venerdì 19 aprile 2019

LA SETTIMANA SANTA. Brani dal libro di don Ferdinando Rancan




LA SETTIMANA SANTA

Con piccoli brani dal libro "In quella casa c'ero anch'io".
di don Ferdinando Rancan


La cena in casa di Simone prima dell'ingresso trionfale delle Palme.
"La sera del sabato ci trovammo tutti riuniti a cena in casa di Simone, con Gesù e Lazzaro ospiti d'onore. L'atmosfera era particolarmente festosa. Erano stati invitati anche alcuni notabili del paese, e perciò il banchetto assumeva il significato di una festa del villaggio in onore di GESÙ ma anche per festeggiare Lazzaro il quale, dopo la sua risurrezione, era come scomparso. Inoltre, a tenere alto l'entusiasmo, contribuiva il racconto dei miracoli che Gesù aveva compiuto al suo passaggio per Gerico: la guarigione del cieco Bartimeo; la conversione di Zaccheo, uno dei più ricchi e odiati personaggi della Regione.
(...) . Improvvisamente dalla porta che dava sull'atrio, si vide entrare una donna che recava in mano un vaso di alabastro a forma di boccia con un lungo collo sigillato. Subito non la riconobbi ma quando si fu avvicinata vidi che era Maria, la sorella di Lazzaro. Nella sala si fece silenzio mentre Maria, tenendo l’ampolla tra le mani, vibrò un colpo secco contro l'idra di pietra che era lì accanto. Il collo del vaso saltò via di netto. Allora si avvicinò a Gesù e mettendosi in ginocchio dietro di lui, cominciò a versare il contenuto dell'ampolla sul capo del Signore, passando leggermente la mano suoi suoi capelli per diffondervi l'olio profumato fino a raggiungere i suoi piedi che baciò tra le lacrime e asciugò con i suoi capelli. Nessuno della sala osava intervenire (...) Allora Giuda, costernato e avvilito, disse "Quest'olio prezioso sprecato in questo modo, se venduto, poteva rendere più di trecento denari da dare ai poveri". Allora Gesù guardò Giuda
con uno sguardo severo ma insieme pieno di affetto. Poi disse "Lasciala! Che faccia quello che si sente di fare compiendo un'opera buona verso di me.  I poveri ci saranno sempre in mezzo a voi, ma io non ci sarò sempre. Maria ha anticipato la mia sepoltura. Vi dico, anzi, che dovunque sarà predicato il Vangelo, quello che essa ha fatto per me servirà di esempio."
Giuda si fece scuro in volto e tornò al suo posto. Maria si riordinò i capelli e dopo aver baciato i piedi di Gesù, gli rimise i sandali, si alzò e senza guardarlo, si avviò verso le altre donne che le fecero ala e la seguirono. (...)  Mi tornarono allora alla memoria episodi analoghi al gesto di Maria, come quello accaduto in Galilea, in casa di un altro Simone, un Fariseo molto meno generoso e ospitale verso Gesù. Anche in quella occasione Gesù aveva difeso una donna, una illuminata peccatrice che gli aveva lavato i piedi con le sue lacrime di amore e di pentimento, e al Fariseo che in cuor suo lo aveva giudicato male, disse: "le sono perdonati i suoi molti peccati perché molto ha amato".

