortio afferma che la Chiesa ha un soprannaturale senso della fede, il quale non consiste solamente o necessariamente nel consenso dei fedeli. La Chiesa, seguendo Cristo, cerca la verità, che non sempre coincide con l’opinione della maggioranza. Ascolta la coscienza e non il potere. E in questo difende i poveri e i disprezzati. La Chiesa può apprezzare anche la ricerca sociologica e statistica quando si rivela utile per cogliere il senso storico. Tale ricerca per sé sola, però, non è da ritenersi espressione del senso della fede (…) Qui non stiamo parlando di una norma che può ammettere o no delle eccezioni, o di un ideale a cui tendere, ma di ciò che è il matrimonio e la famiglia e il suo “genoma”, uso l’espressione del sociologo Donati, che non è un genoma naturale, ma sociale e comunionale. E’ dentro questa prospettiva che l’Esortazione individua il senso più profondo della indissolubilità del matrimonio”.

Arriva Kasper, su mandato di Papa Bergoglio, e inizia le prime picconate contro famiglia e matrimonio, ma supportate da motivazioni così “nobili”, da farle sembrare addirittura un sostegno più che una spaccatura a questo istituto meraviglioso voluto non dallo Stato, né dalla società, ancor meno dalla Chiesa, ma da Dio stesso al momento della creazione dell’uomo. Manomettere il matrimonio come Dio l’ha voluto significa lottare contro il progetto di Dio e assumersene tutte le responsabilità, perché il fatto di scardinare anche uno solo di questi principi fondanti significa stravolgere tutta l’antropologia sull’uomo, sulla sua esistenza terrena e sul suo destino eterno!. Oltretutto significa ignorare o sottovalutare quanto affermato da Gesù Cristo laddove parla chiaramente nel Vangelo di indissolubilità del vincolo matrimoniale. (Mt. 5,31; 19,3; Mc. 10,11; Lc. 16,18).
            Ma chi è il Card. Walter Kasper? In sintesi possiamo dire che era stato definitivo il “teologo eretico” per le sue posizioni da sempre palesemente contrarie alla dottrina perenne della Chiesa, espresse nei suoi libri, quali “Ateismo e linguaggio” e “Introduzione alla Fede” nei quali dichiara apertamente che “l’uomo moderno non può credere perché incontra ostacoli che non riesce a superare”. Ma l’apice dell’eresia la troviamo nel suo libro “Gesù il Cristo”, laddove scrive, apertis verbis, che Gesù non è figlio di Dio perché egli non si qualifica mai come Figlio di Dio, ma è stata la fede della Chiesa, dei primi cristiani a dichiararlo, sublimandone la figura. Pertanto anche i miracoli sono leggende, compresa la resurrezione di Cristo che non è mai avvenuta, e ancor meno l’Ascensione, perchè Cristo non poteva ascendere al cielo in quanto non ne era mai disceso! Sono tutte allegorie.”. E così Kasper rinnega sic et simpliciter lo stesso Cristo, la Sua Parola e la Chiesa. Vengono in mente quelle parole di Gesù nel Vangelo “Chi mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio…”.
E’ vero che sono le solite eresie di sempre, dai tempi di Ario, Nestorio e via fino alle moderne teorie sotto mentite spoglie, ma ciò che più rattrista comunque è il fatto che simili personaggi ecclesiastici siano rimasti non solo intoccati ma addirittura riveriti e insigniti di incarichi di rilievo all’interno della stessa Chiesa. Infatti Kasper fu scelto come membro della Commissione Teologica internazionale, poi fu eletto a consulente del “Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani”, e infine fu nominato Vescovo e Cardinale, senza aver mai rinnegato nessuno dei suoi passi palesemente eretici.
Come se non bastasse questa ascesa vertiginosa, perfino Papa Francesco, appena eletto, durante il suo primo Angelus dal balcone, nominò ed elogiò pubblicamente e inopportunamente il card. Kasper come suo autore preferito, fino a conferirgli l’incarico di fiducia per il Sinodo. No comment! Purtroppo, vedendo che il Sinodo sulla famiglia è stato affidato a Prelati ben noti per aver aderito alla teologia della liberazione o per la loro visione modernista della Chiesa e del mondo (Gutierrez, Maradiaga, De Aviz ecc.) c’è da aspettarsi di tutto e di peggio, anche se continueremo a importunare lo Spirito Santo perché intervenga ad impedire che si creino spaccature insanabili tra i fedeli sconcertati.

            Per molti che osservano i problemi superficialmente, sembra che sia quasi ingiusto l’atteggiamento della Chiesa di voler negare la Comunione ai divorziati, privandoli di un loro desiderio spirituale quasi che la Chiesa anziché essere Madre fosse Matrigna nei loro confronti. E questa arma falsa e ipocrita della Chiesa-Matrigna la si è usata per tanti altri casi: per rivendicare benedizione e Comunione anche ai gay orgogliosi, alle donne che hanno abortito, alle coppie di fatto, agli adulteri, spacciatori, mafiosi, e via dicendo… come se la soluzione meravigliosa per vincere tutte le immoralità dilaganti nel mondo fosse un “condono” generale, incondizionato, e premiato dalla santa Comunione, quasi a conferma della giustezza del proprio comportamento senza pentimento.
Ma non è la Chiesa che ci butta la croce addosso punendoci irrimediabilmente! Siamo noi che vogliamo caparbiamente uscire dal progetto di Dio illudendoci di trovare fuori di esso la nostra felicità. Cosa crediamo che la Comunione gratuita per i pluridivorziati, o conviventi, o anche per gli sposi regolari che comunque non vivono bene la vita matrimoniale, sia la panacea di tutti i mali? Rischia di diventare Comunione sacrilega quando non c’è la conversione del cuore, il desiderio di pentirsi, di perdonarsi, di cambiare vita e di tornare a Dio. Cosa volete che faccia il Papa? Che vi dica “Fate quello che volete che potete sempre contare sulla mia Benedizione?  Sarebbe un inganno per noi e un grave peccato per lui perché verrebbe meno a un suo preciso dovere di Pastore che deve segnalare dove sta il lupo insidioso!

