sabato 8 aprile 2023

IL GRANDE GIORNO: LA RESURREZIONE DI GESU'

BRANO PRESO DAL LIBRO

 “IN QUELLA CASA C’ERO ANCH’IO”

di Ferdinando Rancan

ed. Fede & Cultura

 

 

SABATO SANTO:  L’ATTESA


 Il sabato dopo la sepoltura      Quel sabato vide il “riposo di Dio”. Dal giorno della creazione nessun altro sabato conobbe un simile “riposo”. Gesù, Figlio di Dio, Verbo del Padre, colui per il quale tutto è stato creato, giaceva nel sepolcro. Era stata portata a termine la Redenzione. Tutto dunque era compiuto, il tempo era chiuso, non restava che attendere l’eternità. Tutto questo lo sappiamo ora, ma in quel giorno ben altri sentimenti occupavano il nostro cuore. Quanti eravamo nella casa di Marco ci sentivamo in balia dei pensieri più diversi. I discepoli consideravano ormai definitivamente crollato il progetto di Regno che essi avevano accarezzato in cuor loro; a quel punto, eravamo tutti convinti che l’unica cosa che potevamo fare era di tornare in Galilea, come Maria ci aveva ricordato, e attendere.

 

Attendere! In mezzo a quella repentina e assurda catastrofe era questa l’unica cosa che riuscivamo a capire. Attendere, perché eravamo convinti che sulle ceneri delle nostre speranze e dei nostri progetti qualcosa doveva nascere, qualcosa doveva accadere. Non poteva essere un inganno o un’illusione tutto quello che avevamo visto e udito in Gesù; due anni e mezzo di meraviglie, di prodigi, di sapienza così nuova e così alta, non potevano essere cancellati in quel modo. I discepoli tuttavia non riuscivano a dire una parola su tutto questo, si sentivano vuoti e come storditi, e d’altra parte non avevano la più pallida idea di ciò che li attendeva.

Conoscendo Gesù fin dalla nascita e avendo assistito ai fatti più importanti della sua vita, quelli segnati dal sigillo del Padre e dal soffio dello Spirito, io ero sicuro che le cose non sarebbero finite lì, ma cercavo di saperne di più. Perciò durante quel sabato mi tenni il più possibile vicino a Maria; speravo di cogliere da lei qualche accenno su quello che sarebbe accaduto dopo tutto il dolore e tutte le lacrime del giorno precedente. Sì, dovevamo andare in Galilea e attendere, ma attendere che cosa? Attendere Gesù? Sarebbe forse risorto anche lui alla maniera di Lazzaro? Sarebbe poi venuto in Galilea da solo o accompagnato da qualcuno? E avrebbe ricominciato lì il suo ministero? In che modo?... Queste e molte altre erano le domande che si affollavano alla mia mente e che erano nascoste in quell’attesa. Ma da Maria non una parola, non un cenno. Era in mezzo a noi la più serena; si preoccupava di tutti, cercava che fossimo fiduciosi e uniti, e anche che ci riposassimo e ci rifocillassimo; era lei l’unica che in mezzo a quella catastrofe conservava la fede. Tuttavia nessun accenno da parte sua a una qualche previsione.

 

Notizie ci giunsero invece da fuori. Nel tardo pomeriggio arrivò da noi Giovanna, la moglie di Cusa. Era molto agitata e impensierita. Ci disse che era passato da lei Giuda in preda a una forte agitazione; aveva la borsa con molto denaro e voleva consegnarla a lei, ma ella non sapendo che cosa pensare, aveva rifiutato di accettarla e gli suggerì di usare il denaro, come tante volte aveva detto lui stesso, per i poveri. Se n’era andato, sconvolto.

A completare le notizie, arrivò poco dopo Nicodemo. Veniva dal Tempio dove si era incontrato con i sacerdoti e con gli altri del Sinedrio; si mostravano tutti preoccupati come se una strana inquietudine li avesse contagiati. I sacerdoti in particolare apparivano profondamente turbati e scossi da quanto era accaduto la sera precedente. Era accaduto che verso l’ora nona, l’ora della morte di Gesù, si era udito un sordo boato che scosse le fondamenta del Tempio, e un bagliore simile a uno strano lampo si era abbattuto sulla parte più interna del Tempio. Dopo qualche esitazione il sacerdote di turno entrò nel “Santo” dove si trova l’altare dell’incenso per il sacrificio vespertino; enorme fu la sua sorpresa quando vide lacerata da cima a fondo la cortina che separava il “Santo” dal “Santo dei Santi”, che è l’aula più interna e più sacra del Tempio. Era come se fosse stata annullata la separazione, che doveva essere rigorosissima, tra i due luoghi più sacri del Tempio. Quella cortina, impressionante per la grandezza e preziosità, era di un tessuto spesso, pesante, tutta ricamata d’oro, difficilissima quindi da lacerare. Perciò nei sacerdoti, allo stupore si aggiunse il tremore, come se una oscura minaccia gravasse sul Tempio.