Già! L'amore! Sono questi i gesti ai quali può spingere l'amore. Gesti che sono pazzie agli occhi di chi non sa amare. Per l'uomo egoista, i soldi valgono più dell'amore. Per l'uomo ambizioso, il successo vale più dell'amore. Per l'uomo animale il piacere vale più dell'amore. Per l’uomo violento la vendetta vale più del perdono. E chiunque porta un cuore arido e gretto non può capire l'amore. Perciò non può capire Gesù. Difendendo il gesto di Maria, Gesù ha difeso l'amore. E ha proclamato solennemente che annunciare il Vangelo è annunciare al mondo l'amore. "Dio ha tanto amato il mondo da darci il suo figlio unigenito". Perciò non c'è misura per l’amore. La misura dell'amore è amare senza misura. L'amore sa sprecare per la persona amata ciò che ha di più prezioso e di più caro. Perciò, nemmeno l'uomo mediocre può capire l'amore. Il disagio che noi commensali abbiamo provato davanti al gesto di Maria, veniva dalla nostra mediocrità.
Signore, come possiamo amarti senza misura? Forse dovremo ricordarci del molto che ci è stato perdonato. Il tuo perdono senza misura - perdono che ci hai ottenuto col sacrificio della vita - richiede da noi un amore senza misura. Un cuore che ama a metà, che spartisce l'amore, non sarà mai capace delle audacie e delle pazzie dei santi. Quante volte, in nome della povertà, ti abbiamo trattato con taccagneria, con grossolanità, con freddezza, con indifferenza.
Da tanti anni vivo accanto a Maria, e non ho ancora imparato l'aristocrazia dell'amore, la finezza del dono, la magnanimità del Cuore. Gesù, voglio anch'io amarti con l'amore di Maria, della Maddalena, con l’amore della tua santissima Madre.


La Domenica delle Palme
Il mattino seguente Gesù era in piedi per tempo e tutta la casa era in movimento. Le donne avevano preparato una sostanziosa colazione e i discepoli avevano predisposto tutto per l'ingresso ufficiale di Gesù nella città Santa. Attorno alla casa si era riunita molta gente del villaggio con l'intenzione di unirsi a noi. Ai primi raggi del sole Gesù si mise in cammino avendo prima mandato avanti due discepoli, i fratelli Simone e Giuda Taddeo, in direzione di Betfage, piccolo villaggio presso la sommità del monte degli Olivi. Aveva dato loro l'incarico di sciogliere l'asina con il suo puledro che si trovavano legati vicino alla prima casa del villaggio, dicendo al padrone che il Maestro ne aveva bisogno e che glieli avrebbe restituiti in giornata.
Quando infatti i due Apostoli tornarono con le cavalcature e Gesù si accinse a salire sull'asinello, nella folla che lo seguiva scoppiò l'entusiasmo mentre il corteo si faceva sempre più numeroso e variopinto: gente di tutte le età e di tutte le provenienze ma tutti accumulati da un'unica convinzione: il momento decisivo era arrivato, il figlio di David entrava come Re di Israele nella Città Santa tra le acclamazione festoso della folla "Benedetto Colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei Cieli".

Il lamento di Gesù su Gerusalemme.
Gesù, seduto sull'asinello, si lascia osannare dalla folla che lo proclama Figlio di Davide, inviato da Jahve' che equivaleva a una proclamazione messianica. E davanti alla contestazione dei Farisei, Gesù fermò il puledro ed esclamò "Se questa gente tacesse, griderebbero le pietre". Poi Gesù dalla sommità del monte degli Olivi, si fermò a guardare la città Santa che gli stava davanti in tutta la sua magnificenza con uno spettacolo impressionante nella sua bellezza. Il sole investiva da Oriente tutta la città che offriva in primo piano il complesso monumentale del Tempio ampliato e abbellito da Erode il Grande. (...) . Gesù stette immobile a guardare e all'improvviso scoppiò in pianto. La sua città, la città di Dio, il luogo di tante meraviglie compiute dal Signore era lì ai suoi piedi, ma era una città chiusa alla visita di Dio.
E tra un singhiozzo e l'altro mentre Giovanni che era accanto a lui cercava di consolarlo, cominciò a mormorare "GERUSALEMME! GERUSALEMME! Se anche tu avessi compreso in questo giorno ciò che giova alla tua pace! Ma ecco, ora è nascosto ai tuoi occhi. Verranno giorni in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee e ti assedieranno da ogni parte... e non lasceranno in te pietra su pietra perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata".
Sei secoli prima, queste lacrime su Gerusalemme messa a ferro e fuoco dagli eserciti di Babilonia, le versava il grande profeta Geremia. Il profeta versava lacrime sulla infedeltà di Gerusalemme. Il popolo era venuto meno alla Alleanza col suo Dio e il suo pianto, come quello di Gesù, andava ben oltre al desolante spettacolo di una città distrutta. O Gesù, ora quella città è qui davanti ai tuoi occhi. La sua infedeltà alla Alleanza si consuma oggi nel rifiuto verso il suo Dio che viene a lei mansueto su un asinello. (...)
Ma il tuo sguardo Gesù, immensamente più profetico di quello di Geremia, va ben oltre alla tua città e al suo Tempio. Per te ogni anima è una città Santa, è una Gerusalemme dove Dio ha compiuto le sue meraviglie. E quando quest'anima si cinge di mura impenetrabili, di indifferenza, di rifiuto e di ostinata chiusura alla voce di Dio che viene a visitarla, quest'anima finirà preda del maligno che distruggerà in lei ogni grazia, spegnerà ogni bellezza, cancellerà ogni segno dell'amore di Dio riducendo la a un tizzone fumante, a un luogo tenebroso dove è "pianto e stridore di denti" . È la fine miseranda di ogni anima che rifiuta la visita del suo Dio venuto per la sua salvezza. (…)
Ma se l'anima accoglie l'amore del suo Dio, Egli stesso inonderà quest'anima di fiumi di misericordia inviando il suo Santo Spirito che la purificherà rinnovando la terra e preparerà per lei una nuova Gerusalemme.                                    