Purtroppo il guaio più terribile è che la maggior parte dei cattolici, dopo interi decenni di una catechesi vuota sin da piccoli, sono talmente ignoranti circa la dottrina cristiana, che neppure sanno che cosa effettivamente sono i Sacramenti, e ancor meno la Messa e la Comunione! Non parliamo poi del Matrimonio che molti concepiscono come uno stato emozionale, privato, che dura finchè si “sta bene insieme” e poi si vedrà. Molti futuri sposi neppure hanno la consapevolezza dell’impegno che decidono di prendere davanti a Dio e alla società, di ciò che comporta il matrimonio, sia come sacramento, sia come vincolo civile che ha un importante risvolto pubblico oltre che privato, anche per colpa di chi prepara questi candidati al matrimonio focalizzando per lo più la loro attenzione solo su questioni sessuali, come avere maternità responsabile, come conoscere i cicli per evitare gravidanze indesiderate ecc. ecc.
Ormai molta gente, anche di quella che si mette in fila per fare distrattamente la Comunione alla fine della Messa, neppure sa che nella particola c’è nientemeno che IL CORPO DI GESU’ CRISTO e che occorrono tre disposizioni per riceverlo!
1)    essere in grazia di Dio (cioè consapevoli di non essere in peccato mortale)
2)    sapere e pensare a CHI si va a ricevere
3)    essere digiuni secondo le indicazioni della Chiesa (un’ora prima di ricevere la Comunione)

La certezza di essere perdonati dai nostri peccati ce la da solo il Sacerdote che fa le veci di Gesù Cristo quando afferma: “Io ti assolvo dai tuoi peccati, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.  Quale grande emozione sperimentare la gioia di essere perdonati e amati da Dio!

5 commenti:

  1. ho letto con grande dispiacere il suo articolo cosi' assente di misericordia verso chi ha avuto un percorso di vita segnato da un divorzio.Mi scusi ma se domani suo marito la lascia e lei precipita nel terribile mondo dei divorziati credenti cosa fa negli anni che ci vogliono per ottenere l'annulamento rotale sempre che vi siano i presupposti per un annullamento?Si astiene da ogni sacramento?si allontana dalla chiesa in quanto reietta ed esclusa?é facile parlare da una cattedra senza sentire il dolore di milioni di persone!E'urgente affrontare il tema dei divorziati nella sua complessità e non per dire che il divorzio va bene ma per permettere a delle anime di salvarsi nonostante abbiano sbagliato. Chi è unito a Gesu' è unito alla Chiesa e quindi crede nell'infallibilità del Suo Papa investito dallo Spirito Santo.Le sue parole sono molto insidiose e minano l'unità dei cattolici perché vogliono discreditare le buone intenzioni del Santo Padre.Animata dal bene delle anime scrivo questo commento per invitare i fedeli a fidarsi del nostro Papa e sostenerlo perché non faccia la triste fine del suo predecessore Benedetto XVI .che lo Spirito Santo la illumini.Pace e bene

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  2. Io voglio solo dire che la Chiesa permette la Comunione ai divorziati che hanno voluto il divorzio se pentiti e molto di più per chi l'ha subito. Certamente devono essere in grazia di Dio, come ogni cristiano che si accosta a questo Sacramento. In certi casi poi anche i divorziati e risposati possono ricevere il perdono e quindi fare la Comunione, quando per motivi di età o perché hanno dei figli piccoli d'allevare decidono di vivere come fratelli e sorelle. Secondo me papa Francesco rimmarà su queste posizioni.

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  3. Mi pare di aver capito che il problema non nasce dall'essere divorziati (anche se ciascuno dovrebbe cristianamente portare la sua croce) perchè occorrerebbe valutare caso per caso le situazioni che hanno portato a questa decisione; il problema sorge quando i divorziati si risposano e per questi, e solo questi, vivendo nel peccato in quanto adulteri (essendo per Dio valido solo e sempre il primo matrimonio contratto dinanzi a Lui) non possono per ragioni abbastanza ovvie accostarsi al Sacramento dell'Eucarestia. Se tu divorziato risposato professandoti vero cristiano pretendi dalla Chiesa un'apertura per essere ammesso alla Santa Comunione significa che non sei un vero cristiano e, ancor peggio, che non sai Chi stai andando a ricevere.

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  4. Quanta ignoranza e quante "frasi di comodo", di condanna e di giudizio in questo articolo.......intanto, bisogna valutare caso per caso e non generalizzare: la situazione di separazione/divorzio, in sé per sé, non costituisce peccato mortale, se uno, pur cessando di vivere con il coniuge, rimane fedele per sempre al vincolo sacro pronunciato davanti a Dio, e prosegue la sua vita in castità e senza contrarre nuove unioni.E, nel caso di divorziati risposati, bisogna comunque considerare le singole vicende umane, spesso cariche di dolori e drammi personali.......la verità é che la Chiesa, tanto pronta a condannare, é altrettanto pronta a sposare tutti coloro che desiderano compiere questo passo, senza approfondire mai a sufficienza per capire se le coscienze dei fedeli in questione sono davvero pronte e pienamente consapevoli.Pace a tutti......solo Gesù conosce davvero cosa c'é nel nostro cuore....e solo a lui, per fortuna, renderemo conto delle nostre azioni....

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