I Sinedriti, invece, erano interessati a un ben diverso problema. Si erano riuniti per deliberare su una questione, a loro parere, importantissima: si ricordarono che Gesù aveva parlato di risurrezione e, poiché lo giudicavano un impostore, temevano un colpo di mano da parte dei discepoli, che avrebbero potuto far sparire il corpo di Gesù dando adito alla falsa notizia della sua risurrezione. Deliberarono quindi di inviare una richiesta a Pilato perché sigillasse il sepolcro e vi mettesse a guardia un picchetto di soldati. Dopo quello che aveva concesso, Pilato non ebbe alcuna difficoltà a concedere anche questo.

“Stavo uscendo da quell’incontro - continuò Nicodemo - quando vidi Giuda arrivare di corsa; era trafelato e sconvolto da mettere paura. Lo chiamai: ‘Giuda!’, ma non rispose. Si infilò dov’erano i sacerdoti gridando: ‘Ho tradito! Ho tradito l’innocente! Prendetevi il vostro denaro, non voglio più saperne!’, e agitava la borsa col suo peso maledetto. I sacerdoti lo guardarono - era uno sguardo di ghiaccio - e con un sorriso tra il beffardo e il compiaciuto: ‘Non è questo - dissero - il compenso che hai pattuito? Il nostro impegno noi l’abbiamo assolto; il resto non ci interessa. Non è affare nostro’. A quelle parole Giuda scagliò la borsa verso di loro con gli occhi divorati dal rimorso. I sicli d’argento, usciti dalla borsa, sghignazzarono sul pavimento. Avrei voluto fermare Giuda che, voltatosi, stava dandosi a una fuga disperata. Ma sentivo su di me gli occhi dei Sinedriti pronti a giudicare ogni mia mossa che fosse contraria alla loro legge. Perciò restai fermo, ma li guardai a uno a uno in silenzio. Allora il principe dei sacerdoti: ‘È denaro di sangue, - disse, facendo raccogliere le monete da un inserviente per non contaminarsi - non possiamo usarlo per il Tempio. Avevamo il programma di acquistare un terreno per farne un cimitero per gli stranieri: lo useremo per questo’.”. Nicodemo tacque, ma il silenzio della sala si riempì di nuovi interrogativi e di nuovo tremore.

 

Verso sera arrivarono Marta e Maria di Lazzaro per prendere accordi con Myriam e Salome su come completare la sepoltura di Gesù e avere anch’esse la possibilità di vedere, almeno per l’ultima volta, il Maestro. Sarebbero passate di buon mattino ad acquistare gli aromi necessari ed altre bende per poi recarsi insieme al sepolcro. Maria seguiva tutti quei discorsi in silenzio, continuando a occuparsi dei lavori di casa, e a incoraggiare Pietro e gli altri. Alle donne suggerì soltanto di non fare troppe spese per la sepoltura di Gesù, perché essa non esigeva più di quanto era già stato fatto. Il giorno dopo ci rendemmo conto del perché di questa raccomandazione: Gesù non ne avrebbe più avuto bisogno.

Alla sera ci invitò tutti alla preghiera. Scelse i salmi della fiducia e della speranza. Alla fine ci distribuimmo tutti nelle varie stanze, anche se quasi tutti eravamo ben poco convinti di poter prendere sonno. Solo a tarda sera ebbe il sopravvento la stanchezza.

 

                               IL GRANDE GIORNO:  LA RESURREZIONE


 Il “grande giorno” (n. 1)      Alle prime luci dell’alba le donne erano già in piedi e si affaccendavano nei loro preparativi per andare al sepolcro. Sarebbero passate da Giovanna e con lei avrebbero fatto gli ultimi acquisti di aromi e di quant’altro fosse necessario per completare la sepoltura di Gesù. Quando partirono tornò il silenzio nella casa. Noi, ancora mezzo indolenziti e sonnolenti, restammo nei nostri giacigli, tutti tacitamente d’accordo sul fatto che dovevamo recuperare sonno e riposo.