IL TRIDUO PASQUALE

GIOVEDÌ SANTO

Giovedì Santo vuol dire “Eucaristia”. È infatti il giorno, anzi la sera in cui Gesù compì il miracolo più strepitoso che si possa mai immaginare. Nel momento della Cena, la cosiddetta "ultima Cena" Egli istituì il miracolo più grande in assoluto: l'EUCARISTIA, cioè il dono di sé stesso all'umanità.
Gesù, fino alla fine dei tempi tu sarai in mezzo a noi come l'amore misericordioso del Padre, come il Redentore dell'uomo. Ormai non ci sarà più bisogno dell'agnello pasquale; ogni sacrificio e ogni vittima offerta dall'uomo non avrà più valore. Sarai tu l'unico Agnello, l'unica vittima, l'unico Altare, l'unico Sacerdote: la stanza del Cenacolo stasera è diventata il Cuore del mondo.
L'amore cerca la Comunione completa, la Comunione piena. Tu Gesù sei una cosa sola col Padre e nell'Eucaristia hai voluto essere una cosa sola con noi. La comunione tra due persone è proporzionale al loro amore: il tuo amore trascende ogni misura umana perché la Comunione che desideri realizzare con noi trascende ogni comunione umana. Nell'amore sponsale saranno "due in una sola carne", nell'Eucaristia saremo due in un solo corpo e in un solo spirito: tu in me e io in te. Nella Comunione Eucaristica tu mi unisci al tuo Corpo e al tuo Sangue, mi fai partecipe della tua divinità, della tua filiazione divina, e anticipi la mia comunione con te nella gloria.
Gesù mio, potremo noi comprendere questa pazzia d'amore che ti ha preso? Potremo mai misurare le altezze vertiginose del tuo prodigio, la profondità abissale del tuo dono, l'ampiezza incommensurabile della tua sete d'amore? Gesù mio, come potremo seguirti su questa strada? "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi"... Comunica anche a noi, ti prego, il desiderio ardente di Comunione con te, di condividere la tua vita, di partecipare alla tua Pasqua ed essere anche noi uniti nell'amore, e un giorno uniti nella gloria!

