venerdì 6 luglio 2018

Lettera al Vescovo Mons. Zenti

L’ABBRACCIO DEL VESCOVO AL PRETE GAY “SPOSATO” ALLE CANARIE.

A nome dei suoi fedeli di Verona diciamo normali vale a dire non incantati dalle sirene delle lobby gay, ho il dovere di manifestare tutta la nostra indignazione per la solidarietà da lei dimostrata nei confronti del sacerdote Giuliano Costalunga, incoraggiandolo a continuare ad essere prete, quando lui stesso lo scorso 8 febbraio aveva ufficialmente dichiarato, consapevole di non poter stare con un piedi su due staffe, di rinunciare al suo sacerdozio perché si voleva unire alle Canarie con un certo Pablo, suo compagno di letto da parecchi anni. Non si tratta di matrimonio per non offendere i veri sposi, ma di compagni di letto spesso interscambiabili, dicono gli esperti delle massime schifezze elevate a diritti e coperti anche da certe autorità ecclesiastiche.
La gente comune che fatica a tirar su i figli cristianamente, si domanda che bisogno c’era di riservargli tutti quegli onori, chiamandolo come in trionfo nella sua ex parrocchia e riservandogli un abbraccio caloroso, anziché invitarlo privatamente ad eclissarsi dalla vita pubblica religiosa, nell’attesa della dispensa della Santa Sede! Questa specie di approvazione pubblica da parte del Vescovo, ha talmente riconfermato don Giuliano nelle sue scelte, che è arrivato perfino a dire, in un’intervista a “Il Giornale” del 6 luglio, che dopo aver avuto la gioia di poter essere contemporaneamente prete e gay “sposato!” adesso punta ad ottenere anche un figlio, facendo concorrenza a tutti i più ricchi sporcaccioni gay del mondo!   Bell’esempio per un prete!

Questi peccati impuri contro natura, compiuti sia da laici che da consacrati, sono annoverati dal catechismo della Chiesa cattolica come “Uno dei quattro peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio”, ma per un sacerdote la cosa è ancora più grave perché un prete che di notte fa certe schifezze vomitevoli contro natura che rovinano corpo e anima col rischio anche di contagio e al mattino va a prendere nelle sue luride mani il Corpo di Gesù compie addirittura sacrilegio.
Ebbene, Lei, egregio Vescovo Zenti, è gravemente responsabile davanti a Dio di coprire con superficialità e leggerezza questi peccati contro natura e considerare cosa lecita che un ministro di Dio possa coniugare sacerdozio con peccato omosessuale vissuto già da molti anni come normalità, non solo, ma di accettare addirittura una sorta di “unione pubblica” alle Canarie dove i due non sono andati per aiutare i poveri, oltretutto, come sempre ci esorta “colui” che ha detto “Chi sono io per giudicare i gay?” ma per condurre vita da nababbi con villa di lusso e piscina, con feste pagane costose e trasgressive, tra canti, balli e mondanità che neppure si addicono ai peggiori vip di questo mondo. Con quali soldi ha fatto questo?

Ma alla nuova “chiesa in uscita” che nemmeno crede in Gesù Cristo e nel suo Giudizio divino, che importa? Si tratta ormai di manovre luciferine infilatesi astutamente da decenni nei seminari per rovinare i ragazzi “in blocco”, incoraggiando le autorità della Chiesa ad accettare ormai ufficialmente una nuova “categoria” di preti, i preti-gay, per l’appunto, sterili e rammolliti nel corpo e nell’anima, senza più una valida preparazione culturale teologica che illumini il loro intelletto e dia gioia al cuore offrendo loro una valida motivazione ascetica per vivere il loro combattimento spirituale come voluto da Gesù, non solo per la castità ma per tutte le altre virtù.
Purtroppo dai Seminari vengono invece sfornati giovani idioti e ignoranti al servizio dei poteri forti che li dominano, magari anche a suon di quattrini e di piaceri mondani, com’è di solito nello stile dei gay, pur sapendo che alla fine queste facili concessioni contro natura portano alla depressione, alla schizofrenia e alla pazzia, fino al suicidio e all’omicidio perché chi vive contro natura, alla fine vive contro lo stesso Dio che ha creato la natura.
La virtù della castità, che può e deve essere vissuta da tutti i buoni cristiani sia nel celibato che nell’unico, vero matrimonio voluto da Dio, è un grande privilegio, è dono che Dio concede a chi glielo chiede con umiltà, perché porta vigore al corpo e all’anima, pur nella consapevolezza della nostra fragilità davanti alle spudoratezze che ci propina il mondo. Ma proprio per questo Gesù, conoscendo la nostra debolezza, ha voluto istituire il Sacramento della Penitenza, che lava ogni nostra colpa e ci dà, ogni volta che lo riceviamo, ancor più forza per essere fedeli, puliti e casti, convinti che la vita passa in fretta, e per chi ha saputo combattere la buona battaglia, c’è il Premio Eterna del Paradiso e la gioia senza fine. “Tanto è il bene che mi aspetto, diceva S. Francesco, che ogni pena mi è diletto”.

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