Era rimasta in casa solo Maria la quale, come sempre, si muoveva in silenzio, leggera come un angelo, per risparmiare rumori e fastidi al nostro riposo. Nel frattempo si era adoperata a prepararci la colazione del primo mattino.

 

Arrivarono intanto i primi raggi del sole e i primi rumori del giorno che misero fine al nostro riposo notturno. Io, indossati in fretta sandali e tunica, mi mossi subito cercando di lei, di Maria. Salii al piano superiore, nella sala grande, il Cenacolo, sicuro che l’avrei trovata lì. Fu così, infatti, ma arrivato sulla porta della stanza mi dovetti fermare: nel vederla fui preso da uno strano senso di stupore e di trepidazione. Stava accanto alla finestra, immobile, come estasiata. Era soprattutto la sua figura a sorprendermi; sembrava un’altra persona: i suoi occhi scintillavano di gioia e di tenerezza, il suo volto era illuminato da un sorriso che mi ricordava quello del giorno dell’Annunciazione quando fu visitata dall’Angelo, tutta l’espressione del suo viso tradiva una felicità intima e misteriosa che doveva nascere da qualcosa di straordinario e di immensamente commovente.

Quando mi vide, mi venne incontro e, abbracciandomi forte: “Figlio mio, - cominciò - il nostro Gesù è ancora con noi! È ancora con noi!... Lo vedrai presto! Lo vedremo tutti! Non dobbiamo più temere, non dobbiamo più soffrire. Il dolore è finito, la paura è passata. Si è avverata la sua promessa, si è compiuta la sua parola. Sia ringraziato il Signore, nostro Dio, sia benedetto nei secoli! Egli ha realizzato per noi le meraviglie del suo amore, ha fatto trionfare la sua potenza e la sua misericordia!”.

Mi parlava con una commozione vivissima e indescrivibile, e nello stesso tempo, raccolta e dignitosa; non aveva nulla di scomposto e di eccitato. Solo alcuni lagrimoni le rigavano le guance come stelle luminose che brillavano di gioia. Stette in silenzio qualche istante; poi mi lasciò e si recò di nuovo alla finestra spingendo lo sguardo in direzione del sepolcro, poi verso il Tempio, poi in alto verso il cielo che andava tingendosi di rosa, poi ancora verso il Monte degli Olivi, infine tutto intorno come se contemplasse un panorama sconfinato o rileggesse in quei luoghi una struggente storia di dolore e di amore. Tutt’intorno tripudiava una primavera che riempiva l’aria di profumi e tingeva la luce di colori.

 

Venne di nuovo verso di me, si fermò a guardarmi con infinita tenerezza e tornò ad abbracciarmi come se volesse trasmettermi la sua gioia. Poi con voce sommessa, quasi mormorando, come se parlasse con sé stessa: “Era bellissimo! - continuò - Bellissimo! I suoi capelli erano tersi e splendenti, i suoi occhi traboccavano bontà e amore, le sue ferite erano pulite e vive, la sua carne luminosa, la veste bianca e splendente! Era bellissimo! Prese le mie mani fra le sue e le stringeva forte; erano ardenti e piene di tenerezza. Le guardai intensamente: erano mani vere, in carne ed ossa. Me le portai alle labbra coprendo le sue ferite di baci, finché Lui me le pose sul capo benedicendomi e infine mi strinse forte al suo Cuore in un abbraccio di paradiso. Era bellissimo!”.

 

Io, fino a quel punto, ero rimasto come interdetto, senza parole e senza pensieri precisi. Approfittai allora di quella pausa per chiederle che cosa mai significasse tutto questo e di che cosa intendesse parlarmi. Allora, come se improvvisamente si svegliasse da un’esperienza ineffabile e tornasse alla realtà: “Hai ragione, figlio mio - disse sorridendomi - hai ragione! Ma lo saprai, saprai tutto molto presto”. Poi si asciugò il volto, si ricompose nell’espressione e: “Andiamo, disse, andiamo a chiamare i tuoi amici. Hanno bisogno di cominciare la giornata con una buona colazione!”.

Pur sapendo che tutto il suo discorso si riferiva a Gesù, avrei voluto chiederle tante cose: “Com’era, da dove era entrato e da dove era uscito, che cosa le aveva detto e perché non s’era fatto vedere anche a noi...”; ma lei mi prese per mano e mi portò verso l’uscita del Cenacolo.