Giovedì Santo vuol dire "Sacerdozio".
Gesù, hai voluto che i tuoi Apostoli potessero rinnovare quello che tu hai fatto questa sera. Perciò li hai fatti partecipi del tuo sacerdozio, hai chiesto loro di rinnovare lungo i secoli il tuo gesto d'amore, il gesto sacrificale che offre ad ogni uomo la possibilità di incontrarti come Redentore e di unirsi al tuo sacrificio, al tuo corpo sacrificato e al tuo sangue versato, corpo e sangue che danno la salvezza, la vita eterna, il diritto a risorgere con te nella gloria.
Ogni sacerdote diventerà un altro te stesso e usando le tue stesse parole, potrà rinnovare su tutti gli altari della terra il miracolo di questa Cena.
I tuoi Apostoli saranno il fondamento della Chiesa in quanto saranno i sacerdoti della tua Eucaristia. Dove non c'è Eucaristia, non c'è Chiesa. Con l'Eucaristia tu prolungherai nei secoli, in mezzo a tutti i popoli della terra, la tua presenza: presenza di salvezza, presenza di Dio che cerca, redime, cammina con le sue creature su tutti i cammini della terra che ormai saranno per sempre i cammini del cielo.
Gesù mio come hai potuto pensare una cosa simile? Come hai potuto inventarti una meraviglia come questa, un miracolo così grande? Solo un amore senza limiti può fare questo e tu ci hai amati fino in fondo. Solo l'onnipotenza di un Dio innamorato, "impazzito" per la sua creatura può arrivare a tanto.
Un giorno, su tutta la faccia della terra innumerevoli tabernacoli saranno, in mezzo all'umanità tanti "roveti ardenti" che parleranno d'amore, tante sorgenti d'acqua viva, tante fonti di grazia e di misericordia. Lì, innumerevoli anime assetate d'amore troveranno Colui che si è fatto "prigioniero d'amore" per non lasciare orfani quanti dall'Amore sono nati e all'Amore hanno creduto.


VENERDÌ SANTO

Nell'orto degli Olivi.
Oltrepassato l'alveo secco del torrente, arrivammo in breve all'entrata del Getsemani, l'orto degli Olivi. Gesù rallentò il passo e tutta la comitiva degli Apostoli che lo seguiva poté ricomporsi. Quando li ebbe tutti vicini, Gesù ribadì un avvertimento che aveva espresso durante la Cena: "Ricordate che sta scritto: percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse. Voi tutti sarete messi alla prova per causa mia questa notte, ma dopo la mia risurrezione, vi attenderò in Galilea". Quindi ordinò ai discepoli di sistemarsi dove potevano per passare la notte mentre egli sarebbe andato più in là a pregare. Ma già appariva tremante con forti brividi che lo scuotevano tutto, dalla testa ai piedi. Allora, come fosse preso da un panico improvviso, chiamò Pietro, Giacomo e Giovanni: "Voi disse , venite con me. Ecco, un'angoscia mortale sta schiacciando la mia anima. Statemi vicino e vegliate con me in preghiera per non soccombere nella prova.".  (...)
Pietro non dimenticherà mai quella supplica accorata che nel dormiveglia era riuscito a cogliere e che gli era penetrata dentro l'anima: "Padre allontana da me questo calice! Tuttavia, non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu... e poi ancora "Abba', Padre mio, Padre mio, Padre mio". Quelle grida strazianti nel silenzio di tutto il creato dove solo un bagliore di luna illuminava di una luce sinistra alberi e sterpaglie, mettevano i brividi.

La solitudine di Dio
Gesù mio, chi mai avrebbe potuto vegliare con te in quella notte? Quale creatura avrebbe mai potuto aiutarti nella titanica agonia che ha schiacciato la tua anima fino a farti trasudare rivoli di sangue? E quale essere umano poteva farti compagnia nell'abisso della tua tristezza, o nel mare sconfinato della tua angoscia? Tu invece hai voluto cercare aiuto e sei venuto a noi a mendicare anche solo una parola, uno sguardo, un silenzio... e noi non abbiamo saputo darti altro che sonno, torpore apatia.
Gesù mio, può l'onnipotenza di Dio cercare aiuto nella debolezza dell'uomo? Può la sapienza eterna di Dio chiedere comprensione dove non c'è intelligenza per capire? E può "Colui che è " invocare sostegno da "Colui che non è?".
Gesù mio, chi mai poteva pensare che in quel "verme della terra" che strisciava nella polvere, c'era il Figlio diletto del Padre? Chi mai poteva immaginare che in quelle urla che straziavano i cieli notturni c'era la voce del Verbo Eterno che ha creato la terra e tutto l'universo?
No! Gesù mio, no! Non potevi venire da noi perché noi non potevamo venire da te. Eri solo nel deserto quando hai sconfitto il nemico infernale, e dovevi restare solo questa notte nel Getsemani quando il maligno è tornato a insidiarti. Noi non lo sapevamo, né abbiamo potuto vederlo, ma esso era lì accovacciato davanti a te: ti chiedeva di non dare la tua vita per esseri spregevoli e indegni come noi, di non accettare la croce che avrebbe significato la tua sconfitta di fronte al mondo, o semmai di riscattarci con la spada; avevi legioni di Angeli pronti per farti trionfare suoi tuoi nemici e mostrare al mondo la tua forza.  E tu invece hai voluto mettere in guardia anche noi, perché Satana sarebbe venuto a vagliarci come il grano.

Ma per noi non c'era bisogno della tentazione. A tentarci bastavano la nostra miseria e la nostra debolezza. Del resto sapeva bene il maligno che, percosso il pastore, anche le pecore sarebbero andate disperse. Satana è venuto per te, con te esso aveva un conto ancora aperto ed era tutto da saldare. Esso è venuto ad afferrare in una morsa la tua umanità usando le armi più subdole della sua astuzia e della sua rabbia per impedirti di compiere la volontà del Padre. Egli fin da principio è stato il "rifiuto" perché il suo nome è ribellione. E noi gli avevamo creduto. Perciò solo tu potevi dire "Ecco, io vengo o Padre, a fare la tua volontà. (...)
Tu eri in quel momento tutta l'umanità dolente e straziata, tutta l'umanità triste e malvagia: l'umanità peccatrice. In quel momento tutti i Caino che hanno ucciso, tutti i Giuda che hanno tradito, tutti gli spergiuri che hanno bestemmiato, tutti gli Erode che hanno sterminato gli innocenti erano lì e pesavano su di te. Su di te si sono ammassati gli abitanti di Sodoma e Gomorra, gli abitanti di Ninive e Babilonia, gli inquilini delle galere di tutti i tempi. Tu eri l'erede di tutti i faraoni che hanno oppresso i popoli, di tutti gli Epuloni che hanno disprezzato i poveri, di tutti gli schiavisti che hanno venduto come merce da pochi soldi milioni di fratelli. Tutto ciò che è violenza, tradimento, spergiuro, infedeltà, vendetta, ingiustizia e menzogna era lì, scritto sulle tue mani, sulla tua fronte, suoi tuoi occhi, su tutto il tuo corpo, nel tuo cuore.
Tutte le madri che hanno soffocato nel grembo le proprie creature, tutte le prostitute che hanno mercificato il proprio corpo, tutti gli adulti che hanno tradito e infangato l'amore, tutte le Erodiadi che hanno sedotto e chiesto la testa dei Profeti di Dio: un carico immenso di vergogna pesava sulle tue spalle. Su di te l'orrore dei lager, dei forni crematori, dei gulag, delle foibe, dei campi di sterminio, delle pulizie etniche. I Giacobini di tutti i tempi, tutti i Napoleoni che hanno insanguinato del loro orgoglio le contrade della terra, tutti i potenti del mondo che hanno riempito gli arsenali di bombe atomiche, che hanno soffocato i poveri, e tutta la brutale crudeltà di quanti hanno inventato i capestri, i roghi, la ghigliottina e i più brutali strumenti di tortura. Tutti costoro con tutti i malvagi della terra erano lì con te in quella notte, portavano scritto il tuo nome.
Gesù come hai potuto caricarti di tante iniquità? Come hai potuto mentire al mondo intero, ingannare, tradire, opprimere con leggi perverse i popoli della terra? Perfino i corruttori di bambini, i profittatori di innocenti, gli oppressori dei deboli! Tutti col tuo nome! Tu eri in quella notte davanti al Padre tutto il male del mondo, tutte le iniquità della terra. Gesù mio chi poteva reggere a questa marea di fango e di putridume? Chi poteva trasformare questa infinita e tragica ribellione dell'uomo in una docile obbedienza all'amore del Padre? 
Ed ecco che tu sei sceso nel più profondo degli abissi e ti sei fatto maledizione per ottenerci misericordia. E così con la tua morte, hai sconfitto il maligno. L'umiltà e l'obbedienza sono incompatibili con la superbia e la ribellione. Tu infatti pur essendo Dio ti sei annientato prendendo la natura di servo e divenendo simile a noi peccatori. (...)