 

Il “grande giorno” (n. 2)      Stavamo scendendo al piano inferiore, quando si udirono pressanti colpi alla porta e la voce di Maddalena che chiamava con insistenza. Andarono ad aprire Giovanni e la madre di Marco. “L’hanno portato via, l’hanno portato via! - cominciò a gridare entrando tutta sconvolta - Il sepolcro è vuoto e chissà dove l’hanno messo!...”. Accorse anche Pietro che cercò di calmarla per capire di chi stava parlando. Ma la sua agitazione era incontenibile, e solo uno scoppio irrefrenabile di pianto mise fine alle sue grida. “Di Gesù, capite? - continuò dopo il primo sfogo - del suo corpo! Il sepolcro è aperto e lui non c’è più!”. E riprese il suo pianto dirotto.

Pietro e Giovanni si guardarono in silenzio e, come se si fossero capiti, infilarono di corsa la porta e presero la strada che conduce al sepolcro. Frattanto erano accorsi anche gli altri e facevano capannello intorno alla Maddalena che, tra i singhiozzi, rispondeva alle loro domande con lo stesso ritornello: “L’hanno portato via!”.

 

Intervenne la Madonna con Maria di Marco che aveva preparato la prima colazione: latte fresco, focaccia di pane azzimo, frutta secca e formaggi. L’invito a tavola incontrò il favore di tutti, e tutti si avviarono parlottando e scuotendo il capo in riferimento alle “allucinazioni” di Maddalena. Essa, con gli occhi gonfi di pianto, era andata a cercare qualche parola di conforto o di chiarimento da Maria, ma prima ancora di riceverne risposta, se n’era già andata correndo verso l’uscita.

I commenti dei discepoli continuarono, tutti improntati allo scetticismo e alla incredulità, non senza qualche frecciata ironica verso quella “esaltata” di Maddalena. Comunque ognuno cercava di esprimere una propria interpretazione e suggeriva proposte sul comportamento da prendere. Ma ecco improvvisamente arrivare il drappello delle altre donne capeggiato da Myriam e Salome, anch’esse sconvolte e in preda a forte agitazione. Furono immediatamente assalite da un fuoco di domande che si incrociavano da ogni parte aggiungendo confusione allo sconcerto.

 

Intervenne allora di forza la padrona di casa, Maria di Marco, imponendo il silenzio e chiedendo a Myriam di raccontare per filo e per segno quello che era accaduto. Myriam, sforzandosi di contenere l’emozione, cominciò a raccontare come, dopo essere uscite di casa, erano passate da Giovanna per fare insieme le spese necessarie per completare la sepoltura di Gesù, mentre Maddalena era corsa per conto suo al sepolcro. Dopo le opportune spese, si diressero anch’esse al sepolcro, preoccupate di come poter levare la pietra dall’imboccatura. Entrate nel giardino, restarono stupite nel vedere intorno al sepolcro i resti di un bivacco militare, ma restarono ancora più stupite nel constatare che il sepolcro era aperto, e la grossa pietra dell’imboccatura rovesciata.

Prese da timore, non ardivano avvicinarsi al sepolcro, anche perché esso appariva illuminato all’interno da due personaggi in vesti sfolgoranti che sembravano fare la guardia. Uno di loro, uscito fuori: “Non abbiate paura, - disse con voce invitante e amabile - voi cercate tra i morti colui che è vivo, Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è più qui. Entrate e guardate il luogo dove lo avevano deposto”. Così dicendo lasciò libera l’entrata e sedette sulla grossa pietra.

 

Incerte e tremanti, Giovanna e Myriam si affacciarono a guardare. Videro il sepolcro effettivamente vuoto; allora il personaggio celeste che era seduto all’altro capo della tavola di pietra, le incoraggiò dicendo: “Non vi ricordate quando, ancora in Galilea, vi diceva che bisognava che egli fosse consegnato in mano ai peccatori, e crocifisso, ma che sarebbe risuscitato il terzo giorno? Non abbiate dunque paura!”. E subito l’altro angelo aggiunse: “Presto, andate a dire ai discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea”. A queste parole, tutte furono prese da trepidazione e da gioia incontenibile e vennero di corsa a portare a tutti l’inatteso e sconvolgente messaggio.