La Passione.
La crocifissione dei due ladroni fu più semplice e fu eseguita per prima. Vennero poi a Gesù. Lo spogliarono della tunica che misero da parte assieme alla veste e al mantello. Era la tunica inconsutile che Maria aveva terminato di tessere poco prima che Gesù lasciasse la sua casa. Quando quel Corpo si presentò ai nostri occhi nudo, fummo presi dal terrore. Solo un odio satanico può ridurre un essere umano in quelle condizioni! Non c'era un lembo di carne che fosse integro: le spalle e la schiena maciullate, le braccia e le cosce sembravano mangiate dalla lebbra, il suo bel viso sfigurato da sangue, lividi, tumefazioni, sputi era irriconoscibile se non per quegli occhi grandi, mansueti e luminosi che davano ancora un aspetto maestoso, da "Rabbi" a tutta la sua persona.
Il quadro era terrificante e costringeva a una pietà infinita. Maddalena e Salome si voltarono verso le mura e furono prese da una forma di deliquio; Myriam fece ricorso a un vasetto di sali per rincuorarle. Maria, inondata di lacrime, era comunque la più coraggiosa. Teneva le mani incrociate e tremanti sotto il mento e senza mai staccare il suo sguardo da Gesù, continuava a sussurrare con un filo di voce: "Gesù, Figlio mio, Figlio mio, Gesù..."
Prima che Gesù venisse disteso sul patibolo, Giuseppe di Arimatea si tolse l’ampio copricapo di lino bianco e facendo un cenno ai soldati, si avvicinò a Gesù e glielo cinse ai fianchi. I soldati lo guardarono e lo lasciarono fare. Allora gli sgherri presero la corona di spine e tornarono a conficcargliela sul capo con spasimi indescrivibili. Poi lo presero per i polsi e lo distesero sul patibolo. Cominciarono stridenti colpi di martello ai polsi e ai piedi che sembrava spaccassero i nostri timpani, sopraffatti solo in parte dagli schiamazzi e dai sarcasmi della plebaglia che si era distribuita intorno a debita distanza.
Maria in lacrime, sotto la croce di Gesù, circondata dalle donne affrante e da Giovanni, nel tentativo di rincuorare tutti, si fece coraggio, si asciugo le lacrime e disse emettendo un lungo respiro: "Non abbiate paura, non dobbiamo aver paura. Gesù ci è stato tolto per un poco, poi lo riavremo perché Gesù è nostro e non può togliercelo nessuno. Lo riavremo presto il nostro Gesù. Vorrei essere io al suo posto, vorrei che li dessero a me quei colpi. Non è la paura che mi fa soffrire, ma l'amore. Il dolore fa paura, l'amore fa morire. Muoio perché lui muore... ma non dobbiamo temere, è per poco, solo per un poco". (...)
A un certo punto Gesù alzò la testa, aprì gli occhi e con uno sforzo doloroso si sollevò facendo leva sulle braccia. Guardò lungamente sua Madre, poi con voce colma di affetto disse "Donna, ecco tuo figlio" e fissò Giovanni che era lì accanto a lei. Poi, senza staccare lo sguardo da Giovanni, continuò "Ecco tua Madre".   (...)
E così, Madre mia, Gesù ti ha proclamata Madre nostra. In quel discepolo amato ci siamo tutti noi. Da oggi ogni creatura umana può invocarti come Madre. Il figlio di Dio appeso in croce ci ha ottenuto di diventare anche noi figli di Dio, e figli tuoi. Gesù crocifisso inaugura la tua maternità universale che abbraccia tutti gli uomini fino alla fine dei tempi.




IL GRANDE GIORNO: LA RISURREZIONE

Alle prime luci dell'alba le donne erano già in piedi e si affaccendavano nei loro preparativi per andare al sepolcro procurandosi aromi e quanto fosse necessario per completare la sepoltura di Gesù.
Era rimasta in casa solo Maria la quale, come sempre, si muoveva in silenzio, leggera come un Angelo, per risparmiare rumori e fastidi al nostro riposo mentre si adoperava a prepararci la colazione del primo mattino. (...) Io, indossati in fretta sandali e tunica, mi mossi subito cercando di lei, di Maria e la trovai al piano superiore, nella sala grande, il Cenacolo, sicuro che l'avrei trovata lì.
Fu così infatti, ma, arrivato sulla porta della stanza, mi dovetti fermare. Stava accanto alla finestra, immobile, come estasiata, sembrava un'altra persona: i suoi occhi scintillavano di gioia e di tenerezza, il suo volto era illuminato da un sorriso che mi ricordava quello dell'Annunciazione quando fu visitata dall’Angelo. Tutta l'espressione del suo viso tradiva una felicità intima e misteriosa che doveva nascere da qualcosa di straordinario e di immensamente commovente.
Quando mi vide, mi venne incontro e, abbracciandomi forte, disse: "Figlio mio, il nostro Gesù è ancora con noi! È ancora con noi... lo vedrai presto! Lo vedremo tutti! Non dobbiamo più temere, non dobbiamo più soffrire. Il dolore è finito, la paura è passata. Si è avverata la sua promessa, si è compiuta la Sua parola. Sia ringraziato il Signore nostro Dio, sia Benedetto nei secoli! Egli ha realizzato per noi le meraviglie del suo Amore, ha fatto trionfare la sua potenza e la sua misericordia".
Mi parlava con una commozione vivissima e indescrivibile e nello stesso tempo, raccolta e dignitosa: non aveva nulla di scomposto e di eccitato. Solo alcuni lacrimoni le rigavano le guance come stelle luminose che brillavano di gioia. Stette in silenzio qualche istante, poi si allontanò da me e si recò di nuovo alla finestra spingendo lo sguardo in direzione del sepolcro, poi verso il Tempio, poi in alto verso il cielo... (...)
Venne di nuovo verso di me e tornò ad abbracciarmi come se volesse trasmettermi la sua gioia. Infine, con voce sommessa, quasi mormorando, come se parlasse con sé stessa, continuò: "Era bellissimo! Bellissimo! I suoi capelli erano tersi e splendenti, i suoi occhi traboccavano bontà e amore, le sue ferite erano pulite e vive, la sua carne luminosa, la veste bianca e splendente. Era bellissimo! Prese le mie mani fra le sue e le stringeva forte; erano ardenti e piene di tenerezza. Le guardai intensamente, erano mani vere in carne e ossa. Me le portai alle labbra coprendo le sue ferite di baci, finché lui me le pose sul capo benedicendomi e infine mi strinse forte al suo Cuore in un abbraccio di paradiso. Era bellissimo!"
Io, fino a quel punto, ero rimasto interdetto, senza parole e senza pensieri precisi. Approfittai allora di quella pausa per chiederle cosa mai significasse tutto questo e di che cosa intendesse parlarmi. Allora come se improvvisamente si svegliasse da un'esperienza ineffabile e tornasse alla realtà, disse sorridendomi: "Hai ragione, figlio mio, hai ragione. Ma lo saprai, saprai tutto molto presto". Poi si asciugò il volto, si ricompose nell'espressione e: "Andiamo! disse, andiamo a chiamare i tuoi amici. Hanno bisogno di cominciare la giornata con una buona colazione".
Sapendo che tutto il suo discorso si riferiva a Gesù, avrei voluto chiederle tante cose: "Com'era, da dove era entrato e uscito, che cos'altro le aveva detto e perché non s'era fatto vedere anche a noi... " Ma lei mi prese per mano e mi portò verso l'uscita del Cenacolo, al incontro con gli altri discepoli.
fine

                                                                                               (a cura di Patrizia Stella)



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