Durante il racconto di Myriam, le altre donne riuscivano con fatica a trattenere la felicità che traspariva dai loro volti, mentre la faccia dei discepoli, muta e immobile, esprimeva perplessità e scetticismo. A riconciliare un poco gli animi, arrivarono a quel punto Pietro e Giovanni. Effettivamente era vero: Gesù non era più nel sepolcro e, precisò Giovanni, non poteva essere stato rubato perché le fasce erano intatte al loro posto e afflosciate, e il sudario ancora come avvolto. Che cosa dunque era accaduto? Giovanni in cuor suo era convinto della risurrezione di Gesù, ma gli altri Apostoli continuavano ad arrovellarsi in mille domande, rimanendo sempre più perplessi e confusi, combattuti tra speranza e scetticismo, senza approdare ad alcuna certezza.

 

Fu in mezzo a tutto quel trambusto che irruppero in casa Cleopa e Mattia; erano stravolti e costernati. Dopo i fatti di quei giorni, avevano deciso di tornare a Emmaus, il loro paese di origine, convinti che ormai era tutto finito. Avevano preso la strada che scende nella valle di Hinnon e che poi risale verso occidente in direzione del mare. Erano arrivati all’altezza della Geenna quando in un campo vicino alla strada notarono un gruppo di persone che guardavano inorridite giù da una scarpata, ai bordi del campo. Scesero anche loro per vedere di che si trattava. In fondo alla scarpata si presentò ai loro occhi uno spettacolo orribile: aveva ancora il cappio attorno al collo, gli occhi sbarrati, la lingua penzoloni, il viso cianotico e il ventre squarciato, forse dai morsi degli sciacalli o di altri animali notturni. Era quasi irriconoscibile, ma era proprio lui: Giuda.

Presi da orrore e raccapriccio, erano tornati per darne notizia ai discepoli, e per ricevere da loro qualche parola di incoraggiamento. Trovarono invece un ambiente surriscaldato, dove le notizie e i pareri più contrastanti si incrociavano in tutte le direzioni, ma tutti all’insegna del dubbio e dello scoraggiamento. Nemmeno la paura era del tutto passata, e ormai non si aspettava altro se non il momento di tornarsene al sicuro in Galilea.

Le donne, in particolare, erano mortificate per la fredda accoglienza riservata alla loro testimonianza e alle loro affermazioni. I più ostinati demolitori di tutto erano Tommaso, Giuda Taddeo, Simone e altri, vicini alla parentela di Gesù. Il più pensoso e incline all’ottimismo era invece Giovanni, che continuava a muoversi intorno a Maria con la convinzione che solo da lei si potevano avere notizie certe e sicure. Maria infatti, oltre che conservare la sua consueta serenità, mostrava la consapevolezza e la tranquillità di chi sa, mentre un’intima gioia traspariva dal suo volto. Si vedeva però che essa si teneva volutamente fuori da ogni discussione e, come sempre, aspettava l’intervento del Cielo.

Cleopa e Mattia, da parte loro, visto che l’ambiente degli Apostoli non era di nessun aiuto, pensarono che la cosa migliore era riprendere il cammino e tornare a Emmaus, seguendo però la strada che esce dalla porta occidentale di Gerusalemme per evitare la valle della Geenna. Dietro ai due discepoli se ne andarono anche le donne alle quali si erano aggiunte nel frattempo Marta e Maria di Lazzaro, Giovanna di Cusa e Maria di Marco, desiderose anch’esse di vedere il sepolcro e rendersi conto dell’accaduto.

Partiti i discepoli e le donne, in casa tornò la quiete e gli animi si placarono alquanto. Ne approfittò Pietro per uscire anche lui con l’intenzione - diceva - di recarsi da Nicodemo o da Giuseppe d’Arimatea per avere da loro qualche conferma.

La quiete tuttavia durò poco. Improvvisamente si udirono i soliti colpi alla porta e la voce di Maddalena che chiedeva insistentemente di entrare. Giovanni corse ad aprire e, come aprì la porta, vide Maddalena buttarglisi al collo abbracciandolo e gridando: “L’ho visto! L’ho visto! È proprio lui; è vivo, è vivo! Mi ha chiamata per nome, come faceva quand’era vivo… cioè quand’era con noi… insomma come mi ha sempre chiamata, con la sua voce calda, inconfondibile! È proprio lui; gli ho baciato i piedi trafitti e le mani piagate, e l’ho chiamato: Rabboni! Maestro mio! Maestro mio!”. E così dicendo si mise a saltellare sulla punta dei piedi come se ballasse, percorsa da fremiti di gioia incontenibile. Giovanni abbozzò qualche tentativo per calmarla e poter capire quello che stava dicendo, mentre accorrevano gli altri Apostoli attirati dalle grida gioiose di Maddalena. Appena se la videro davanti, si fermarono con la faccia coperta di delusione; Tommaso, Simone e qualche altro si allontanarono subito scuotendo il capo, convinti che si trattava di crisi isteriche: “È impazzita! - mormorava Tommaso - È impazzita!”.

 

Calmatasi un poco, Maddalena si guardò intorno e fissò una a una la faccia dei discepoli. Dalla loro espressione e dal loro silenzio capì che le sue parole non avevano riscosso alcun credito. Allora si recò da Maria e prendendole le mani: “Madre! - disse - tu almeno mi devi credere! Non mi sono sbagliata e nemmeno sono vittima di allucinazione. Credimi! Era proprio Gesù, il nostro Gesù, il tuo figlio diletto, il mio amato Maestro e Salvatore! Io lo credevo il guardiano del giardino, ma poi si manifestò chiaramente, con la sua fisionomia, con la sua figura, con la sua voce che tu ben conosci. E mi ha parlato di loro, dei suoi discepoli; li ha chiamati fratelli, e mi ha incaricato di venire qui a dir loro che è vivo e che li vedrà tutti in Galilea”.

Maria le sorrise amabilmente e la invitò a calmarsi, poi se la prese in disparte e: “Figlia mia, - le sussurrò - certo che ti credo! Sono sicura che era Gesù la persona che tu hai visto e che ti ha parlato. Ma tu non meravigliarti se loro non ti credono. Sono ancora troppo sconvolti e impauriti per tutto quello che è accaduto in questi giorni. E poi, ciò che tu hai visto, è un miracolo troppo grande e troppo lontano da ogni aspettativa per essere creduto subito. Inoltre, anche se Gesù ti ha incaricata di avvertire i suoi ‘fratelli’, l’apparizione che tu hai ricevuto, rimane una cosa particolarmente tua, è un dono che il Signore ha fatto a te e lo ha fatto per te; è una carezza che egli ha voluto darti. Perciò conservala nel tuo cuore, custodisci nell’intimo della tua anima la gioia che essa ti ha procurato e che ti ricorda l’affetto e la predilezione di Gesù. Con loro poi non insistere, li convincerà il Signore”.

 

Giovanni, che s’era avvicinato a Maria, chiese a Maddalena di raccontargli di nuovo l’accaduto anche nei particolari. Lo vedevo pensoso e sempre più convinto che si trattava di una cosa seria, per niente inverosimile.

La quiete che l’intervento della Maddalena aveva per un momento compromesso, andò completamente perduta quando, poco dopo, arrivò il gruppo delle donne. C’erano tutte, ed erano vistosamente eccitate. Era successo che, ritornate di nuovo al sepolcro, avevano avuto una apparizione di Gesù che le salutava con affetto nuovo impregnato di pace e di gioia, e le incaricava di annunciarlo agli Apostoli.

Piene di entusiasmo e insieme di timore di non essere credute, tornarono da noi con il desiderio di far rinascere in tutti la ritrovata speranza in Gesù e con la preoccupazione di non riuscire a convincere gli Apostoli. In preda al loro entusiasmo, cominciarono a raccontare l’accaduto agli Apostoli che erano accorsi e a tutti gli altri che erano in casa. Parlavano tutte insieme e tutte volevano manifestare i propri stati d’animo, le proprie emozioni, e raccontare qualche aspetto particolare del loro imprevedibile incontro con Gesù.  La prima conseguenza fu una indescrivibile confusione, tanto che, non riuscendo a interferire con le proprie domande, gli Apostoli cominciarono a dare segni di fastidio e di insofferenza. Man mano che le donne raccontavano, cresceva il loro entusiasmo e diventava sempre più manifesta la loro gioia. Ma tutto questo era controproducente: più esse si infervoravano e più perdevano in credibilità davanti agli Apostoli. Alla fine, il risultato fu che essi le considerarono delle esaltate e giudicarono il loro racconto come vaneggiamento.

La verità è che Gesù volle manifestarsi a coloro che lo avevano cercato con amore e perseveranza, e non a quelli che si erano chiusi nella loro paura e nel loro scetticismo, premiando la generosità delle donne e la sincerità dei loro sentimenti.   (…                                                                     

                                     Don Ferdinando Rancan

 

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“In quella casa c’ero anch’io”       ed. Fede & Cultura.    Tel. 045/941851

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